30.5.10

But she just sits around doing her nails

DEVO DIRE LA verità: il nuovo corso di Doonesbury è sempre più irresistibile. Come ogni domenica, l'opera di Garry B. Trudeau.

29.5.10

A.A.A. Vendesi iPad (Venduto!)

SONO TORNATO DA poche ore in Italia. Lungo viaggio da Seattle via Amsterdam. Iniziato qualche ora prima della vera partenza, con un collegamento telefonico in diretta con Radio3 Scienza, dove si è parlato ovviamente di iPad (la puntata è quella del 25 maggio) e poi articolo scritto al volo per la mega-doppia-pagina del Sole 24 Ore di oggi.

In viaggio, iPad è stato ancora una volta un compagno prezioso (siamo ormai a quota 57 giorni che uso iPad). Non si parla d'altro! Io poi che sono passato a quello 3G, adesso vendere il modello Wi-Fi da 32 Gb più vari accessori: interessa nessuno? Praticamente nuovo...

SORRY, ORMAI E' ANDATO. GRAZIE PER L'INTERESSE: veramente non credevo sareste stati così tanti. A saperlo, chiedevo di più... :-)

28.5.10

Bookmark

ALTRI LINK CHE sono rimasti incastrati nel mio browser.

Kindle: i passaggi più sottolineati (Ebbene sì, Amazon raccoglie anche questi dati, ovviamente in forma anonima). La frase da The Lost Symbol di Dan Brown: Langdon came face-to-face with a bronze bust of Masonic luminary Albert Pike, along with the engraving of his most famous quote: WHAT WE HAVE DONE FOR OURSELVES ALONE DIES WITH US; WHAT WE HAVE DONE FOR OTHERS AND THE WORLD REMAINS AND IS IMMORTAL.

Ci sono anche i libri più sottolineati di sempre. Qui vince il saggio di Malcolm Gladwell, Outliers.

Una fiocinata di link a simulatori di ATC: simulatori di controllo del volo. ATCSimulator, poi c'è VATSIM, quindi l'ottimo London Control, segue freeware ATC Simulator, e infine lo strano simulatore di Big Fat Simulations.

Il feed di Giuseppe Granieri sull'editoria 2010 (c'è davvero di tutto!). E in particolare Scott Turow sul Digital Future

Apple sorpassa Microsoft per capitalizzazione in Borsa: la cronaca di una giornata storica. (E il NYTimes)

L'uomo che si è infettato con un virus da computer.

Strane tecnologie: PhotoDNA di Microsoft, per ritrovare le nostre foto. Però viene impiegato per la pedo-pedofilia…

Qui ci sono 45 anni di illustrazioni della Space Age. Fantastiche. E già che ci siamo: le dieci mappe che hanno cambiato la storia del mondo.

Il New Yorker si prepara a lanciare un'unica tariffa per tutte le sue differenti edizioni digitali. Con interessanti valutazioni sugli altri modelli di distribuzione digitale a pagamento.

Storia di un malware: The Enemy Within, che poi sarebbe la storia fatta da The Atlantic Monthly su Conficker.

La storia dei venti quando incontrano le montagne: Stau e Foehn

Una cosa che mi ero ripromesso di guardare: PaleoFuture. Ma cos'è?

Un illustratore straordinario, che peraltro lavora per IL: Joe McKendry

Ecco qui in tutta la sua bellezza: 42 things you should know about 'The Hitchhiker's Guide to the Galaxy'

Perché i computer vanno in crash e noi (fortunatamente) no.

Volando su Malta, si può diventare curiosi di sapere qualcosa di più sul loro particolare spazio aereo (sono una minuscola nazione sovrana, isola nel mare, agganciati a Italia, Grecia, Libia e Tunisia). Qui si trova di tutto. Molto bello.

Il dibattito sulle strisce di controllo volo (flightstrips): chi fa simATC le stampa oppure no? Che poi è un ottimo modo per sapere cosa c'è scritto sopra, anche per quelle "vere".

Una straordinaria collezione di libri su vecchi simulatori di volo. Qui Tracon for Windows. Qui Learning to Fly with Flight Simulator

E poi c'è questo "saggione" qui: Republic of Denial, dal NYTimes.

Concludo con una cosa tutta grafica e molto particolare: il frutto di una serie di ricerche sulle illustrazioni anni venti-trenta, particolarmente quelle del mondo delle Flapper. Questa è una vasca piena di cose su Flickr, qui c'è invece un giro di copertine di riviste, qui un altro giro di copertine, e poi le mie preferite: questa, questa, questa, questa, questa, questa e infine questa. Senza contare quella che ha fatto cominciare tutto: The Flapper di Life: una icona art decò del 1922 (e il poster accanto alla porta della camera di Jack di Tre cuori in affitto!).

Visto che siamo in argomento, comunque, chiudo con queste due cosette: ho rimesso a posto buona parte della vita e delle opere di John Ritter, uno dei miei attori preferiti di sempre. Una sua serie che non conoscevo era questa Hearts Afire, durata tre stagioni all'inizio degli anni novanta, e la sfigatissima Hopperman, alla fine degli anni ottanta. Niente è mai stato più come Three's Company. Però non sapevo che ne avessero fatto anche un docu-drama: Behind the Camera: The Unauthorized Story of Three's Company. Io, intanto, mi sto finalmente guardando in fila tutti gli episodi di 8 Simple Rules, compreso l'episodio della scomparsa di Ritter.

25.5.10

Lost: non ci sono più i finali di una volta (2004-2010)

LA SERIE TELEVISIVA che, insieme a Desperate Housewives, ha cambiato il volto della tivù moderna (ma altre si potrebbero citare), è finita. Dopo sei anni, come da accordi, Lost ha "tirato" una serata-finalone che lo zoccolo di appassionati fedelissimi si è sciroppata senza problemi né rimpianti, negli Usa e non solo. Ma non è stato record. Neanche da lontano.

Certo, a vincere sono le serie televisive di quando ancora la tivù via cavo negli Usa non esisteva. Però guardate questa tabella di "finali" e relativa audience, pubblicata offline dal Wall Street Journal, per farvi un'idea di cosa voleva dire "audience monolitica", quando ancora la tivù regnava sovrana:

105,5 milioni MASH (28 febbraio 1983) (CBS)

80,4 milioni Cheers (20 maggio 1993) (NBC)

52,5 milioni Friends (6 maggio 2004) (NBC)

44,4 milioni The Cosby Show (30 aprile 1992) (NBC)

40,2 milioni All In The Family (8 aprile 1979) (CBS)

33,3 milioni Dallas (3 maggio 1991) (CBS)

30,9 milioni Gunsmoke (31 marzo 1975) (CBS)

16,6 milioni Roseanne (20 maggio 1997) (ABC)

16,4 milioni ER (2 aprile 2009) (NBC)

13,5 milioni LOST (23 maggio 2010) (ABC)


PS: da notare che la stessa sera di Lost è finita anche 24, ma non è entrata in classifica...

Seattle-Tacoma

SONO UN MOMENTO nei dintorni di Seattle. Voi andate avanti tranquilli, come se non fosse successo niente. Anche perché non è successo niente. Casomai, se vi annoiate, andate a scavare tra le belle storie e fotografie di questo ex pilota Alitalia, Augusto Laghi.

23.5.10

It just has to sound bad.

ARRIVA L'ESTATE, DOMANI riparto per gli Usa e - siccome nel frattempo è domenica - ecco Garry B. Trudeau con il suo Doonesbury.

21.5.10

Milano blogging class

UNA GIORNATA PARTICOLARE, qualche settimana fa. Una piacevole intervista per raccontare come sono e cosa sono secondo me i blog. Merito dello staff di Milano blogging class e in particolare di Luca De Vito.

16.5.10

15.5.10

O tempora o mores

NON SAPREI COME altro dirlo. C'è una applicazione su App store per iPhone che è vietata ai minori di 12 anni. Perché contiene in quantità rare o moderate "temi suggestivi adatti a un pubblico adulto", "profanità o umorismo crudo", "violenza realistica" e soprattutto "contenuto sessuale o nudità".

L'applicazione per porcellini (ci sono livelli di superiori per indicare i peccaminosi contenuti) è la guida di Giunti per gli Uffizi, con dentro tutto quello che il museo fiorentino contiene (secondo Wikipedia) opere di Giotto, Cimabue, Beato Angelico, Piero della Francesca, Masaccio, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Mantegna, Correggio, Raffaello, Tiziano, Tintoretto, Paolo Uccello, Chardin, Pieter Paul Rubens, Francisco Goya, Caravaggio, Giorgio Vasari, Canaletto, Bernini, Rembrandt, El Greco, Albrecht Dürer, Lucas Cranach, Antonello da Messina, Simone Martini e moltissimi altri.

Non so perché, ma il sistema di rating che il "politicamente corretto" della nostra società impone, entra in conflitto con le nostre stesse categorie di canone artistico. Se continua così, torneranno gli scalpellini a castrare le statue e a pittare veli sui dipinti. Oppure, ci metteremo a chiedere il documento di età per far entrare la gente nei musei.



È evidente che tutto questo non succede da noi o per causa nostra. Serve invece, nella versione internazionale dell'applicazione, a non urtare sensibilità dall'altra parte del pianeta a qualche bacchettone, di quale credo o filosofia non importa: è sempre bacchettone. Che titanica ipocrisia!

13.5.10

"Il mio lavoro è far volare la gente il meno possibile"

QUELLA CHE VEDETE qui sotto è una "striscia progresso volo". Si tratta dell'oggetto più importante che gira nella torre di controllo di un aeroporto. I controllori del traffico aereo la utilizzano per seguire il progresso di ogni volo, sia relativamente all'ordine con il quale il singolo controllore gestisce i voli di sua competenza, sia nella gestione dei passaggi da un controllore all'altro (hand over).

Striscia progresso volo

Oggi su Nova24, una escursione nell'altra metà del cielo dell'aviazione civile. Anziché aerei, motori e piloti, parliamo di controllori del traffico aereo, di FIR (Flight Information Region), settore, terminale, spazio aereo degli aeroporti. Mi sono chiesto a lungo come potesse essere la vita reale di questi speciali operatori del trasporto aereo che spendono anni per prepararsi a un lavoro particolare e impegnativo. Si diventa controllori del traffico aereo da giovane e lo si resta fino ai cinquant'anni, più o meno. I requisiti sono più stringenti che per i piloti, da un certo punto di vista.

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Grazie alla cortesia e disponibilità dell'ufficio stampa di Enav, la scorsa settimana sono potuto andare a Roma a vedere sia la Torre di controllo di Fiumicino (un monumento risalente al 1960 dell'architetto Pier Luigi Nervi, peraltro) che il Centro di controllo d'area, dislocato accanto all'aeroporto di Ciampino. Ho conosciuto i responsabili dei due settori, ma soprattutto ho visto come funziona una torre di controllo e un centro di controllo d'area.

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Se la prima è sorprendente, con la chiarezza visiva che ha sull'intero aerodromo e il lavoro strutturato a squadre per la gestione razionale e con tempistiche serrate di tutti i movimenti (dalla torre di controllo si comanda tutto, oltre agli aerei: luci, allarmi, sistemi e sottosistemi di un complesso organismo qual è un grande aeroporto), la seconda è stata addirittura rivelatoria. Il fascino della sala in cui sono disposte le varie aree di controllo è la cosa più grande, complessa e strutturata che abbia mai visto. Il lavoro dei controllori del traffico aereo di questa particolare funzione sono programmati da un gestore dei flussi, che riconfigura le postazioni della sala (e quindi il numero dei controllori) in maniera dinamica a seconda del carico progressivo di lavoro. E gli stessi sono sempre a coppie: un operativo che parla in cuffia e un tattico che lavora alla strutturazione del traffico che sta per arrivare.

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L'uso dei computer è diventato sempre più massiccio, così come quello dei codici per dare sempre più informazioni. Anziché puntolini sul radar che vengono "arricchiti" di informazioni segnate direttamente dal controllore, adesso i dispaly a schermo piatto in formato 5:4 da 45 pollici sono popolati di informazioni raccolte da fonti diverse: sensori a bordo degli stessi aerei, diverse testate radar multiple, informazioni recuperate dalle basi dati dei voli, informazioni calcolate in tempo reale dal computer. I colori delle tracce di aereo, ad esempio, cambiano a seconda che siano da gestire per il controllore, che ci siano emergenze, che siano in entrata o in uscita, che siano indifferenti per l'area di competenza.

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I controllori lavorano otto ore al giorno, come la maggior parte delle persone, ma ogni ora e mezza-due, fanno mezz'ora di pausa per evitare il calo di concentrazione richiesto dal lavoro lavoro. Sono rilassati, vestono casual (ma senza esagerare) perché devono essere a posto con loro stessi e senza problemi, neanche di una cravatta che distrae perché stringe o di un colletto che non vuole stare a posto. I turni sono tre, il centro non chiude mai. I controllori usano cuffie con il pulsante, leggono libri di vario genere quando sono in pausa (ho visto un Vargas Llosa e un "Infinite Jest" di David Foster Wallace) e non sembrano per niente dipendenti di una società per azioni (di proprietà del ministero dell'Economia) che trent'anni fa invece era una specialità dell'aeronautica militare.

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Non riuscirei a fare quel tipo di lavoro, ne sono convinto. A parte che non potrei per età avanzata (si comincia entro i venti anni) e per difetto di vista (sono daltonico), non credo che riuscirei neanche a tenere quel tipo di concentrazione per anni, giorno dopo giorno. Come mi hanno spiegato, però, non tutti i controllori del traffico aereo devono essere super-bravi. Dopo aver studiato, superato le selezioni, passato gli anni all'accademia del volo (li mettono anche in un simulatore dell'aeronautica, per fargli capire cosa succede "dall'altra parte", e la trovo una scelta geniale), sono perfettamente qualificati per lavorare nella torre di controllo di un aeroporto. Solo alcuni superano gli ulteriori gradini necessari per arrivare a un centro di controllo d'area, che è la parte più elevata della loro carriera professionale. Gli altri, quelli che non ce la fanno, non vengono certo buttati fuori. Esistono possibilità diverse, percorsi di carriera multipli e si possono fare molti altri lavori sempre restando operativi, in tipologie differenti di torre di controllo. E la cosa, in un paese come il nostro "formalmente" fin troppo competitiva, mi pare più che giusta. Il talento esiste in ciascuno, non si può però massimizzare e racchiudere in formule che lo costringono ad aderire a una specifica definizione, negandolo negli altri casi.

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La scuola italiana è davvero notevole. Penso sia per questo che l'Enav è uno dei pochissimi soggetti di proprietà dello Stato con il bilancio in forte attivo, capace di finanziare un investimento da alcuni miliardi di euro per il potenziamento e crescita del proprio personale, delle proprie dotazioni tecnologiche e delle proprie procedure. E penso che sia per questo che l'Enav è considerato uno dei migliori in assoluto tra i fornitori di controllo del traffico aereo in Europa, all'avanguardia tecnicamente (Eurocontrol ha riconosciuto più volte il ruolo propulsivo dell'Enav e la "forza" delle sue soluzioni) ma anche dal punto di vista professionale. Tanto che i controllori del traffico aereo tedeschi hanno una quindicina di italiani "in prestito" per aiutarli a imparare le nuove tecnologie che sono state installate nei grandi centri di controllo d'area tedeschi. Tecnologie italiane, fra parentesi.

12.5.10

Epifanie

IGNORAVO CHI FOSSE Barry Lopez, ma dopo aver letto la seguente presentazione del suo About This Life: Journeys on the Threshold of Memory, devo assolutamente leggerlo!

Money Quote: Lopez writes with a surgeon's precision, a musician's ear, and a painter's eye for beauty found in unexpected places.

ATC

COME FUNZIONA UN volo di linea? Che lavoro fanno realmente i controllori del traffico aereo? Cosa si dicono i piloti con la torre? Le risposte non sono lontane, dovete aspettare domani. Oppure, andare a vedere l'antipasto con questo video flash realizzato dall'Enav, l'ente nazionale di proprietà del ministero dell'Economia il cui lavoro è "far volare la gente il meno possibile".

Navigazione aerea 

11.5.10

Batterie, il senso delle cose e varie altre

ANCORA QUEL PROBLEMA di una tonnellata di link che non so dove segnarmi. Provvedo a mettere qui, magari sono utili anche ad altri.

Come quelli che vogliono sapere tutto quel che c'è da sapere sulle batterie per computer e telefoni. Ho trovato l'articolo partendo da questo test sull'effettivo consumo di batteria da parte dei computer durante lo stato di "sleep" (computer "addormentato" e pronto a ripartire con un semplice tocco).

Poco più in là c'è questo libro a cura di Andrea Semprini che mi segnalava una amica. Si chiama Il senso delle cose. I significati sociali e culturali degli oggetti quotidiani. Contiene un saggio di cui mi sono state dette bellurie, scritto da Franco La Cecla e intitolato Il tappeto "da viaggio". Appartenenza religiosa e identità diasporica in un oggetto post-coloniale (chissà di cosa parlavamo, quel giorno a pranzo. Comunque il libro è notevole).

Quando parliamo di giornalismo, ogni tanto non sappiamo di cosa parliamo. Altrimenti, parleremmo molto di più di questo: la storica inchiesta di Jason Motlagh sulla strage di Mumbai. Jason è tornato sul posto e ha scritto Sixty Hours of Terror, una storia (illustrata con le sue foto inedite) che è un saggio, un breve libro di 19mila parole, un pezzo di giornalismo investigativo e storico incontenibile in un mezzo di comunicazione tradizionale. O forse no. Lo ha pubblicato il mitico VQR.

La pietra dello scandalo: i pensieri su Flash di Steve Jobs.E la vera ragione per cui Jobs odia Flash, secondo Charlie Stross.

La proposta di pubblicazione per un manoscritto inedito, spiegata da Natalie Whipple.

Un libro come quelli di carta ma senza la carta

VI RICORDATE QUANDO Einstein cercava di spiegare a una signora dabbene cosa fosse la radio?  ("Vedete, il telegrafo a filo è un tipo molto, molto lungo di gatto. Voi tirate la sua coda a New York e la sua testa miagola a Los Angeles. Lo capite questo?  E la radio opera esattamente allo stesso modo: voi mandate i segnali qui, e loro li ricevono là. L'unica differenza è che non c'è alcun gatto").

Ecco, con i libri in formato digitale, detti "ebook", sta succedendo qualcosa di simile. Il mercato adesso si sta muovendo perché le grandi case editrici italiane (e poi quelle piccole) stanno facendo le loro classiche dichiarazioni "pre-Salone di Torino" tutte centrate sul digitale. È anche nato il mega-consorzio Edigita, con Feltrinelli, Messaggerie e RCS. Ne parlano tutti, ma sostanzialmente nessuno vi spiega di che diavolo stiamo parlando.

Chi sta cercando di fare da tempo un po' di ordine in questo mare magnum è Giuseppe Granieri. A g.g. in verità capita nuovamente di essere là a studiare e intendersi da parecchio tempo di cose che all'improvviso tutti quanti vogliono ascoltare e - con estro tutto italiano - spiegarle subito dopo a tutti gli altri. Invece, ecco l'ultimo post in ordine di tempo sull'argomento di g.g. (dove bontà sua rimanda anche a una cosa che avevo scritto qui).

Sottoscrivo pienamente, in particolare una sua osservazione ("Da questa transizione è probabile che i grandi gruppi abbiano solo da perderci") e aggiungo che la transizione avrà un momento di cesura, in cui la faglia si sta per staccare con un colpo secco. In questo momento abbiamo i piedi che la attraversano, uno di qua e l'altro di là. I presupposti perché ci sia un bel capitombolo, secondo me ci sono tutti.

Luca, intanto, citava un paio di giorni fa un pezzo di Daniel Lyons su Newsweek che è molto interessante, perché procede al tentativo di ridimensionamento  delle aspirazioni e sogni degli editori legati a singole tecnologie e apparecchi loro malgrado salvifici. In questo caso, l'iPad. Niente male. Non so se sia "vera" la direzione di Lyons, ma gli anticorpi del sistema funzionano quando mantengono un certo grado di attenzione e spingono alla riflessione. Non quando cantano tutti nel locale coro...

Airegin (1954)

JON HENDRICKS, LA stella ancora luminosa di Lambert, Hendricks & Ross, incrocia un'altra volta il suo cammino con i Manhattan Transfer. Il risultato non fatelo vedere a Eros Ramazzotti, sennò cambia mestiere.

10.5.10

US Airways Flight 1549

DICONO CHE SIA lo "Steve McQueen" del giornalismo americano. A mio modesto avviso, rimane di gran lunga il migliore, con i suoi alti e bassi. Ne avessimo così, dalle nostre parti. E il suo Fly by Wire rimane un gran libro. Come la vicenda che racconta.

9.5.10

"...uh..."

DOONESBURY DI GARRY B. Trudeau, come ogni domenica.

5.5.10

Una vita per l'aviazione (1982)

DA NOI L'ABITUDINE di leggere le biografie o, peggio ancora, le autobiografie, è praticamente inesistente. Se si vanno a vedere i dati di vendite o si parla con un editore, a parte qualche eccezione mediatica legata a gossip e mondo spettacolo, la vita dei nostri simili non ci interessa. L'Italia, in questa fase storica, preferisce il giallo tinto di noir. Buon per lei.

Invece, ho appena messo giù l'autobiografia di Giuseppe Gabrielli. L'avevo trovata mesi fa su uno scaffale defilato del Libraccio, l'avevo iniziata e poi era finita nel gorgo delle cose da terminare (che si ammonticchiano su scaffali e mobiletti intorno al letto, di solito, e crescono come un'animale mitologico e furioso) e solo adesso è giunto il suo momento. È un vecchio libro, del 1982, pubblicato da Bompiani (copertina rigida per 220 pagine, con prefazione di Gianni Agnelli). È intitolato Una vita per l'aviazione e riporta la storia raccontata da lui medesimo di uno dei nostri principali ingegneri aeronautici.

Giuseppe Gabrielli (1903-1987), siciliano di nascita, toscano di origine ma piemontese di formazione (andò a Torino da bimbo), ha iniziato a operare nel 1931 come progettista aeronautico per Piaggio, dopo aver studiato negli anni Venti in parte anche all'estero con il mostro sacro dell'aerodinamica, l'ungherese Theodore Von Kàrmàn. Presto "rapito" da Agnelli padre e da Vittorio Valletta, divenne il progettisca-capo di Fiat Aviazione ed è da considerare il padre della vecchia tradizione industriale aeronautica italiana. Dalla sua nascita, prima della guerra, alla sua conclusione, durante gli anni settanta.

Gabrielli, la cui iniziale del cognome (G) è la sigla dei più importanti aerei prodotti dall'industria italiana (dal caccia Nato G 91 al trasporto G 222, dal caccia della seconda guerra mondiale G 55 al trasporto G 212) in questo libro ripercorre tutta la sua vita e buona parte della politica industriale italiana e internazionale in campo aeronautico. Il mix ineluttabile è quello che separa il settore civile a quello militare. Nella famosa foto che ho riprodotto in questa pagina, che è identica a una delle tante presenti in questo bel libro scritto con Giancarlo Masini, Gabrielli è sulla sinistra insieme agli altri due progettisti di caccia della Seconda guerra mondiale, Joro Horikoshi e Willy Messerschmitt.

GiuseppeGabrielli


Le cose che più colpiscono di questa storia sono da un lato la lucidità e sintesi con la quale Gabrielli tratteggia la sua vita e quella del settore in cui ha operato. Dall'altro, il tempismo straordinario della sua vicenda: la vita di Gabrielli è lunga e perfettamente in sincronia con i tempi di cui diviene protagonista. Il libro si chiude nel 1982, anno in cui Gabrielli pensava di essere definitivamente in pensione (era stato "silurato" un decennio prima dalla Fiat) ma che, invece, lo vide ancora per cinque anni attivo nel nuovo ruolo di presidente di Fiat Aviazione, voluto da Cesare Romiti.

Le ultime intuizioni (e rammarici) di Gabrielli erano relativi al cambiamento di strategia di Fiat -- dopo la morte di Valletta nel 1965 -- che aveva scelto di impoverire il settore aeronautico, fino a quel momento poggiato sulla filosofia di saper progettare l'intero sistema del velivolo comprendente anche l'attrezzatura d'impiego, con la logica conseguenza di quelli che Gabrielli chiamava i suoi "tre pilastri fondamentali": la progettazione e costruzione della cellula; la progettazione e realizzazione dei motori; l'avioelettronica. Fiat Aviazione negli anni Ottanta era divenuta un produttore solo di motori, ma soprattutto aveva perso la sua chance storica di entrare nel gioco europeo di cui pure era stata protagonista, poiché il sistema Italia (e Fiat stessa) aveva commesso due errori.

Il primo errore di sistema era stato quello di non aver fatto consolidare attorno a un attore-principe le differenti esperienze industriali nazionali, con la tecnica delle cordate imprenditoriali nelle gare (cosa che invece succedeva in tutta Europa e negli Usa), e l'altro errore era stato quello che non aveva deciso per tempo (per Gabrielli anche per decisiva colpa di Alitalia, che nicchiò fino all'ultimo) di entrare dentro AerBus, cioè il consorzio Airbus.

Il libro è buono e non è solo per appassionati ma anche per gente di buona cultura e curiosa di storie nuove, in caccia di eccellenze anche nel passato magari solo per impararne il metodo. È una autobiografia, anche celebrativa e sicuramente scritta in maniera fin troppo celebrativa, ma sono felice di averlo nella mia piccola biblioteca. Il ricordo di Gabrielli e la sua prospettiva su quel pezzo particolare della nostra storia vale il piacere della lettura.

Schifezze digitali

UNA NOTA PER me stesso, altrimenti poi me ne dimentico. Adobe Digital Editions per Mac è fatto male in una maniera imbarazzante. Serve a tutto tranne a quello che dovrebbe servire: gestire e far leggere i libri. Ci credo che Amazon prima e Apple adesso stiano cambiando la faccia a questo mercato. Il mio computer sta diventando sempre più "Adobe-free" oltre che "Microsoft-free", dal punto di vista del software installato. Non perché è software proprietario. Perché è software fatto male, almeno per Mac. E quindi io lo sego.

4.5.10

Bad Romance

MEGLIO DI LADY Gaga (non che ci voglia moltissimo). Sono gli On The Rocks, band dell'università dell'Oregon. E sulla scia di Glee, portatori sani dell'orgoglio scolastico dei cori a cappella. Mentre noi a scuola facevamo flauto dolce...

3.5.10

Se hai bisogno, chiama (2000), Il mestiere di scrivere (2008)

SE NELLE PINACOTECHE bisognerebbe entrare a stomaco vuoto, per meglio partecipare la sofferenza dell'artista, allora i racconti di Raymond Carver andrebbero letti in sala d'aspetto di un ospedale, reparto malati terminali.

L'uomo, che è anche un monumento della letteratura americana contemporanea, pone un problema al lettore/blogger: poiché su di lui si sono cimentati alcuni fra i più grandi critici del secolo, che senso ha dare la propria, personalissima (e limitata) lettura?

Non lo so. Così come non so dove sia la miseria e la grandezza di Carver. Lo leggi e ti perdi nelle sue parole: i racconti partono sparati, vanno in una direzione precisa e ineluttabile, mossi da una corrente profonda, invisibile ma palpabile. Peccato che non si sappia quale sia, peccato che non ci sia una morale esplicita, peccato soprattutto che non ci sia una closure, quella sensazione di completezza alla quale la letteratura consolatoria e pseudo-televisiva di cui siamo costretti sempre più a cibarci ci ha abituato.

I cinque racconti inediti pubblicati da Minimun Fax in Se hai bisogno, chiama, sono lucidi, sottili, affilati. Brevi e te li porti dietro a lungo, dopo averli letti. La stessa cosa non accade con Il mestiere di scrivere, pubblicato da Einaudi, che ha invece una densità differente, un intento differente (entrambi sono stati assemblati dopo la scomparsa di Carver), un risultato sempre differente. È in qualche modo una lettura atea e femminile, comunista, dura e priva di speranza.

In realtà, tutta l'opera di Carver è impastata di vita, di materialità dei sentimenti e degli stati d'animo, di ineluttabilità dell'esistenza e della sua conclusione. È illuminata a giorno, schiacciata dalla potenza di una natura diventata invisibile e al tempo stesso onnipresente, costruita attorno a quella concretezza che è la traspirazione della vita di Carver stesso. Infatti, è una lettura difficile, nonostante la scorrevolezza, la facilità e l'apparente mancanza di un motivo e un senso compiuto. Amore, alcolismo, abbandono, sofferenza, incapacità di esprimersi.

Onirico, costantemente in bilico tra il simbolico e il realismo estremo, Carver è stato per gli anni Settanta e Ottanta quello che Hemingway è stato per gli anni Venti. Tuttavia, limitarsi a etichettarlo come un minimalista è non solo sbagliato ma anche ingeneroso. Nel risvolto di copertina di Di che cosa parliamo quando parliamo d'amore, viene citata la critica pubblicata da The Nation all'uscita del libro: "Duecento anni fa Wordsworth e Coleridge diedero inizio a una rivoluzione quando proclamarono di voler scrivere con "la lingua veramente usata dagli uomini". Ma nessuno dei due ci riuscì fino in fondo. In questi racconti, Raymond Carver ci è riuscito. In una maniera impressionante".

Il mondo di Carver è fatto di persone reali, straziate dal dolore quotidiano in cui le sigarette e i tumori, l'alcolismo e i tradimenti, convivono con i pranzi e la pesca della trota bruna, insieme alle altre mille cose che fanno la vita: una giornata di pioggia, mezz'ora di pigrizia in attesa di cena, una sigaretta fumata sul patio dopo aver fatto la doccia. Forse è stato in parte tratteggiato anche da Gordon Lish, il suo primo editor che prepotentemente tagliava e rimodellava la prosa di Carver sino a renderla minimale e monca. Chi può dire. È un mondo che esiste, confitto dietro le nostre menti come una lunga spina alla base del collo. Inamovibile perché tutti temiamo che senza Carver non potremmo più vivere.

1.5.10

Uno contro tutti

STO CERCANDO DI finire un paio di libri e fare varie altre cose. Lavoro permettendo, dovrei anche riuscire a mettere insieme un paio di progetti. Il Giovane Autore scalpita, perché sotto-utilizzato. La stanchezza, tipica della primavera avanzata, è notevole. Gli impegni tanti. Il tempo poco. Ma voi, come fate? In questo Posto, come il fatidico giapponese sull'isola, si lotta uno contro tutti...