4.4.07

La difficile vita del giovane Toto Pessoa, che fatica con le scarpe sporche di polvere digitale

DICEVA NON MI ricordo più quale giornalista "storico" del nostro Paese che le scarpe del cronista si devono consumare. Se non gli fanno male i piedi, la sera, vuol dire che non ha fatto bene il suo lavoro.

Nelle mie peregrinazioni dentro Second Life con il nome di Toto Pessoa per conto di Radio24 - siamo giunti alla quarta settimana, che poi sarebbe un mese - ho visto cose che voi umani etc. etc. Ma soprattutto, sono sommerso di persone. Io credevo: vai in un mondo virtuale e là saranno i panorami digitali a colpirti, lo strano, l'incredibile, il surreale, magari anche il vietato. Invece no, sei stupito dalle persone. Italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, americani e britannici (vallo a sapere chi sono) che incontri. Tutti disponibili, motivati, educati e pure un po' troppo per bene.

Il punto è che sono tanti. Davvero tanti. Dicono in molti - dal punto di vista proprio della popolazione virtuale - che Second Life è un po' una fregatura, nel senso che non ci sono quelle folle oceaniche che piacciono tanto ai guru del Web 2.0 e dell'Open Source (quelle che se siamo meno di due milioni a quanto pare non ci si diverte). Ma a me, che sono uno solo, girellare e trovare prima uno, poi un altro, poi cinque o sei, poi dieci e domani si ricomincia mi sta mandando un po' in confusione. Mi sembra di fare il taxista di me stesso. Ogni quindici minuti una o due persone nuove. Che ti raccontano, hanno una loro identità, una storia, ti lasciano messaggi, ti contattano. E non ho mai incontrato due volte la stessa persona. Ma quanti siete, là fuori?

Dev'essere che io il pifferaio magico proprio non lo so fare...

1 commento:

Riccardo Campaci ha detto...

E' un modo per evadere dal "tran tran" quotidiano attreverso il "tran tran" virtuale... :-)