21.7.07

De Cinquecento...

PERCHE' LO SPOT della Cinquecento è brutto (o meglio, inquietante) e l'intera operazione puzza di bruciato lontano chilometri? Beh, il fatto di voler piazzare nelle case degli italiani un'idea giocando esplicitamente con un'emozione legata alle memorie antiche - anche se poi la Cinquecento la fanno in Polonia, come a suo tempo la 126 - non sarebbe così scorretto. Anzi, potrebbe essere una buona idea. Peccato non sia quella, però, la cosa di cui stiamo realmente parlando. Guardate lo spot qui sotto e ditemi: cosa ci vedete?



C'è l'appartenenza ad una moda, ad un certo manierismo dello stile scelto per girare lo spot, tanto per cominciare. Si tratta dello stile iniziata in Italia dalla pubblicità di Spike Lee con Telecom Italia avente a testimonial (involontario, oserei dire) Gandhi. Una pubblicità che, come buona parte dell'estetica del regista americano, ha un intenso afrore di fascismo: su questo però ci arriviamo tra un attimo. La pubblicità della Cinquecento e il suo posizionamento televisivo (oltre che web) gioca sul tema della intensa voglia di stabilire un contatto con un universo di valori sepolto in cantina, un universo impolverato e privo di tutte le contraddizioni dei tempi odierni. Anzi, la pubblicità della Cinquecento ci spinge a dimenticare le nostre contraddizioni (l'immigrazione, le città che non appartengono più a noi italiani bianchi un tempo ragazzi o bambini, la violenza della competizione, la disoccupazione, la flessibilità, l'alienazione che ci ha rubato i sogni di un futuro migliore, la mancanza reale di un futuro migliore, l'etica evaporata, il distacco dalla sfera politica, la mediocrità allucinante della classe dirigente, la furba ipocrisia di chi vende l'innovazione come ricetta taumaturgica) promettendoci con viltà quei nostri quattordici anni che invece non torneranno più. Promettendoci quel mondo quando il nero e il bianco non erano solo i colori delle immagini televisive ma anche le uniche, vere opzioni disponibili. Dimentica però di dirci che crederci non solo vuol dire camminare con la testa all'indietro, che è una menzogna rispetto all'oggi drammatico, ma anche che neppure ai tempi era tutto realmente così nero e bianco. Cioè: è anche un falso storico

Lo spot di Telecom Italia al quale accennavo prima, invece, era a sua volta figlio di una moda allora emergente, quella del lavorìo del pubblicitario sulle "emozioni" e sui "valori", tutti e due contemporaneamente. Ma valori ed emozioni che rasentavano il totalitarismo. Almeno, se si vuol guardare il mezzo oltre al messaggio (peraltro incomprensibile). Folle di umanità passiva, raggiunta ovunque e sottoposta al bombardamento del pensiero unico: la pace, il cuneo fiscale, l'ambiente, il vincitore dell'isola dei famosi, il discorso alla nazione. Non occorre essere un anarchico nato a Carrara per provare brividi profondi lungo la spina dorsale. Eccolo qui sotto, il "capolavoro" della società dei furbetti:



Quali erano gli originali che avevano guidato la deriva? Ci sono molteplici studi che raccontano come la comunicazione pubblicitaria si sia evoluta nel corso degli anni. Quali siano state le principali tendenze e gli obiettivi. Di solito, c'è una sorta di legame tra la società nella quale lo spot viene concepito e l'azienda per la quale viene concepito. È un gioco complesso, perché tocca aspetti anche politici (quello della Cinquecento, ad esempio, gronda di politica e non c'entra un bel niente il posizionamento del prodotto o dell'azienda stessa: ma non voglio divagare). Quello a cui i testi del settore fanno riferimento di solito è il Think Different di Apple, concepito al rientro di Steve Jobs nell'azienda dopo sedici anni di "esilio". E quando era "fuori", l'azienda aveva perso visione del mercato, identità, missione, quote, fatturato. L'idea era quella di ristabilire con un unico spot tutto questo: ridare una identità all'azienda, ai suoi prodotti e ai suoi clienti. Niente tentativi di giocare con un immaginario che non c'entra con il prodotto: sano pragmatismo legato all'obiettivo ben chiarito e un'unica, decisa mossa. Qui sotto la versione con il doppiaggio italiano di Dario Fo (quella originale è qui).



Ci sono le interviste e i lavori preparatori di quella campagna che spiegano - molto più che non le interviste inginocchiate della stampa torinese e del nord Italia all'iperattivo a.d. olista Marchionne - quale lavoro e quali spinte ci fossero dietro alla campagna di Apple. È un esempio della capacità di costruire storie nelle storie, di narrativizzare anche la costruzione dell'evento.



È un peccato che la mossa di Fiat sia così bassa e in difesa. Il grande rilancio, a prescindere dai modi con i quali è stato ottenuto, era una scommessa importante. Richiama un'estetica di care, piccole cose di cattivo gusto e un passato che - francamente - pensavamo fosse solo questo: passato. Ma forse c'è chi vuole che ritorni.

Se non avete più idea di quale mondo sia, Porta a Porta lo ha encomiasticamente esumato e si trova qui sotto: un mondo di neo-borghesucci piccoli piccoli e poveri poveri. Che sogno meraviglioso...



(ps: quasi dimenticavo. Se proprio volete copiare "Think Different" alla fine dello spot, cazzoni maledetti, non dovete far vedere il prodotto! Sennò ci fate una figura da coglioni come questi...)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho apprezzato molto il tuo articolo e il supporto che hai dato attraverso i filmati. Non seguo più la TV da anni, un po' per noia un po' per scelta, e effettivamente il rischio che corro è quello di non comprendere in che modo qusto strumento possa agire nel pensiero della maggior parte della gente, che invece non opera una scelta al riguardo. Ho avuto un moto di paura quando, attraverso la calda voce di Ricky Tognazzi, si inneggiava a idee manichee e preconfezionate di "giusto" e "sbagliato" accorpando truismi e opinioni con linguaggio palesemente e smaccatamente derivato da tecniche ipnotiche...

Anonimo ha detto...

Secondo me guardi troppa tv e la volontà di 'salvare' apple con dei distinguo pecca purtroppo di superficialità. Non sei ancora pronto per la cattedra di etica della pubblicità... di sicuro la pubblicità fiat è infelice nel giustapporre concetti sproporzionati fra loro; più geniale think different, ma a guardar bene anche più fascita... almeno come intendi tu il termine

Antonio ha detto...

Grazie uyulala
Per Anonimo: non sono d'accordo, evidentemente. Ma non è un problema, grazie al cielo.

Anonimo ha detto...

Va bene che madre Teresa di Calcutta era figlia - a proposito di fascismo - della "ventunesima regione" dell'italico impero, ma io, nello spot Fiat, al suo posto avrei messo Padre Pio... e buonanotte!

baskjev ha detto...

gran post..
come sempre d'altronde.

Anonimo ha detto...

sono daccordo col penultimo utente
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