31.3.10

Up in the Air (2001)

BISOGNA ESSERE SINCERI: l'ultimo quarto è stato un po' faticoso. Ma ce l'ho fatta. Ho percorso e archiviato anche Up in the Air lo sfortunato romanzo del 2001 che ha fatto da ispirazione all'omonimo film di Reitman interpretato da George Clooney che, come dicevo, è la storia della mia vita. Il libro molto meno.

A tratti inquietante, ma nonostante questo lo stesso interessante nel suo complesso, il libro di Walter Kirn racconta in prima persona il viaggio e la storia di Ryan Bingham, singolare figura di Career Transitions Counselor per una media e anonima società di management consulting, che spende la sua vita in volo e mira al traguardo del milione di miglia raccolte dal suo programma di frequent flyer (nel film diventano 10 milioni), attraverso amori dislocati, famiglia dissociata, mente oscurata e un finale in crescendo acido e paranoico che dimostra la preparazione e la ricchezza tecnica di Kirn, nella vita giornalista per GQ, ma anche la freddezza del tema.

Kirn aveva detto, con piacere ma anche con stupore, che il film della coppia Reitman padre-figlio aveva preso alcuni elementi della trama per sviluppare la storia in maniera parzialmente differente. Molto differente, direi io. Estremamente differente: George Clooney ha un sapore lontanissimo di psicosi in alcuni suoi tratti e nel modo in cui recita. Un colore che ci vuole il microscopio per vederne l'ombra della sfumatura: una sensazione quasi inconscia legata al fatto che tra i suoi film ci sono ad esempio passaggi con i fratelli Coen e questo Up in the Air dove la psicosi è stata sterilizzata via dal soggetto e dalla sceneggiatura finale, mentre dava la forma del libro. Il nevrotico che vola per lavoro, staccandosi da tutto perché nella vita fa il commesso viaggiatore dei licenziamenti era all'inizio una satira molto mascherata anche del mondo manageriale e del carrierismo aziendale, nell'era della società dei servizi.

La descrizione di quel mondo è talmente minuta e involuta che non appare più molto parodica. Invece, la sfortuna del libro di Kirn è stato l'11 settembre: uscito da poche settimane il libro è rimasto fermo al palo (dopotutto racconta una storia con aerei e aeroporti ovunque fin dalla copertina, dove si vedono manager con razzi e valigette volare sparati tra le nuvole) fino a che Hollywood non l'ha ripescato. Una lettura che, senza Reitman e Clooney, non avrei fatto. Faticosa alla fine, ma comunque valida e da considerare positivamente.

29.3.10

Vado e torno

L'ANDATA OGGI NON è difficile: MXP-NTE. Il ritorno, domani, è un po' più complesso: NTE-LYS-MXP. La cosa bella, però, è che nel cambio a Lione tocco e riparto dall'aeroporto dedicato ad Antoine de Saint Exupéry, che era per l'appunto lionese. Emozione.

28.3.10

Your Pashto is atrocious

TORNA GARRY B. Trudeau come ogni domenica con il suo Doonesbury

27.3.10

Mine vaganti (2010)

SIAMO FUORI DALLA commedia dialettale, immersi in un mondo in cui fa capolino quel realismo che aveva già segnato, quindici anni fa, l'esordio di Leonardo Pieraccioni che ambientava le sue storie nella Firenze da cartolina dei Laureati. Adesso, a sorpresa dopo un periodo di "crisi", Ferzan Özpetek torna ai fondamentali che l'avevano reso famoso con Le fate ignoranti e ambienta in una Lecce da cartolina, furba ma al tempo stesso aderente alla realtà, il suo Mine vaganti. Storia di una famiglia in cui non escono dall'armadio non solo le preferenze sessuali, ma neanche i sentimenti, le sofferenze, le passioni. Riccardo Scamarcio e Alessandro Preziosi (due fratelli nel film) sono sul lato dei buoni, mentre Ennio Fantastichini, Ilaria Occhini e Lunetta Savino sono insopportabili (la Savino perché recita sempre se stessa, Occhini è immobile come una scopa e Fantastichini vive costantemente sopra le righe, oscillando fra la tragedia teatrale e la farsa da palcoscenico in cerca della risata).

Il buon Özpetek ha un solo problema: nei suoi film non sa mai cosa farsene delle giovani donne, che mette un po' per furberia ma che non funzionano come personaggi a tutto tondo, come le vecchie zie in menopausa. Non lo aiuta certo Nicole Grimaudo, che dovrebbe essere la bellissima di turno, ma l'ex Non è la Rai si sente tanto una Natalie Portman all'italiana e non riesce a dare spessore al suo personaggio già abbondantemente bidimensionale.

Comunque, il film funziona e diverte, se vi piaceva l'Özpetek degli esordi. E non fidatevi del trailer, perché non rende giustizia alla pellicola.

Le Concert (2009)

UN FILMONE, NON ho altro modo per dirlo. Di solito i film francesi ti comunicano ansia, mentre sei in coda per entrare dentro il cinema: ti immagini scene di desolazione, solitudine e tristezza, in una Parigi vuota e bombardata da stati d'animo ansiosi. Invece, nonostante un avvio abbastanza lento, che ti fa temere il peggio (soprattutto perché nell'edizione italiana gli attori russi parlano fra loro come se fossero i sovietici di Don Camillo), il film di Radu Mihaileanu procede sparato in un crescendo di risate.

Oddio, non è che sia esattamente il film-rivelazione sulla vita degli ebrei ai tempi di Breznev (anzi, quelli che sono davvero ebrei nel film hanno una parte decisamente stereotipata, come la maggior parte delle altre etnie) e si allontana parecchio dal precedente Train de vie. Notevole l'interpretazione della violinista, la giovane Mélanie Laurent, e belle alcune finezze, tra le quali quella di trovare il modo di farci sentire tutto il Concerto per Violino e Orchestra di Tchaikovsky. Consideratelo un film da vedere.

26.3.10

Cacciatori-raccoglitori

LEGGO COSE MOLTO diverse, raramente le guide turistiche, anche se posso capire che la passione per quelle vintage o di lusso possa esistere. Di recente ne ho anche comprata una sull'Italia vecchia di un secolo. E i miei cancelli della percezione sono sempre aperti, o almeno socchiusi. Però uno così ancora lo dovevo trovare: immolare la sua vita al genere della guida turistica...

Money Quote: I’ll admit it, i’m a huge fan of travel guides. My bookshelf is full of them. And i’ve only used about 20% of them for real, practical travel purposes. However, for individuals who have planned their travels 3 or 4 years in advance like myself, there is nothing quite like purchasing a new travel guide. I have a wide variety of different travel guides and found them all to have their individual strengths.

Non c'entra niente, ma ci sono arrivato tramite questo libro (The Global Soul di Pico Iyer, che parla di gente che vive in maniera "diffusa"), che è saltato fuori mentre cercavo una citazione di William Gibson sul jet lag, la cui storia in realtà mi affascina più dei suoi effetti fisici.

Money Quote 2: Her mortal soul is leagues behind her, being reeled in on some ghostly umbilical down the vanished wake of the plan that brought her here. Souls can't move that quickly, and are left behind, and must be awaited, upon arrival, like lost luggage.

Mi viene in mente quello che diceva: non guidate più veloce di quanto possa volare il vostro angelo custode.

25.3.10

Neo-hackers

NEL 1984 STEVEN Levy, uno dei più importanti giornalisti americani che si occupano di tecnologia, ha pubblicato un libro fondamentale sulla cultura digitale: Hackers. In pratica, la prima fotografia per un pubblico mainstream dell'etica e delle motivazioni dietro al gruppo di protagonisti della rivoluzione digitale. Sono un gruppo di persone che hanno definito non solo una loro etica e un modus operandi, ma dato anche la forma a molti tratti della nostra esperienza digitale contemporanea: le informazioni in rete vogliono essere libere, devono essere usate per cambiare la vita in meglio e via dicendo.

Forse oggi quegli hacker non ci sono più: l'ultimo secondo Levy è stato Richard Stallman. In comune avevano tutti un limite, però: non erano "nativi digitali". Oggi, se ci sono ancora dei "veri hacker", sono generazionalmente dei nativi digitali. E chi sono? Cosa stanno facendo? Come stanno definendo il pensiero, la società, la tecnologia e quindi il mondo del futuro?

Se avessi tempo, voglia e un editore disposto a pagarmi, questo sarebbe il libro che vorrei scrivere io.

No PR, no pary: così sto a casa e mi leggo un bel libro, tranquillo tranquillo.

UNA BREVE SPIEGAZIONE del perché non accetti come "amici" su Facebook le persone che lavorano per le agenzie di relazioni pubbliche o per gli uffici stampa delle aziende credo sia dovuta a quei 2 lettori dei miei 21 che fanno quel lavoro. Nonostante con alcuni di loro il rapporto sia corretto, piacevole e di stima (penso) reciproca, non li voglio come "amici". Il motivo è semplice: perché non sono miei "amici". Non sono miei "amici" neanche i miei colleghi e conoscenti con cui ho stretto legami digitali su Facebook, ma almeno loro non mi rompono le balle con inviti a eventi fighetti, comunicati stampa, e cose del genere.

In generale, pur avendo buoni rapporti con un buon numero di persone che fanno quel lavoro - molti dei quali sono anche ex giornalisti o sono convinti in buona fede di esserlo anche adesso (con la complicità dell'Ordine, ovviamente) -, non considero etico un rapporto troppo stretto e soprattutto non ho voglia di trovarmeli da tutte le parti che pressano perché vengano pubblicati i loro comunicati. Poi, in generale, non faccio neanche "amicizia" con gente che non conosco (ogni tanto spunta quello che dice: "Ehi, ho letto un tuo articolo, fico, anche io penso che la rana zoppa dovrebbe essere protetta: perché non diventiamo amici?" Ma chi sei? Cosa vuoi?), ma questo è un altro discorso.

Infine, per quanto riguarda invece le persone che lavorano nelle relazioni pubbliche, non bisogna mai dimenticarsi che fanno colloqui di lavoro nei quali devono tirare fuori il numero di giornalisti con i quali hanno rapporti personali e diretti, numeri di telefono e altro. Adesso, l'amicizia su Facebook, i contatti su Linkedin e i follower/following su Twitter fanno parte del pacchetto che viene usato per negoziare il contratto di lavoro. Io non ci sto: non sono merce di scambio, non ho voglia né interesse di farmi contare come pecora del gregge altrui, gli aperitivi fateveli tra di voi, l'amicizia su Facebook stringetela con altra gente e a me, fuori dal lavoro, per piacere lasciatemi in pace. Grazie.

Ecco, questa è in breve la spiegazione. La fate girare tra voialtri PR?

21.3.10

My iPad Secrets

TUTTO QUELLO CHE c'è da sapere dello spot sull'iPad trasmesso durante il Super Bowl. In slow motion...

"My iPod is jealous of my iPhone."

UNA RICERCA CONDOTTA dall'università di Stanford sull'uso e il significato dell'iPhone da parte dei suoi studenti porta risultati sorprendenti. Il telefono di Apple, che mostra di essere una sorta di "estensione" della mente degli studenti, induce la dipendenza nella maggioranza dei casi: tre su quatto si addormentano con il telefono nel letto e uno su tre lo definisce "la mia porta sul mondo". Qui la ricerca sintetizzata: tutto da leggere.

Elitist question

TORNA IL BUON vecchio Doonesbury, l'appuntamento con la tavola domenicale di Garry B. Trudeau.

19.3.10

Storie dell'Oca

L'AVVENTURA DELLE STORIE da scrivere giocando con l'Oca su PerFiducia si è conclusa. Ancora ci sono un sacco di attività, molti sono in realtà ancora dietro alle ultimissime carte, ma insomma il grosso è fatto nonostante qualche sorpresa che deve ancora uscire grazie all'Oca.

Valutazione finale? Esperienza per me divertente di scrittura creativa. E mi sembra anche per gli altri che hanno partecipato. Adesso che la mia storia ha il suo punto alla fine, potete tornare a leggervela tutta di filato (oppure andare a scoprire quella di qualche altro Giovane Autore). Con l'avvertenza/scusante che, ogni volta che si pubblicava un paragrafo, non era più possibile tornare indietro e modificarlo...

Money Quote: Una bambina non può sognare niente di più bello che diventare una maiko, una giovane aspirante geisha. O, come ci chiamavano a Kyoto, una hangyoku. Questa è una storia di molto tempo fa, molto più di quanto non vorrei ricordare. Ma devo farlo per forza. Voglio ricordare un'ultima volta quando ero bambina, studiavo ed ero un'aspirante geisha part-time. Perché potrebbe salvarti la vita. Per me, ormai è troppo tardi.

16.3.10

Freedom or Die

NON È PIACIUTA la maglietta di un passeggero appena arrivato all'aeroporto di Gatwick. "Freedom or Die" è stata giudicata una frase minacciosa e quindi l'uomo è stato obbligato a mettersi la maglietta rovesciata, nascondendo così la scritta. Per fortuna è emerso un po' di buon senso e adesso la direzione dell'aeroporto si scusa.

Money Quote: London's Gatwick Airport has apologised after a Briton wearing a T-shirt with the slogan Freedom or Die was asked to turn it inside-out because it could be threatening, a spokesman said on Monday.

15.3.10

PJ

PIGIAMA, DALL'INGLESE "PJ", dal persiano "paijama" tramite l'hindustani (progenitore di hindi e urdu) grazie all'impero britannico e al Raj britannico. In Asia meridionale vuol dire letteralmente "abbigliamento per le gambe".

Noi presto forse esporteremo la democrazia in Iran, come abbiamo già fatto in Iraq e in Afghanistan; ma loro hanno già da tempo esportato il pigiama da noi.

14.3.10

13.3.10

La notizia dell'iBook e quella del telefilm

FRIGGONO TUTTI PER l'avvio della prevendita dell'iPad. Nel merito, si parla di libri, riviste e giornali. Delle ultime due si sa poco. Dei primi, che verranno distribuiti tramite l'applicazione iBook, da scaricare a parte gratuitamente, si è detto molto (compreso le numerose categorie, comprendenti anche i fumetti) ma si è perso di vista l'essenziale. Che sarà cioè possibile caricare qualsiasi libro o fumetto formattato ePub uno voglia, senza bisogno di comprarlo online. Come dire: anche quelli fatti in casa. E nella parte video, per la prima volta per un prodotto della famiglia iPhone/iPod/Apple Tv, l'iPad consente di vedere di serie i filmati Avi. Buon libro e buon telefilm a tutti...

Ladies and gentlemen, in a few moments...

PRONTI ALLA RIPARTENZA: SFO-LHR-MXP. Qui sono tutti eccitati per la partenza della miniserie in dieci puntate di Tom Hanks e di Steven Spielberg: The Pacific (Hbo). Seconda guerra mondiale vista dalla parte degli americani come Band of brothers e Salvate il soldato Ryan ma ambientata nel carnaio del fronte contro i giapponesi.

Niente punti di vista alternativi: si percepisce la crudezza del conflitto, l'ignoranza e la differenza razziale che ha reso i due popoli particolarmente crudeli l'uno con l'altro. Inizia domani ma io me la perdo perché ho l'aereo oggi dopo pranzo. Recupereremo sul grande videoregistratore della rete.

Pare comunque sia da vedere: la storia dei tre marines, ricostruita sulla base delle testimonianze (uno è il più decorato di sempre del corpo) detta il passo alla carneficina avvenuta in quattro teatri "storici" del Pacifico. Televisione allo stato puro.

10.3.10

Toc toc. Occupato

SONO UN ATTIMO a San Francisco. Torno presto, non vi preoccupare. Per gli scassinatori: le chiavi sono sotto lo zerbino, per favore non rompete la porta e poi mettetevi le pattine che ho dato la cera prima di partire. Grazie.

Per gli sceneggiatori di Up in the air: è fisicamente impossibile che George Clooney possa andare a giro con il cappotto e poi farlo scomparire nel trolley quando non serve. Ho appena verificato. Impossibile, ripeto, a meno che non sia un cappotto di liquirizia che se lo mangia tutte le volte.

Per la cronaca: volo tutto con BA (LIN-LHR-SFO/SFO-LHR-MXP), porca miseria.

8.3.10

Immigrato a chi?

IL SOLE 24 ORE, che poi [disclaimer!] è l'editore per il quale lavoro abitualmente, ha avviato una iniziativa molto interessante. Sara Bianchi e Massimo Esposti hanno infatti sviluppato una raccolta di storie di immigrazione particolari: sono quelle che hanno avuto successo. Questo è un modo per raccontare un'Italia bella, in cui alcuni problemi ritenuti insormontabili dimostrano invece di essere assolutamente superabili.

Ma non è finita, perché c'è quella cosa in più che poi fa parte dello stile che rende Il Sole 24 Ore un gruppo unico nel nostro Paese: le storie sono sottotitolate in arabo. Con l'obiettivo esplicito di mostrare anche ad altre culture un aspetto diverso del nostro Paese. Perché forse non ve ne siete accorti, ma all'estero ci stiamo facendo una brutta fama ed è il caso di rimboccarsi le maniche e parlare anche per conto nostro.

Premi Oscar 2010: vince l'incanto

BRAVA SANDRA BULLOCK, come avevo anticipato e brava Kathryn Bigelow, che per un periodo è stata anche moglie dello sconfitto James Cameron (qui le mie ragioni contro Avatar), rispettivamente migliore attrice protagonista e regista del miglior film, secondo la giuria degli Oscar (o Academy Awards), assegnati ieri sera al Kodak Theater.

Sono particolarmente affezionato alla capacità recitativa attuale di Sandra Bullock e allo spettacolo di Hurt Locker, perché entrambi ridefiniscono la mia idea di meraviglia e di stupore. Secondo me per questo sono stati premiati. E per questo sono quindi contento che abbiano fatto man bassa di premi: gli altri verranno film e attori premiati a questo giro verranno dimenticati (compreso Up Disney/Pixar) come minori.



Non a caso, al posto dell'esordiente 3D o dei bambolotti in computer grafica (adesso i nodi del "verismo digitale sintetico" vengono al pettine), vince la prima prova matura di un film in alta definizione e la recitazione potente e delicata inserita nella storia giusta. Vince l'incanto che porta lo stupore e la meraviglia, non la forza dei muscoli, soprattutto di quello digitali.

Infine, mentre i nostri giornali sottolineano che hanno vinto l'Oscar anche due italiani (Due italiani? Così, tanto per prenderci in giro: siamo i soliti cialtroni in malafede), c'è una bella storia della Reuters che fa il punto molto bene e con equilibrio, per chi è interessato.

Money Quote: In a historical context, its win is surprising. After all, it is the lowest-grossing best picture winner of all time; it was never on more than 535 screens; and it beat the highest-grossing movie in modern history, one that has been playing on thousands of screens for nearly three months. In the era of blockbusters, "Locker" cost a mere $11 million to make compared with the more than $230 million cost of "Avatar."

Dell'Oscar a Jeff Bridges (miglior attore) invece pare non essersi accorto nessuno. È un peccato, però: Bridges è miglior attore per un film molto americano, Crazy Heart, basato sulla vita di un cantautore country di fantasia ma che ritrae in realtà molto di Waylon Jennings, Kris Kristofferson e Merle Haggard (tre nomi leggendari, dalle nostre parti è noto ai più solo Kristofferson). Quello del country è un mondo che fuori dagli Usa non ha mai appassionato: un po' come il cricket fuori dal Commonwealth. Però la storia messa in piedi è intensa e il livello del cast al completo - dentro ci sono anche una stupenda Maggie Gyllenhaal e anche Colin Farrell, Robert Duvall e Beth Grant - è meritevole di attenzione. Anche questo, sarebbe da vedere.

4.3.10

Bye Bye, Scott

DELLA VICENDA SUN Microsystems e Oracle che se l'è comprata ho scritto pochissimo, purtroppo. Perché ci sarebbe stato e ci sarebbe ancora molto da dire. E molto è stato appena detto da Scott McNealy che lo scorso 26 gennaio ha annunciato ufficialmente la sua uscita dall'azienda. Qui il testo della sua lettera, tutta da leggere. Non temete: non la tradurrà mai nessuno in italiano, perché da noi una cosa del genere non si deve neanche sapere che è possibile.


Money Quote:

My best to all of you, and remember:
Kick butt and have fun!
Scott

Gli studenti della Pantera (2009)

IL LOGO ERA quello delle Black Panthers americane, la stagione quella della sfiducia per le ideologie e poi della distruzione dei partiti organizzati. La Pantera, il movimento studentesco di venti anni fa, è stato un fallimento. È durato pochi mesi, ha traversato l'Italia come un fulmine e non ha lasciato tracce percepibili a parte l'odore di ozono e un certo fastidio alla vista: tutto quello contro cui lottava il movimento è tutto puntualmente accaduto, il metodo usato per la protesta (assemblearismo) è stato in parte la causa del fallimento stesso, e la generazione che si è formata allora oggi quando va bene è invisibile, quando va male è nostalgica e dispersa nella giungla del potere locale, abbarbicata alle poltrone come l'edera selvatica.

A riportare fuori la storia Pantera, il "movimento rimosso", è tale Nando Simeone, personaggio del sottobosco politico romano ovviamente di sinistra, che veste il manto sacerdotale dell'ideologia più vetero che si possa immaginare, e costruisce per i tipi di Alegre un piccolo capolavoro del perché non solo la Pantera è fallita, ma anche perché continuerà a fallire tutto quello che la parte che lui rappresenta di questa generazione toccherà.

Gli studenti della Pantera (190 pagine, 14 euro, Alegre editore) è un'apologia del pensiero altrui: tanto che di idee genuine di Simeone non se ne trovano neanche a cercarle con il sonar. Invece di ideologia (cioè di idee già pensate da altri) ce n'è quante se ne vuole. Un supermercato di un mondo che non esiste più, settario e minoritario, avvinto nella masturbazione politica e nelle distinzioni inani che altre volte sono sfociate nella violenza e peggio.

Uno può sempre dire: però il libro è se non altro meritevole di fotografare un'epoca e di riportarla in auge. Una meritevole opera storica. Oppure no? Ovviamente no: la parzialità della visione del movimento schiacciata sul pensiero ideologico e sulla ricostruzione che fa della Pantera un fenomeno metà palermitano e metà romano, è talmente agghiacciante e lacunosa che fa venire il dubbio a chi scrive -- che all'epoca era al primo anno di Scienze politiche a Firenze -- di aver visto tutto un altro film, con altri protagonisti e altre storie.

Beh, comunque ci sarà pur sempre la leggendaria capacità di analisi dei comunisti, che non scopano niente ma almeno spaccano il capello in sedici tutte le sere nella sede del partito (quale esso sia). Era dopotutto la fondamentale distinzione tra chi andava alle Botteghe Oscure e chi invece a via del Corso (questi ultimi pare invece scopassero e mangiassero, mangiassero e scopassero e basta). La pochezza dell'analisi di Simeone invece riesce a smentire anche questa idea che in Europa è ritenuta parte fondante dell'acquis communautaire.

L'analisi oscilla, senza alcuna logica, fra due opposte interpretazioni storiche: da un lato la Pantera è stata il movimento contrario ai partiti organizzati e "noi" (dice lui) abbiamo combattuto duramente per tenere questa autonomia e istintiva sfiducia sempre molto alta, cacciando fuori partiti e sindacati dall'università. Dall'altra

cioè non toglie che la Pantera è stata ingabbiata. E la causa principale della nostra sconfitta fu l'isolamento, la totale assenza dei movimenti sociali ma anche l'isolamento politico e sindacale in cui Pci e Cgil in particolare lasciarono il movimento.

Capite che questo, se non gli spiegano che è il suo, quando ha fame è capace di mangiarsi un piede? Simeone, che da una vita ha come unico punto fermo quello di avere idee ben confuse in testa, costruisce insomma il libro classico di chi, avviandosi verso la mezza età, senta soprattutto il bisogno di tirare fuori tutto lo sporco dal proprio ombelico e farne meditazione trascendentale per chi segue.

L'analisi è errante ed errata. L'ideologia regna sovrana e fa specie pensare che chi scrive il libro non è un pensionato novantenne che racconta le sue esperienze con Garibaldi e Mazzini, o quantomeno un dirigente del Pci che abbia una solida scuola di partito alle spalle, ma un eletto dal popolo di poco più di quarant'anni che nel 2010 vede bene di applicare categorie del pensiero che Engels stesso avrebbe sconsigliato a Marx perché ormai un po' demodè. Sono personaggi e libri così che permettono a Berlusconi di rifarsela con "i soliti comunisti". Che tristezza pensare che questo è in realtà tutto quel che resta della Pantera: la misura di un fallimento.

2.3.10

"Ho sognato che prendevo in braccio un neonato con i capelli nerissimi ed ero in difficoltà".

UNA ENORME RACCOLTA di incubi altrui, molto utile se non vi ricordate i vostri, di incubi. Qui.

In realtà sono più sogni che incubi, ma non essendo i nostri, l'effetto è più disturbante che consolatorio. Ancora, per come sono scritti (di persona dai diretti interessati), in effetti questo post lo potevo anche titolare "Io speriamo che me la sogno".

Anobii

SE AVETE NOTATO che scrivo meno di libri su questo blog (e pure su quell'altro), un motivo c'è. Non è che sto leggendo meno. Anzi, è uno dei periodi in cui leggo di più, credo. Ma il punto è che sto seguendo la dieta di Anobii: metto le cose dei libri nel social network dei libri, cioè appunto Anobii. Non mi viene facile metterle anche qui, dopotutto la forma di una mini-recensione cambia a seconda della pagina web dove va a finire. Quindi, se le volete leggere, penso che dovrete andare da quelle parti e cercarmi (non è troppo difficile).

Tra l'altro mi segnalano, ma io non ci sono, che anche su Facebook nascono movimenti spontanei di segnalazioni di libri. Secondo me tra un po' Facebook fa una brutta fine: come quella rana che si era gonfiata troppo...

More about Ospedale da Combattimento

Intanto, qui sopra un assaggino di una cosa che ho letto di recente. Se cliccate, fine su Anobii dove c'è anche la mia mini-recensione.

1.3.10

Le ragazze del traffico della Corea del Nord

MA SECONDO VOI è una cosa vera oppure un virale magari di qualche marca di automobili?



La storia viene raccontata con abbondanza di particolari anche da un giornale statunitense. Il punto sarebbe che, siccome manca la corrente a Pyongyang, al posto dei semafori usano le ragazze. E che le divise le avrebbe disegnate personalmente il buon leader. Quando c'è il sole, poi, si mettono anche gli occhiali a specchio e sembra di vedere una videoclip di Matrix. Surreale. Vendono anche i poster, che poi sarebbero i manifesti della propaganda, tramite un importatore parallelo.



Mah: il dubbio che le "sexy traffic girls from Pyongyang in North Korea" siano false è forte.

Il primo marzo

E IL DUE me rimetto a sède

Ahahahahaha

(scusate, è stato un attimo di sbandamento)