22.4.09

Sembrava ieri di stare a Berlino

ERO A BERLINO, ieri, e vista la bella giornata ho allungato un attimo la strada e sono andato alla porta di Brandeburgo. Che impressione passarci sotto, vedere le piccole toppe di cemento nelle scanalature delle colonne e nei pannelli delle pareti, ultime vestigia dei combattimenti durante la presa di Berlino da parte dei russi. Tra poco è l'anniversario della fine della guerra in Europa (per noi è il 25 aprile, ma per il Vecchio continente è l'8 maggio). Tra la caduta di Berlino (2 maggio) e la fine reale dei combattimenti passò qualche giorno, perché i nazisti e i civili erano terrorizzati all'idea di arrendersi ai sovietici e cercarono di guadagnare più tempo possibile nell'attesa della (lenta) avanzata degli Alleati. Sembra passato un secolo ma era "solo" il 1945, e le toppe che chiudono i buchi delle pallottole e i fori delle schegge, tutti ad altezza uomo, sono su molti altri monumenti e palazzi berlinesi.

Davanti alla porta di Brandeburgo, però, che avevo visto per la prima volta 22 anni fa, ieri c'erano un po' di attrazioni: un signore vestito da improbabile Vopos con una collezione di cappelli militari, per scattare foto grazie alle quali far passare il turista per liberatore sovietico, americano, britannico, persino per soldato tedesco vecchio e nuovo. L'unica cosa che manca è un qualsiasi tangibile segno riconoscibile dell'esercito del Terzo Reich, visto che in quel Paese è considerato reato e anche grave: a differenza dell'Italia, dove l'Apologia di fascismo è evidentemente un reato da operetta, come è la XII disposizione transitoria e finale della nostra Costituzione, mentre a quanto pare anche il 25 aprile è una festa da commedia all'italiana, in cui metà delle istituzioni si danno per latitanti e chiedono la giustificazione per l'assenza alla mamma. Vabbé.

Torniamo a Berlino. Il passaporto con il quale ci ero andato all'epoca oggi non c'è più. La vecchia città era ancora circondata dal muro, avvolta nella DDR e sul passaporto erano fioccati i timbri e i visti, compreso quello giornaliero per entrare nella parte est della città. Ma quando, anni dopo, ho rifatto il mio documento di viaggio, non sapevo si potesse chiedere che annullassero il vecchio e te lo dessero come cimelio dei viaggi. Risultato, oggi non c'è più (chissà se è stato distrutto o se giace da qualche parte alla Questura di Firenze o, peggio ancora, a Roma. Se si potesse recuperare, fatemelo sapere!).

Insomma, davanti alla porta di Brandeburgo, in una giornata di sole invidiabile, con la calma di una città non oberata di turisti e sfaccendati e borseggiatori e altre persone di etnie indefinibili come i loro scopi, mi sono messo a chiacchierare con Hans, studente un po' fuori corso, che ha in qualche modo recuperato timbri più o meno originali dell'epoca che fu.

E li utilizza per venderti una cartolina e un duplicato di visto giornaliero con timbrature dei vari check-point Charlie sul lato Usa, timbro con permesso della RFT, timbro con permesso di varchi diversi per la DDR, timbro di permesso russo, del settore americano ("You are Leaving the American Sector") e via dicendo. Il tutto "per una cifra che mi sembra accettabile di due euro", recita a memoria come il rosario il nostro strano amico.

Ho fatto un giro a piedi ancor più lungo, percorrendo un pezzo dell'Unter den Linden, passando davanti alla libreria statale, alla università Humboldt, fino al Museo storico tedesco, costeggiando poi l'Altes Museum, il museo di Pergamo e il Bode-Museum, rientrando infine all'hotel dietro la stazione di Friedrichstrasse.

Ci sono le polemiche, in Germania, su come sia poi andata la riunificazione. Berlino ne è il simbolo, la stagione più bella di questi ultimi anni, però è anche un po' alla fine del suo ciclo: le archistar hanno fatto il loro lavoro di acciaio e vetro temprati, i grandi, costosi e fantasmagorici palazzi monumentali e il nuovo assetto urbano per il quale vengono pagati milioni. Quello che è importante, però è che sono passati vent'anni, ci sono ragazze e ragazzi che vanno in discoteca e non hanno mai conosciuto il muro. Insomma, a me è rimasto l'imprinting di un'epoca lontana e della sua clamorosa fine, il crollo del muro, la mote del comunismo, la liberazione in un colpo solo di tutta l'Europa dell'est. Con la conseguente nuova era di opportunità.

Invece, Berlino ti urla in una giornata di sole che la vita non si è fermata il giorno di quell'epocale cambiamento. Anzi, che è già vecchio, già storia, come quei parenti anziani che da bambino continuavano a ossessionarmi di ricordi sulla Seconda guerra mondiale, lontana nella mia mente come la conquista del West, l'unità d'Italia e la giovinezza di Cleopatra.

Siamo tutti reduci di qualcosa. Del crollo del muro, della Pantera, di Falcone e Borsellino, di tangentopoli, dell'Iraq e dell'Afghanistan, del popolo di Seattle e di Genova, dell'11 settembre, di nuovo dell'Afghanistan e dell'Iraq: insomma, fate un po' voi. L'importante, però, è ricordarsi quando scade di farsi ridare il passaporto annullato, per non dimenticare che gli anni passano lo stesso. Anche dalle cose che crediamo mortalmente importanti, di quello che "dopo la vita non sarà più la stessa". In realtà, mi par di capire che la vita non sia mai la stessa d'abitudine.

1 commento:

Anonimo ha detto...

io sono reduce di piazza fontana
mario