31.3.08

No More Aloha

OGGI TERMINA I voli Aloha Airlines, una delle due principali compagnie aeree della Hawaii (l'altra è Hawaiian Air, che peraltro dà una mano nel momento del problema). Peccato, perché la compagnia era in volo dal 26 di luglio del 1946 (Alitalia, per dire, è nata il 16 settembre di quell'anno) e ad oggi aveva una flotta compatta (seppure anziana, con 17,9 anni di età) di 27 Boeing 737 in varie versioni (dai 200 e 200-C cargo sino ad un 800 in leasing da Transavia).

I voli erano sia tra le varie isole delle Hawaii (cinque aeroporti serviti) che fra queste ultime e la California (quattro aeroporti) e poi tra California e Nevada (due aeroporti: Las Vegas e Reno). L'avevo usata una volta a gennaio dell'anno scorso, mi ricordo, per andare da Las Vegas ad Oakland, di faccia a San Francisco. È il vecchio trucco per risparmiare quando si va nella città californiana con un volo interno, anche se in futuro a quanto pare le tasse del San Francisco International potrebbero cambiare dall'attuale sistema "a peso" ad uno basato sulle fasce orarie.

Insomma, povera Aloha, è arrivato a quanto pare il tuo momento di andare per la seconda volta quattro in Chapter 11 e a questo giro terminare le operazioni di volo oggi, 31 marzo 2008. Saltati 1.900 dei quasi 3.500 dipendenti, per gli altri non resta molta speranza. Rimane attiva per un po' la parte cargo, i passeggeri invece vengono reindirizzati verso altre livree e insomma, anche le compagnie aeree falliscono. E quando lo fanno, sono molto rapide: solo il ricordo rimane, alle volte per molti anni. Inutilmente. Come nel caso di quello della Huges Airwest (1968-1980) la "banana gialla" di Howard Huges che operava da Las Vegas.

Money Quote: This is an incredibly dark day for Hawaii,” said David A. Banmiller, Aloha’s president and chief executive officer. “Despite the groundswell of support from the community and our elected officials, we simply ran out of time to find a qualified buyer or secure continued financing for our passenger business. We had no choice but to take this action.

L'uomo che scrisse il Thesaurus

L'OMBRA DELLA FOLLIA, ma anche quella della redenzione, sono gli ingredienti della vita di Peter Mark Roget (1779-1869), uno dei più singolari e meno raccontati personaggi della storia inglese. Roget è infatti l'autore del Roget's Thesaurus of English Words and Phrases, capace di vendere 20 milioni di copie negli Stati Uniti degli anni Venti che impazzivano per le parole crociate (come ieri noi per il Sudoku). E che ha dato a scrittori, saggisti, giornalisti, conferenzieri la parola giusta al momento giusto. Joshua Kendall racconta con il suo The Man Who Made Lists: Love, Death, Madness, and the Creation of Roget's Thesaurus una storia tutt'altro che banale: la compilazione di lunghe liste di parole era lo strumento per evadere la follia della famiglia di origine di Roget, che invece ebbe la fortuna di trovare in un felice matrimonio non solo la redenzione ma anche la serenità necessaria a portare a compimento la parte maggiore del suo lavoro.

L'idea del Thesaurus, il nostro dizionario dei sinonimo e contrari arricchito da una parte di frasi esplicative e definizioni, nacque sulla falsariga del lavoro di classificazione di Linneo, l'eroe di Roget, che metteva ordine nel Creato. Roget si accontentava invece di mettere ordine e dare significato alla lingua inglese. Perché Roget era tutto fuorché un poeta o un romanziere, anche se il suo lavoro avrebbe fornito proprio a questi animi l'ordine necessario a rifilare opere sempre più perfette. Era fondamentalmente un "compilatore di liste", e come tale, un sistematico, scientifico, puntiglioso autore di infinite e infinite serie di parole legate alle diverse sfumature dei loro significati.

Money quote: Peter would never show evidence of a literary sensibility. Those who love literature typically are fascinated with stories and storytelling. But that's not how Roget's mind worked. Lacking a vivid imagination, he was a practical person. Since boyhood, words always constituted the means to an end. All of his scholarly publications, including the Thesaurus, were directed toward disseminating scientific knowledge that ultimately had some useful purpose.

30.3.08

Tv spazzatura

COME NELLA TERMODINAMICA, anche nella televisione niente si crea e niente si distrugge. Oggi lo vedete in Italia, quindici anni fa lo vedevate negli States.

DOMENICA

CIOÈ DOONESBURY, DI Gary B. Trudeau

Né troppo, né troppo poco

CORAGGIOSA PILOTA DI aerei negli anni Trenta e moglie di Charles Lindbergh (quello della prima trasvolata atlantica, anche se la sua storia e le sue idee sono molto più complesse e controverse), Anne Morrow ha scritto una bella pagina sul saluto, che si accompagna naturalmente all'idea del viaggio.

For Sayonara, literally translated, "Since it must be so," of all the good-bys I have heard is the most beautiful. Unlike the Auf Wiedersehens and Au revoirs, it does not cheat itself by any bravado "Till we meet again," any sedative to postpone the pain of separation. It does not evade the issue like the sturdy blinking Farewell. Farewell is a father's good-by. It is - "Go out in the world and do well, my son." It is encouragement and admonition. It is hope and faith. But it passes over the significance of the moment; of parting it says nothing. It hides its emotion. It says too little. While Good-by ("God be with you") and Adios say too much. They try to bridge the distance, almost to deny it. Good-by is a prayer, a ringing cry. "You must not go - I cannot bear to have you go! But you shall not go alone, unwatched. God will be with you. God's hand will be over you" and even - underneath, hidden, but it is there incorrigible - "I will be with you; I will watch you - always." It is a mother's good-by. But Sayonara says neither too much nor too little.

28.3.08

Addenda e considerazioni

ALTRE DUE IMMAGINETTE allegate nella email precedente...





Ma a voi, anche il nostro Signor B. non vi sembra un po' un uomo degli anni Cinquanta? (E il signor WV. uno dei Sessanta che è stato "colorato" dalle immagini originali in bianco e nero?).

Uomini degli anni Cinquanta

RICEVO E VOLENTIERI pubblico la mail di Fabio G., un lettore (ovviamente con l'autorizzazione del sopradetto).

Ieri sera, mentre guardavo la mia nuova serie preferita (Mad Men), subito dopo aver fatto ricorso alla mia amica del cuore tale maryjane, un'idea mi ha folgorato.
Il volto di Sarkozy mi ricorda da sempre qualcosa di incredibilmente (incroyablement) francese, qualcosa che non risucivo a mettere a fuoco. Come avrete capito, liberato dalle oppressioni quotidiane dall'amica MJ, ieri sera ci sono riuscito.

Sarkozy assomiglia a J.P. Belmondo da giovane, per la precisione Sarkozy assomiglia a J.P. Belmondo da giovane nel film capolavoro diretto da Godard, sceneggiato da Truffaut e "fotografato" da Chabrol, Au bout de souffle. In questa summa ante litteram della nouvelle vague francese, Belmondo era uso carezzarsi, pasticciarsi, bistracciarsi il labbro superiore con il pollice della mano destra. Un gesto entrato di diritto nella storia del cinema e nella vita di qualsiasi palyboy che si rispetti.

Poteva dunque fare eccezione Sarkozy?
Ditemi voi.

Quest'agnizione del personaggio politico potrebbe gettare una luce definitiva sull'uomo e sulla situazione storica che la Francia sta attraversando. Sono convinto (da ieri sera) che questa sia la ragione profonda del successo "spettacolare" di Sarkozy presso il popolo (pubblico?) francese. Siate dunque prudenti nell'esprimere il vostro giudizio.

Buona giornata

Ps: e comunque Jean Seberg canta meglio di Carla Bruni.

Bar Condicio

ANCHE QUESTO E siamo a posto.




In realtà ne mancherebbero sei o sette, ma se questi sono i risultati di quelli grandi, i piccoli preferisco proprio non vederli

Una parte del problema

LA VICENDA DI Alitalia continua ad andare avanti. Direi che siamo in una fase particolarmente critica, anche se parrebbe che il velo elettorale stia lentamente sollevandosi: con un po' di fortuna riacquistano tutti il senno perduto e si va alla contrattazione vera (perché l'offerta di Air France-Klm, conscia di essere l'unico acquirente possibile, era eccessivamente a suo favore: terminare le attività di cargo nel 2010? Ma si sono bevuti il cervello?).

Una parte del problema di Alitalia è riassumibile in questa semplice comparazione tra i velivoli della sua flotta con quelli di American Airlines:

Alitalia vola con:

Airbus a319 (12); A320 (11+4 operati da Volare); A321 (23); Atr 72 (10); Boeing 767 300ER (12+ 1 di Air Europe); Boeing 777 (10); Embraer ERJ 145 (14); Embraer 170 (6); Md 82 (75). Si tratta di nove tipologie di apparecchi di cinque fabbricanti diversi per un totale di 179 velivoli con età media di 13,9 anni.

American Airlines vola con:

Airbus a300B4; Boeing 737-800; Boeing 757-200; Boeing 767 allestimenti 200ER e 300ER; Boeing 777-200ER; Md82 ed Md83. Per un complessivo di otto tipologie (sette se si considerano come uno i due allestimenti dei 767) di tre fabbricanti diversi e una cifra complessiva di 693 apparecchi con età media di 15 anni.

Il problema? La flotta di Alitalia è paragonabile a quella di AA dal punto di vista dell'età e del numero di tipologie di velivoli. Sarebbe un dato interessante e di stimolo per l'azienda italiana, se non fosse che le dimensioni non tornano: AA conta il triplo degli aerei di Alitalia. Per lei è ragionevole una tale varietà e un tale avanzamento di età (peraltro, ci sono ordini per 59 velivoli nuovi in corso, con una abbassamento conseguente dell'età media una volta smaltiti soprattutto gli MD-82/83), per Alitalia no, nessun acquisto in vista (e nemmeno dismissioni).

Perché è un problema? Perché ogni tipologia differente di velivolo vuol dire un equipaggio (piloti e assistenti di volo) differente, con il conseguente aumento esponenziale del personale di bordo per garantire turnazioni, ferie, malattie, recuperi etc. Un problema che Alitalia ha tre volte più grande di quello di AA (o viceversa, che AA ha tre volte più piccolo di quello di Alitalia).

Insomma, quello della "varietà" della flotta, che oltretutto per Alitalia impegna più del doppio di fabbricanti rispetto ad AA, è uno degli indicatori di come stia messa sin dall'origine la nostra compagnia. Io non starei tanto a cincischiare e farei invece un tosto e gagliardo intervento politico di entrambi gli schieramenti per spuntare il massimo da Air France-Klm (che peraltro controlla anche altre sei compagnie "minori") e chiuderei quanto prima la partita.

26.3.08

Piccolo grande mondo

ALCUNE COSE CHE succedono: far cominciare il campionato di baseball statunitense in Giappone è un'idea geniale (con la partita tra i Red Sox di Boston e gli A di Oakland; Motorola si divide in due, visto che sta perdendo mercato alla velocità della luce (colpa sua: non ha saputo capitalizzare il successo del Razr) e i vincitori sono Nokia e Samsung; Tata si compra Jaguar e Land Rover dalla Ford, ma gli inglesi non urlano alla fine del mondo, nonostante gli indiani fossero la più popolosa tra le colonie della Corona e la Ford sia invece il simbolo della ex-colonia più rimpianta; stanotte, infine, c'è stata la finalona di American Idol, mica palle...

(Ops: osserva Luca che sono tre anni che le partite di campionato Usa del baseball cominciano in Giappone... Si vede che ero perso in una grotta senza corrente e televisione...).

Il video della Young Men's Christian Association (Alias: YMCA)

LO SCOPO DEI virali è esattamente quanto segue: essere linkati e mostrati. Dai, facciamolo, nonostante la politica sia un tema più triste dell'economia, in questo Paese.



Comunque, tre considerazioni e un commento:

- ma solo a Roma e con facce di romani l'hanno girato?
- i diritti ai Village People li avranno pagati? E il testo originale lo conoscevano?
- "senza Dini perché"... insomma, non siamo parenti ma preferivo non sentirmi citato...

Il commento: le parole sono ipnotiche, le facce pure, l'operazione di un triste che sconfina nel geniale. Che dire... A voi cosa sembra? Piace? Cambia l'Italia e sposta quel 5% di voti che mancano?

AGGIORNAMENTO: come avrete notato (il video non c'è più), i Village People o chi per loro si sono posti il mio stesso problema dei diritti d'autore e hanno fatto togliere il video: nel budget di 65 euro non ci stava dentro un donwload da iTunes...

Comunque, usare la base di una canzone per candidarsi a presidente del Consiglio non è "a fine di lucro": non c'era il fair use in Italia?

La modista e altre storie dalla never never land di Bellano

C'È CHI LO definisce senza tentennamenti come "sublime, perfetto, bravissimo". C'è chi dice che il medico condotto di Bellano, in provincia di Lecco, "oramai in prestito permanente alla letteratura" si sia ritagliato un suo posto tra gli autori italiani. È un piccolo fenomeno di provincia, Andrea Vitali, che ha fatto del suo piccolo paese lacustre e del suo felice controllo della lingua italiana (sempre croccante, scherzosa, al limite del dialettale ma con la trasparenza di un italiano limato da traduttore), il motore dietro il successo dei suoi romanzi, animati da piccoli ed equilibrati congegni narrativi che non stancano neanche dopo l'ultima riproposizione. Il suo ultimo romanzo, La modista, è ambientato come la mezza dozzina dei precedenti a Bellano, paese reale e fantastico, in cui alla toponomastica favolosa si sovrappone un'ancor più favolistica capacità di trovare nomi per i suoi personaggi: la guardia notturna Firmato Bicicli, l'appuntato dei Carabinieri Marinara e il suo siculo superiore maresciallo Accadi, la bella modista Anna Montani e il suo compagno Romeo Gargassa, il giovane giornalista benestante Eugenio Pochezza e la di lui madre, Eutrice. Oppure il Fès, il Ciliegia e il Picchio, i tre giovinastri del paese, insieme alla Austera Petacchi, cuoca di casa Pochezza, e la figlia Ersilia.

Un microcosmo che Garzanti, l'editore del fenomeno di provincia (compiaciuto dal crescente successo del suo "puledro" nato in verità per i tipi di Camunia), propone con l'etichetta di "Commedia all'Italiana", intendendo (io credo) la commedia alla De Sica padre, quella dove Mastroianni giovane, Sordi giovane, Manfredi giovane, si accompagnavano alle Loren, alle Bosè, alle Lollobrigida. A questo si unisce ovviamente anche l'altro aspetto, giocato sulla memoria e che fa da determinante del successo: l'ambientazione a cavallo tra la prima e la seconda guerra, il primo e il secondo dopoguerra, l'Italia in camicia nera e quella della Repubblica neonata. Un'ambientazione che da sola attrae e rende colorite le descrizioni d'ambiente essenziali, al limite dell'inesistente.

I meriti di Vitali sono tanti: azzecca le maschere e le atmosfere, controlla la lingua, ha ritmo e fa seguire con piacere l'entrata e l'uscita di scena dei suoi personaggi. La sua passione per la scrittura mainstream, paragonata a Piero Chiara (che era in effetti di quelle parti) e a Guareschi (più che altro per la serialità dei personaggi) pare a metà fra lo sceneggiato Rai (già me li vedo a discutere dei diritti per il passaggio televisivo) e la leggerezza un po' andata a male sul lungolago. Vitali si prende anche il permesso di sperimentare un po', tra lingua e dialetto, ma sempre con garbo. Gli interessa invece esplorare le maschere della provincia lacustre (da ragazzino io andavo a fare i ritiri spirituali ad Eupilio, a pochi chilometri di distanza) che azzecca nel suo lato bonaccione e di storie da raccontare tra amici.

Già, quali storie? Come ogni bravo medico condotto, Vitali riesce a cogliere i due lati di ogni storia: quello da favola, da racconto della provincia, e quello più forte, fosco, della vita densa di fregature e porcate. L'aspetto magico e quello "fisiologico". Il miracolo non è nella collezione di aneddoti e di intrecci della trama, se miracolo vogliamo definire l'equilibrio delle composizioni di Vitali. Quello che tocca e che vale davvero è la capacità di stare a metà fra la vita vera, che si brucia e si abbrutisce, velandola con il distacco della vita di paese, in cui i desideri e gli errori, i drammi e le tragedie sono sempre presi un po' in tralice, un po' di sfuggita. A Vitali, più che l'etichetta di Piero Chiara, suo corregionario ma ammalato di tutt'altro male, toccherebbe invece quella di P. G. Wodehouse. Con meno humor surreale e britannico distacco ma con lo stesso desiderio di costruire una never never land, uno stato della mente in cui si incontrano l'adulto e il fanciullo, senza confini di tempo e di spazio. È la dimensione della storia, quella che si può raccontare a pranzo o in salotto con le signore e i bambini presenti, perché i piani di lettura sono molti e l'orrido rimane confinato nella mente di chi ne ha già fatto l'esperienza.

20.3.08

Thin Air

SETTIMANA DI INTERESSANTI commenti sul nuovo piccolo portatile di Apple, il MacBook Air. Dopo le osservazioni italiane venute da Nova24, è la volta di nuovo degli americani. Parte alla grande il capo della tecnologia di Newsweek, Steven Levy: la moglie per errore glielo ha buttato via (è finito in mezzo alle vecchie riviste da cestinare). Lui commenta filosofico: che ci volete fare, è talmente sottile che sta in una busta, il rischio di perderlo faceva parte del gioco...



Poi, John Gruber, alias Daring Fireball, subisce il fascino della statistica e spiega tutto sul posizionamento della sottiletta (io l'avevo recensita qui e qui), arrivando a paragonarla ad una spider (come la Duetto) o all'iPod mini.

Infine, Tim, il blogger avvocato di Surfbits, con calma e passo sicuro spiega come per lui il MacBook Air abbia fatto la differenza: un computer dal quale non si separa mai e che si "sveglia" istantaneamente. Cosa vuoi di più dalla vita?

19.3.08

Addio, Arthur

È SCOMPARSO STANOTTE, a 90 anni, Arthur C. Clarke. Il ricordo del NYT e il suo messaggio augurale e di commiato su YouTube, registrato lo scorso dicembre.

La "C." stava per Charles...

Ps: ieri a 54 anni è scomparso anche Anthony Mighella, il registra tra gli altri del Paziente inglese

17.3.08

Feticci d'Europa e d'America, unitevi...

SPETTACOLARE ANALISI DEI tempi moderni sul Corriere di oggi. Lunga disquisizione (con box che riporta le opinioni specularmente opposte) sul feticcio, il senso della vita consumistica di oggi, il tatuaggio tribale, la voglia di comprare, la scarpetta di Prada e l'anima (dannata) dei prodotti. Una pagina da sociologia e antropologia dei consumi nella Terza del Corsera che solitamente considera attualità culturale stringente la questione delle terre irredente nella prospettiva di d'Annunzio oppure questione irrisolta e immediata il "nodo del '48" (inteso come 1848) rispetto al nostro Risorgimento. Poi dicono che un po' di sana attualità teorica non fa bene. Si vede che era in corta il responsabile della pagina.

Peccato solo che non si capisca un accidente di quello che dice l'articolo. Ma non importa: premiamo l'impegno.

Money Quote: È un tema studiato anche in Italia (si veda il numero del 1995 di Parolechiave curato da Claudio Pavone intitolato «La memoria e le cose») che fa presagire l'esito di questa «storia come feticcio»: quando tutti gli archivi saranno digitalizzati, o si sapranno «mettere in opera» i documenti (come sosteneva Foucault) oppure lo storico d'archivio non avrà più senso.

???, mi chiedo.

Impressionante anche l'occhiello del pezzo: LA PSICOANALISTA AMERICANA KAPLAN RIFLETTE SUL «VOLTO PRIMITIVO DEL MONDO CONTEMPORANEO». Sergio Romano dev'essere lì che gongola mentre rilegge la biografia del Savonarola.

13.3.08

Eadem Caesar...

È UN PERIODO fortunato per motivi diversi. Uno di questi è la serie di buoni libri che sto leggendo: un caso, ma uno dopo l'altro vengono fuori testi che vale la pena. Bello, soprattutto finché durerà. Sono però preso anche da qualche carpiato volante lavorativo, in attesa del prossimo, immane Carpiato Selvaggio (che cerco di rinviare per renderlo ancora più selvaggio e violento), e quindi non ne riesco a parlare adesso nel dettaglio come vorrei.

Ci sono anche altre cose, ovviamente. La vita è fatta di mille fili che si attorcigliano quotidianamente. Ad esempio, c'è un lungo discorso su Stargate SG-1 di cui sto lentamente assorbendo l'opera integrale (sono all'ottava stagione, ho iniziato a ottobre - se non sbaglio - a vedermeli e rivedermeli tutti, e mi fanno compagnia da molte sere) e di cui sono ogni giorno più entusiasta. Sono dieci stagioni in tutto, quelle di Stargate: dieci anni della vita degli attori e degli spettatori, dieci anni di storie riunite in un ciclo significativo anche per l'effetto che ha avuto sull'industria televisiva canadese, sulla fantascienza in tivù (così come lo ebbe a suo tempo il film originale con l'ottimo James Spader) e su varie altre cose.

Ho pure formulato una teoria sul perché mi affascini l'idea del viaggio istantaneo fra le stelle grazie allo Stargate e al wormhole: i loro dieci anni di viaggi sono la mia vita degli ultimi sette, saltando da un aereo all'altro che mi proietta in un lampo (veramente un lampo dalla mia soggettiva, perché in aereo riesco a dormire come una talpa in letargo per il 90% del volo) da un continente all'altro. Poi, dentro Stargate c'è anche (sempre più sfumata) la fascinazione per l'Antico Egitto, che è la fase della vita in cui sono "sepolto" da sempre (la seconda fase di un bambino, la prima è quella dei dinosauri che in realtà a me non ha mai preso più di tanto), forse perché seguo l'idea che il futuro vada cercato e scavato nel passato.

Il che mi fa arrivare, tramite impervie scalette a chiocciola sinaptiche, all'idea di questo post. Che è sulla teoria della cospirazione, cioè sulla rivisitazione con animo consolatorio (si cerca una teoria forte, misteriosa e unificante quando si vaga nell'incertezza del tempo presente) della storia. Quanti Grandi Vecchi, arcani intrighi e quante massonerie nell'ombra che affollano le menti dei nostri concittadini e degli abitanti di paesi di tutto il mondo occidentale. Quanta spazzatura. O meglio, quanta ignoranza. Mi è venuto in mente inciampando in una vecchia citazione di Plinio: un buon principe approva e disapprova le stesse cose del Senato (Eadem Caesar quae senatus probat improbatque). Altro che cospirazioni, questa è la mano invisibile della società all'opera...

12.3.08

Cold start

DOVE FARE IL primo avvio di un nuovissimo MacBook Air? Ma ovviamente sulle nevi di Madonna di Campiglio...

In questo modo si possono provare al meglio le doti di questo modello in particolare, che è dotato anziché di un hard disk, di una bancata di memoria Flash da 64 GB. La partenza a freddo è garantita, senza parti in movimento, anche a temperature abbastanza estreme!



Solo per dire che poi c'è la mia lunga prova/recensione dell'oggetto anche su Macity. Ovvia continuazione del mio Emozione Apple

11.3.08

Questioni di budget

SECONDO LA COMMISSIONE Difesa della camera dei Comuni della Gran Bretagna, le guerre in Afghanistan e Iraq costano più del previsto per il governo britannico. La spesa passa infatti da 1,6 miliardi di sterline (circa 2,4 miliardi di euro) a 3 miliardi di sterline (circa 4,5 miliardi di euro). Sull'altra sponda dell'Atlantico Joseph E. Stiglitz (premio Nobel per l'economia), con il suo libro appena uscito The three trillion dollar war, prevede che invece la spesa americana per le due guerre arriverà nel 2017 a una cifra compresa tra i 1.700 e i 2.700 miliardi di dollari (circa tra i 1.100 e i 1.760 miliardi di euro).

9.3.08

Gary B. Trudeau

SICCOME È DOMENICA (sono sicuro che l'abbiate già capito...) è tempo di Doonesbury!

4.3.08

Il momento più difficile? L'atterraggio, ragazzi, non ci sbagliamo

È UNO DEI temi di cui si discute spesso: quando è che si tocca il culmine del pericolo in un volo. Pochi giorni fa ad Amburgo, su un volo Lufthansa proveniente da Monaco di Baviera, il momento topico (come sempre) è stato l'atterraggio disturbato dal forte vento trasversale.



La manovra peraltro è stata molto corretta, praticamente da manuale: ci si mette di traverso, con le ali livellate, e si corregge solo all'ultimo momento l'allineamento. Peccato che in questo caso una turbolenza sopra la pista abbia praticamente dato un "calcione" all'aereo, facendogli rischiare di impattare l'ala sinistra con il suolo (rischi di danni in realtà molto ridotti). Il pilota, che a quel punto era troppo instabile per correggere con la poca pista rimasta, ha giustamente riattaccato pur avendo già toccato con una ruota. Differente la musica (e il tipo di aereo, non un A320 ma un grosso Md-11) per questo atterraggio un po' troppo spettacolare di Alitalia:



In questo caso il pilota non guidava, guidava l'aereo. Lui era più simile a uno che scommette su rosso&nero. Fortunatamente per tutti, ci ha preso. L'errore è stato nell'allineamento finale, fatto troppo tardi a carrello già poggiato. Qualche metro più a destra e metteva il carrello posteriore di quel lato fuori della pista. La manovra da manuale, invece, è questa, fatta da un 747 della Korean Air:

3.3.08

Festa della donna

DA TEMPO NON ho una opinione sulla festa della donna, l'8 marzo. Perché fondamentalmente non c'è modo di averne una: appartengo all'altro genere e quando regalo mimose (alle quali peraltro sono allergico in maniera patologica) le stesse persone in anni differenti hanno reazioni opposte. Non sempre piacevoli. Ergo: non mi pronuncio più.

Però mi pare il caso di sottolineare che quest'anno l'8 marzo ha una profondità particolare: è infatti passato un secolo preciso da quando 15 mila donne decisero di marciare lungo le strade di New York per chiedere stipendi migliori, orari di lavoro più brevi e il diritto di voto. Ecco, se ci si concentra un attimo sulle motivazioni storiche per le quali esiste l'8 marzo, forse si raggiunge anche il consensus necessario tra generi per evitare le solite banalità da aperitivo (che peraltro arrivano puntuali su radio, televisioni e giornali) e magari se ne apprezza di più il valore simbolico.

Quindi, previa dose massiccia di antistaminici, io quest'anno ci riprovo a portare qualche mimosa. Sai mai che poi un sorriso e la coscienza della reciproca comprensione non diventino la regola anche per gli anni a venire?

Foster & Partners

A PECHINO È stato un fine settimana indaffarato: hanno inaugurato il nuovo terminal mega-galattico, il più moderno al mondo. Senza badare a spese, direi. Il design è interessante, aspetto di poterlo visitare...

2.3.08

La materia della memoria - Flashdance

SIAMO FATTI DI quello che vediamo. Perlomeno, così parrebbe. La mia generazione, ad esempio, è stata attraversata da varie "scosse". La prima che vorrei segnalare è Flashdance



L'impatto di questo film è pazzesco. Se lo ricordano tutti, tutti lo hanno visto, tutti lo riconoscono. Oltretutto, all'epoca ha raggiunto lo status di "classico istantaneo" grazie alle infinite repliche e "inglobamenti" in altri film e soprattutto telefilm. La televisione lo ha metabolizzato e riproposto per anni: ha definito in parte l'idea degli Ottanta. Qui sotto, un estratto in versione francese da TJ Hooker, con Heather Locklear che balla. Almeno, secondo lei... Merita davvero!



Tra le altre cose, la protagonista di Flashdance, cioè Jennifer Beals, dopo anni di piccole parti, ha riguadagnato la ribalta grazie ad una serie televisiva: The L Word

"That" window

POI DICONO CHE Scrubs non è magico...

Doonesbury

SICCOME È DI nuovo domenica, è anche tempo di Gary B. Trudeau...