14.8.05

Il Toti, Milano e noi

(cliccando sulle immagini è possibile ingrandirle)




DA OGGI IL mondo è diviso in due: quelli che ieri notte erano in strada a veder passare l'Enrico Toti, sottomarino regalato dalla Marina Militare al Museo della Scienza e della Tecnologia, e quelli che invece non c'erano.



Non cambierà niente, ma quando saremo polvere e i turisti in visita al museo si chiederanno (o non si chiederanno affatto) come quel grossi siluro nero di metallo abbia mai potuto raggiungere la sua collocazione nel centro di Milano, noi rideremo e penseremo: avremmo potuto spiegarvelo noi che c'eravamo, o anime belle!



Fummo noi che in quell'antivigilia di Ferragosto del 2005 seguimmo, chi per ore, chi per pochi minuti, chi per tutta la notte, il cammino della bestia attraverso la città. E comprendemmo per un attimo la complessa artificialità dell'ambiente urbano per sottile contrasto con l'assodata artificialità del mezzo meccanico.



Enrico Toti attraverso Milano in una notte d'agosto dell'inizio del XXI secolo. Si tratta di storia minore, quella storia che forse solo gli appassionati saranno in grado di recuperare da qualche filmato, da un po' di foto, in qualche pdf di giornali ormai scomparsi e magari nei testi di studiosi e appassionati locali. Magari nei racconti dei reduci e chissà cosa d'altro.



Noi che fummo lì, noi che camminammo tra i fumi puzzolenti dei motori imballati per lo sforzo di trascinare la bestia, noi che ci stupimmo di quanti milanesi fossero rimasti in città nonostante l'estate al culmine (e nonostante nei telegiornali non passasse giorno senza che la cosa ci venisse ribadita fino allo stremo), noi che ci scostammo urtati dalla folla indisponente che rallentava il lavoro dei traslocatori (il genio, la marina, l'atm, il museo, il comune e chissà cos'altro, tutti allegri e incazzosi), sappiamo bene.



Il paradosso del sottomarino che "naviga" le acque cittadine, svelando l'intrico di ostacoli naturali (come quelle case che una volta che ci sei dentro non riesci a farci entrare il divano nuovo) che ci circonda come una gabbia mentale, è in realtà solo uno dei tanti passaggi per la "micro-storia" sociale. Per esempio, cos'è successo nei quattro anni di stop a Cremona?



E' cambiata la gestione del museo. La prima, quella che aveva il contatto con la Marina ed aveva recuperato il mezzo a costo zero, è stata "silurata" proprio prendendo spunto da questa vicenda: piani velleitari, impossibile il trasporto, anche qualche accusa di incompetenza, e a una fazione se n'è sostituita un'altra... Poi la successiva gestione, quella attuale cioè, ha addirittura rispolverato - dopo un tempo ragionevole - i vecchi progetti e studi di fattibilità per il trasloco e sfruttato appieno la macchina pubblicitaria che si è spontaneamente avviata con l'operazione.



Ma il bestione probabilmente non finirà di stupirci. Tra tanti vincitori e tanti vinti (come sempre capita nella vita) c'è spazio anche per le normali vicende. La benefica ricaduta di veder passare un sottomarino (turbo-diesel, non atomico) per le strade di Milano ha evidentemente salvato anche i capiservizio di tante redazioni di telegiornale: pipponi di venti minuti per tutta Italia (e notizie vendute nel mondo intero) per testimoniare il folklore e la stranezza della cosa. Ma è così rilevante, poi, uscendo dalla cerchia della tangenziale, sapere che è passato un sottomarino per le strade del centro e che in 70mila sono stati lì a fotografarlo coi telefonini e le videocamere digitali?



A dicembre, dicono, si potrà visitarne l'interno. Le prenotazioni sono già esaurite per mesi e mesi. Il tempo è galantuomo e passa sempre, alla sua velocità costante. Non tutti si ricorderanno del bestione e andranno a visitarlo. A molti è bastato far baldoria un sabato sera nel centro di Milano, o anche in periferia (viale Monza, un pezzo di quella più esterna tra le circonvallazioni) per essere soddisfatti. Altri vivranno consumati dall'attesa. Altri chissà. Le promesse di una notte d'agosto non sempre si mantengono: la vita cambia, non si ferma, e ci fa cambiare con lei.



La cosa impressionante, muovendosi nella folla cazzona e cazzeggiante di donne, bambini, vecchi e giovani, è una costatazione. L'Italia, o perlomeno Milano, è abitata da un popolo di ingegneri civili, esperti di logistica, geometri traslocatori. Le spiegazioni della folla per la folla su cosa e come e chi e perché e in che modo signora mia erano esilaranti. Uno spaccato di "sappiamotuttismo" estremo. Stiamo diventando come la folla di comparse che recitano il ruolo degli spettatori newyorkesi partecipanti alla disgrazia di turno (Godzilla, 11 settembre, era glaciale), oramai magmatico mostro dalle mille teste dei film catastrofisti, autentico coro tragicamente saputello degli eventi della vita, produttore di senso a tutti i costi, anche quando non ha soldi? Pare di sì...



La notte bianca (ma non si diceva "in bianco"?) del sindaco uscente Gabriele Albertini, dell'ammiraglio tal dei tali e di un po' di altri papaveri in cerca di popolo e di elettori, piccola fiera delle vanità locali, è passata tra i lavoranti delle televisioni locali e della cronaca milanese. I colleghi sul campo, che si sbattono per raccontare ciascuno le sue ambizioni travestite da servizio della vita, l'articolo perfetto, la cronaca più pura del cristallo. Lode a tutti i teorici dell'informazione popolare che viene dal basso, perché la categoria dei tuttologi dilettanti niente può contro l'ambizione scalpitante di questi botoli ringhianti della notizia, carne da cannone della cronaca, tuttologi professionisti.



Adesso anche il famoso Toti, di cui pochi in realtà sanno o hanno motivo per interessarsi alla storia e al contesto della Guerra fredda in cui "navigava", ha trovato la sua dimora per un bel po' di tempo a venire. Le cose non durano per sempre e rimanervi legati è male: impedisce di elevarci. Ma testimoniare la storia è giusto, perché educa a conoscere. E' quello strato sottile di storia non scritta e non rilevante che imbarazza e forse stupisce: le micro-storie di una folla la notte per le strade di Milano a seguire la bestia, i ricordi che si perdono come lacrime nella pioggia. Quella sera, chi c'era ha vissuto. Chi non c'era, ovviamente, anche...

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