17.1.11

Steve Jobs, Apple e tutto il resto

SONO ANNI CHE aspetto una notizia che fortunatamente non arriva. Ma ogni volta un brivido, ci si va sempre più vicini. Nell'agosto del 2004 ero a San Francisco, camminavo lungo l'Embarcadero, al Ferry Plaza, e l'occhio mi cadde su un distributore di giornali a moneta. Il titolo tirato a tutta pagina del San Francisco Chronicle era su Steve Jobs, che con una email annunciva ai dipendenti di Apple e al mondo intero di essere ammalato di cancro. Anzi, di essere nel letto di un'ospedale, operato e sopravvissuto a una malattia che tutti davano per mortale e che invece mortale non era.

Avanti veloce: gennaio 2009. Nei due anni precedenti avevo visto e rivisto Steve Jobs a San Francisco e a Parigi, raccontando la storia della sua azienda e dei suoi prodotti. Ogni due o tre mesi un evento, una conferenza stampa, una presentazione al Moscone Center, un incontro alla Concorde di Parigi. E Jobs sembrava ripiegarsi su se stesso, quasi scomparire, di una magrezza, di un pallore, di una lentezza impressionanti, sempre più stanco anche durante presentazioni di un'ora scarsa che solitamente cavalcava con energia e quasi aggressività. Poi l'annuncio: quello che sembrava un "bug", una malattia leggera e fastidiosa che aveva provocato una sensibile perdita di peso, era in realtà qualcosa di più grave. Richiedeva infatti un trapianto di fegato e arrivederci a tutti, sei mesi di riposo. Altri dubbi, altri momenti di paura per l'azienda, per gli azionisti, per il mondo di appassionati di questo strano imprenditore che sembra una rockstar per le passioni che sa suscitare nel suo pubblico.

Poi il ritorno, una nuova stagione da leoni, prodotti inauditi lanciati su un mercato sempre più strabiliato dalle capacità di quello che è stato definito il più clamoroso secondo atto della storia. Apple ha rivoluzionato più volte il mercato, Steve Jobs ha saputo fare quello che forse nessun altro ha mai fatto in questo settore, l'effetto è sorprendente anche solo a pensarci. Addirittura, tanta è stata l'abitudine allo stupore che pubblico e stampa hanno cominciato a criticare Apple per partito preso, per eccesso di successo (che non rende simpatico nessuno), per semplice desiderio di stupore frustrato.

Adesso arriva un'altra volta la notizia: un'email per dire che le cose non vanno bene, bisogna tornare a curarsi, altri si occuperanno dell'azienda nella routine quotidiana. Ci siamo? Forse, sospirano alcuni, come cardinali menagrami. Forse. O forse no.

Essere giornalista "generalista" e contemporaneamente "specializzato" su Apple - dieci anni di Macitynet, il portentoso sito dedicato al mondo Apple, così come molti siti che si occupano di Pc sono in realtà (e inconsapevolmente) dedicati al mondo Microsoft - mi hanno trascinato in un incredibile corsa sulle montagne russe. Su quell'onda che deve essere cavalcata, e che è l'emozione stessa alla base del desiderio di cavalcarla, come una volta ha indirettamente detto anche Steve Jobs, alla fine di un suo keynote in un momento particolarmente difficile. Essere il giornalista "esperto" è stato e sarà ancora difficile: l'eccesso di conoscenza viene preso con sospetto da molti, per i quali si diventa il "fan di Apple", quello che scrive a comando, quello che chissà quanti Mac avrà a casa, quello che "Evviva Apple". E questo in un mondo in cui la realtà è molto diversa da come sembra: passano per "editorialisti della sera" quelli che elargiscono le loro opinioni su Apple e sui colleghi giornalisti sulla base di umori ghiandolari e di calcoli (stasera attacco, stasera lodo, stasera attacco, stasera lodo) che niente hanno a che fare con i due criteri che dovrebbero invece contare: raccontare quel che si vede e l'esperienza che si è accumulata le volte precedenti. Se non altro per evitare gli sfondoni gratuiti e le crasse imprecisioni.

Ma tant'è. Che cos'è per me Steve Jobs, invece? Ho avuto l'avventura di incontrarlo, di tradurre in italiano un suo discorso poi diventato famoso, di fargli qualche domanda e di studiarne il comportamento per cercare di capire più in profondità un uomo non semplice, a tratti enigmatico, e raccontarlo ai lettori per i quali di volta in volta scrivevo. Non ho altri interessi, né azioni di questa o di nessun'altra azienda. Mi sento invece un giornalista di quelli che una volta seguivano il Cremlino o il Vaticano: cremlinologo o vaticanista. Una specie di "redattore specializzato", secondo la dizione del contratto giornalistico. E al vaticanista del giornale ateo si è sempre rimproverata un'eccessiva simpatia per il Papa, mentre al cremlinologo del giornale filoamericano si è sempre rimproverata un'eccessiva simpatia per il segretario del Pcus. Già, ma perché dirlo ai tanti editorialisti digitali che nella vita fanno poi altro di mestiere? Al bar un'opinione l'abbiamo tutti, alcuni anche in buon italiano, si può perciò continuare come prima.

Quando ho iniziato a usare prodotti Apple, il Mac, in realtà si chiamava ancora Macintosh ed eravamo alla fine degli anni Ottanta. Ma Steve Jobs non c'era già più e ho passato quasi dieci anni a usare prodotti di un'azienda guidata da altri manager con altre storie (e oggettivamente risultati molto differenti) da quella di oggi. Quando invece ho iniziato a occuparmi professionalmente di Apple, nel primo decennio del nuovo millennio, Steve Jobs era già rientrato da tre anni e qualche mese: non ho mai "coperto" giornalisticamente l'azienda con un diverso Ceo.

Dal punto di vista professionale, le cose successe finora sono state parecchio strane. È stato come fare il giornalista generalista che segue per passione anche uno sport minore come il Curling, ad esempio, oltre ad occuparsi di economia e politica estera nei grandi giornali come lavoro principale. Poi, un giorno, all'improvviso il Curling esplode e una passione privata diventa un'opportunità professionale entusiasmante. In prima pagina a scrivere di Curling, che tutti gli altri ignorano, facendo pure gli scoop. Le critiche e gli attacchi però non mancano. Critiche positive, critiche da cui imparare, certo, ma anche critiche in malafede o solo superficiali e facilone.

Adesso, da oggi, comincia una nuova fase. Potrebbe essere la sera prima una svolta drammatica, oppure un'oscillazione banale in quel ciclo spiazzante e molto personale che riguarda da più di un lustro la salute di Steve Jobs e l'affetto la sua famiglia. Non lo so. Ci sono molte cose che si possono scrivere in questo momento, senza tradire il legittimo desiderio di sapere dell'opinione pubblica, ma con un minimo di garbo. Sono sicuro che capirete, e questa potrebbe quasi essere la lente attraverso la quale leggere quel che sta succedendo, per capire dove finisce la notizia e dove inizia qualcosa d'altro.

Scusate lo sfogo personale, mescolato alla storia di un'altro uomo. Spero che aiuti però a farsi un'idea appena appena un po' migliore di quel che succede intorno a noi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie, in un modo o nell'atro riesci sempre a trasmetterci l'emozione e la passione per quello che fai.
E non è assolutamente cosa da poco.
Ciao Nik

Anonimo ha detto...

Orgoglioso si essere un tuo amico. Nicola