23.9.06

Walt Disney World Resort, Lake Buena Vista, Florida

QUI A MILANO oggi il tempo è un po' nuvoloso. Insomma, ancora si gira in camicia e non si sente affatto il bisogno di un golfino o della giacchetta, però si capisce che ormai il clima estivo è definitivamente andato. Senza speranza che ritorni prima di nove mesi almeno. Il fatto è, però, che non da tutte le parti è così.

Se ci penso, mi fa un po' impressione. Mi sveglio, faccio la doccia e colazione, è sabato e un po' di lavoro accumulato è comunque lì che mi aspetta; e mentre la mia giornata parte più o meno faticosamente, l'alba lenta si sposta attraverso la parte occidentale dell'Europa, traversa l'Oceano Atlantico e arriva sulla costa orientale del continente americano.

Tra poco, a Orlando, sarà ancora una volta mattina. Piomberà, se il meteo che ho controllato su Internet risponde al vero, un'altra giornata di caldo secco e possente. Il sole comincerà a bruciare il cemento delle piazzole e dei viali dei resort Disney. Sarà un'altra mattina in paradiso, come aveva in parte immaginato il buon Walt. Nel mondo falso ma vero, oppure vero ma falso.

Perché, alla fine, non capisco neanche se c'è una parola per descrivere o circoscrivere il posto in cui sono stato. E' grande, certo. Molto più di quanto non avessi immaginato perché è sparpagliato: non ruota attorno a un centro e tra una parte e l'altra c'è la piatta terra della Florida, bonificata dalle paludi e resa verdeggiante da un susseguirsi di piante a basso fusto sempre verdi. Ma i palazzi, i castelli, i villaggi, i laghetti, le attrazioni, gli hotel di fantasia, i borghi medioevali, le casette parigine, i palazzoni veneziani, le strutture futuristiche di Epcot, gli strappi alle leggi dell'architettura moderna che calano invece dalla fantasia degli illustratori dell'Ottocento europeo e del primo novecento americano, sono più concrete che quelle "vere" delle città e dei paesi "veri".

Dopotutto, perché avrei dovuto immaginarmi che il Walt Disney World Resort dovesse essere un piccolo e denso posto, con quinte di cartapesta e strade di gomma un po' sfilacciata? E' costruito sulla proprietà del lago Buena Vista, ha il doppio delle dimensioni di Manhattan anche se solo una piccola parte (poche miglia, un quarto circa) sono state effettivamente costruite. Dentro, se fate una breve indagine in rete, scoprite che ci sono quattro parchi tematici, due parchi acquatici, un centro commerciale (gigantesco), otto campi da golf e decine di hotel di varie categorie. E' la destinazione turistica più popolare del pianeta, ed è stata fondata solo nel 1971. Per dire, Firenze (che forse ha più attrazioni ma minor capacità ricettiva e una superficie più piccola) è stata fondata nel 70 dC ed è entrata nel business fin dalla sua pionieristica fondazione con i romantici del Grand Tour. Eppure, non riesce a stargli dietro...

Il fatto è che tra i due posti - mi perdonino i puristi per l'ardito paragone - non ci sono quello falso e quello vero. Sono entrambi veri, fatti di vera materia, reale. Il castello di Cenerentola (ispirato ai castelli della Loira come lo Château d'Ussé) non è meno tangibile - nonostante il nome di fortezza del Magic Kindom - di Palazzo Pitti. Certo, le età sono diverse, e poi Downtown Disney è popolata da non-luoghi (le catene di category store più improbabili come Virgin Megastore il palazzetto del Cirque du Soleil, il cinema AMC con 24 schermi, l'House of Blues e anche un Planet Hollywood), così come Epcot. Anzi, proprio quello, che è la contrazione di Experimental Prototype Community of Tomorrow, doveva essere non un parco divertimenti ma uno showroom abitato, una vera è propria comunità lavorativa di 20mila abitanti in cui le grandi corporation statunitensi avrebbero dovuto venire a mostrare quale sarebbe stata la vita delle città del futuro con nuove, stravolgenti tecnologie e modelli di organizzazione sociale.

Qualcosa c'è (Hp, Siemens, Nestlé), ma è molto lontano dall'utopia che aveva progettato Walt Disney. Fu una delle sue ultime "visioni" prima di morire, e mostra come una grande corporation della creatività - la Disney - avesse già nel Dna del suo fondatore il desiderio di trasformarsi in qualcosa di diverso che non fosse il primeggiare nell'industria dell'intrattenimento e nel business degli amusement park come quello creato a Los Angeles, in quel di Anaheim. C'è un breve film dell'epoca, in cui compare lo stesso Walt Disney, che spiega tutto. Si tratta di 24 minuti e mezzo scaricabili da qui e disponibili anche in un Dvd solo in edizione americana della stessa Disney (si tratta di questo), ma approfondire l'utopia di Walt Disney vorrebbe dire piegare troppo sul personaggio, le sue idee, la strada tracciata e mai realizzata.

Infatti, il Walt Disney World Resort di oggi è lontano dall'idea di Disney almeno quanto lo è dall'idea mentale che mi ero fatto prima di vederlo. E la mattina, pochi giorni addietro, uscendo dall'hotel Dolphin per sentire il caldo levarsi letteralmente dal terreno ordinato e ricoperto da un turf perfettamente pettinato e disteso sopra uno strato di terriccio che poggia su lastre di cemento nascosto, la sensazione di sbandamento era forte. Quel posto esiste, è reale e al tempo stesso il pezzo di America più alieno che abbia mai visto. E continua ad esistere anche quando sono immerso nel pieno del mio Dna sociale, tra muri e strade gonfie di traffico a Milano oppure nella mia amata Firenze. Artificiale quanto ciascuna delle nostre città, ma anche aliena, più di qualsiasi altra città abbia mai visto sinora. Forse perché costruita con le immagini di cui sono disseminati i nostri sogni.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bella recensione.