31.8.05

MacTorola, iPod non più mini o cosa?

IL PROSSIMO 7 settebre Apple ha invitato a San Francisco - al Moscone Center nel cuore della città - un tot di giornalisti e personaggi vari per una "segretissima" presentazione. Cosa presenteranno? In ballo ci sono telefoni sviluppati con Motorola per scaricare ed ascoltare la musica di iTunes Music Store, iPod shuffle da 4 Gigabyte, video iPod con film e videoclip musicali da scaricare e chissà cosa d'altro L'unico elemento certo, sinora, è l'invito. Nel senso, il cartoncino. Quello qui sotto. Il resto, sono fantasie...

30.8.05

Born to fly

CONTINUA LA TELENOVELA: adesso tocca a noi entrare in possesso, come scrivono i nostri giornali, di provvisorie e parziali liste di vettori di linea (ma poi fanno tutti charter o peggio? Mah?) che sono verboten sul suolo patrio. Si tratta, scrive questa volta il Corriere della Sera di cinque compagnie: Hemus Air (Bulgaria), Kuban Airlines (Russia), Bgb Air, Gst Aero, Aircompany e Ozu-Avia Air Company (tutte e tre del Kazakistan). Di ciascuna il quotidiano milanese fornisce anche una striminzita spiega. Notare che ci sono due charter e tre cargo. Pubblichiamo una lista in cui diciamo pubblicamente ai passeggeri: "quel cargo non può volare in Italia!"? E chi se ne frega?

Dopodiché, ci si impelaga ancora di più, in quello che è esattamente il contrario dell'obiettivo. Se vogliamo rendere più trasparente per i consumatori il trasporto aereo e quindi più sicuro perché si offrono criteri di valutazione e di scelta - questo è l'obiettivo - pare che si remi nella direzione esattamente opposta. Primo: si pubblicano liste di vettori che la gente non sa neanche di che diavolo stiamo parlando. Le regole sono astruse, le esclusioni parziali e cavilose (revocano i permessi anche se la pulizia dei sedili non è superiore a un certo standard, ma di solito gli aerei non cascano per via delle briciole e delle macchie di caffé), al telegiornale - fonte di imprecisioni galattiche - pare di capire che i capotreno controllino più accuratamente il locale Pinerolo-Mondovì di quel che non facciano gli sfigati di Fiumicino o Linate (son tutti dipendenti statali, signora mia, cosa s'aspettava?). In sostanza, se va bene la fiducia negli aerei è meno mille.



Da notare che la gente che ha strizza è la stessa che anziché comprarsi due biglietti Ryanair (un incidente aereo in dieci anni) preferisce farsi un charter del suo tour operator di fiducia sotto casa che non dirà neanche sotto tortura su quale carretta d'aereo li farà volare. E c'è un motivo: non lo sa, lo decide all'ultimo, in una sorta di asta al ribasso della carne di vacca per spuntare l'operatore più sfigato che fa pagare meno.

Vogliamo fare una bella cosa? Pubblichiamo una lista europea - e armonizziamo i divieti di sorvolo e atterraggio - comune in cui siano indicati chiaramente: quelli che da noi (in tutti i paesi dell'unione) non vengono, per la cronaca (così se li incontri all'estero non li prendi), quelli che da noi vanno benissimo (stella d'oro), quelli che vanno normali (stella d'argento) sulla base delle rilevazioni standard. In più, stella rossa a quelli che sono stati sospesi almeno un trimestre negli ultimi cinque anni (poi il conto s'azzera). Dopodiché la stella d'oro, d'argento o rossa obblighiamo le compagnie a stamparla sul biglietto aereo insieme al nome del vettore e al tipo di apparecchio, comprensivo di numero di identificazione (gli aerei hanno un numero di registrazione che si portano dietro sino a che non vengono reimmatricolati, un po' come le targhe delle auto, ed è una cosa diversa dal numero del volo, che identifica solo un certo servizio sulla tratta) e a distribuire opuscoli chiari in cui si spiega su quali standard viene fatto l'auditing alle compagnie aeree. Signora mia, la vede questa bella stella rossa? Vuol dire che l'anno scorso volare con questi signori era vietato per timore che gli si rompesse l'aereo a diecimila metri sopra l'Appennino. Poi hanno fatto i compiti e adesso rivolano, ma li teniamo d'occhio, sai mai...

E poi vediamo cosa fanno i passeggeri...

Diario minimo

SCUSATE IL TONO forse eccessivamente personale, ma volevo lasciare una traccia per mia memoria e questo posto è probabilmente il luogo più acconcio. Stasera ho chiuso un libro senza finire di leggerlo e con l'intenzione di non riprenderlo mai più. Non è una cosa comune, per me, soprattutto con questo libro, che per cinque anni mi ha accommpaganto di giorno e di notte. Passerà, ci sono tanti altri libri da leggere, nel mondo. A me basta trovarne un altro.

29.8.05

Colpazzo di reni (aggiornato)

PARTE IL CAMPIONATO di calcio targato Mediaset (un'alluvione da far rimpiangere gli anni precedenti, altro che sinergie di gruppo), nei bar e nelle stazioni di Milano arriva oggi il primo numero del nuovo free press Sports (che non ho capito di chi sia: l'editore è romano e si chiama Smileditoriale Srl, la pubblicità la raccoglie la System del Sole 24 Ore, gli articoli son scritti coi piedi), stano evacuando New Orlenas perché nessuno si era premunito contro tifoni e trombe d'aria (che gli americani siano peggio di noi?) e infine il Corriere riporta due cose interessanti.

La prima, che Apple e la musica online stanno per avere di che discutere, visto anche il crollo delle vendite dei cd. Insomma, le major vogliono rompere il giocattolo? Mi permetto di segnalare questo mio e quest'altro più aggiornati e chiari su questo passaggio della vicenda. In sintesi, le case discografiche non ne fanno una questione di prezzo, ma di dimensioni. Apple non riuscirà mai a scalare, secondo loro, abbastanza da superare la soglia del 2-5% di vendite online rispetto all'intero mercato discografico (che sta franando...). L'obiettivo è il 25%, raggiungibile solo "sbloccando" il monopolio di Apple e aprendo la via a un po' di competizione. Il problema? Che l'iPod funziona solo con iTunes Music Store e prende da solo l'80% del mercato dei lettori digitali...

La seconda viene invece dal filone aeronautico. Polemiche in Italia perché non si vuol rendere pubblica la lista delle compagnie aree bandite nel nostro Paese, mentre l'Unione europea vorrebbe. La Francia lo ha fatto, riporta il Corriere, indicando le "sei terribili" compagnie bandite: Air Koryo (Corea del Nord), Air Saint-Thomas (Stati Uniti), International Air Services (Liberia), Linhas Aereas de Moçambique e la collegata Transairways (Mozambico). La sesta, che prima non era nota, è la Phuket Airlines (Thailandia).

In velocità, perché l'ultimissimo colpo di reni incombe: Air Koryo è la compagnia di bandiera (e l'unica compagnia aerea, se è per questo) della Corea del Nord, non vola fuori dall'Estremo Oriente se non per missioni diplomatiche e raramente serve per i voli turistici interni. Raramente perché in Corea del Nord non c'è turismo... Air Saint-Thomas è talmente piccola che non c'è: su Internet non se ne trova traccia a cercarla col lumicino. In Europa non risulta poi essere mai pervenuta. International Air Services non esiste, perlomeno non con questa dizione. Linhas Aereas de Moçambique (LAM) non ha jet che volino da più di un anno (ed è la compagnia di bandiera di quel Paese) e Transairways - sempre del Mozambico - è un charter di terza fila.

Per la matricola, cioè Phuket Airlines, fa voli regionali e pochi charter che arrivano solo a Londra. A maggio il governo di quel Paese aveva momentaneamente sospeso la licenza per "problemi di sicurezza". Il volo 9R 618 ha avuto il ridicolo problema del serbatoio troppo pieno che spillava carburante e per due volte non è partito, provocando l'isteria dei passeggeri diretti a Londra da Bankok lo scorso 2 aprile.

Insomma: accipicchia che suggerimenti strategici... A quando i controlli sulle compagnie - e sono davvero tante - che volano in Europa con basi nei paesi dell'Unione e limitrofi (tipo Est europeo)? Da noi sono registrate 19 compagnie aeree, dalla stranota Alitalia sino (ne prendo due a caso, solo perché non le conosco per niente) ad Alidaunia ed AirVallée. Roba serissima e ben fatta, strasicura - di certo - però un bel bollino o un punteggio per la gioia dei consumatori non ci starebbe male... Poi magari si scopre che è Alitalia quella più precaria, sai mai te...

Scusate, ma ora torno a colpire il tavolo col rene destro.

Aggiornamento: Anche il Belgio pubblica la sua lista nera di vettori non autorizzati a volare dalle sue parti. Dice Repubblica che si tratta prevalentemente di voli cargo e le compagnie sono: Africa lines (Repubblica centroafricana), Air Memphis (Egitto), Air Van airlines (Armenia), Central air express (Repubblica democratica del Congo), I.c.t.t.p.w. (Libia), International air tour limited (Nigeria), Johnsons air limited (Ghana), Silverback cargo freighters (Ruanda), Sourth airlines (Ucraina). Su di loro a breve mie informazioni. Una sola nota: si tratta di compagnie straniere e che hanno limitatissimi rapporto con i nostri mercati. Consiglio di nuovo la pubblicazione di un audit di sicurezza delle compagnie aeree nostrane, per trasparenza verso il pubblico e per evitare di prenderci in giro. Esistono più di duemila compagnie aree al mondo, il 90% delle quali praticamente irrilevanti e sconosciute. Chi se ne frega della Icttpw libica? (che, peraltro, non pare esistere con quella dizione da nessuna parte del mondo...alla faccia dell'avvvertimento: non volate con una compagnia che non esiste o che più probabilmente ha un'altra dizione commerciale... mah!)

Nel frattempo Ask The Pillot, la rubrica tenuta su Salon dal pilota Patrick Smith (ha fatto anche un libro tradotto in italiano e di divertente lettura mi dicono) affronta il tema dei disastri aerei e della cattiva informazione al riguardo. Si legge qui, in inglese, dopo aver passato l'immancabile pubblicità

28.8.05

La volta che un sogno diventò famoso...

CE NE STAVAMO tutti dimenticando. Sui giornali oggi non c'è una mezza riga: i Tg della sera ne parleranno solo perché lo vedono come l'ho visto io su quelli statunitensi sfalsati di sei-nove ore. O forse no. Comunque, oggi Martin Luther King Jr. - nel 1963 al termine della marcia per il lavoro e la libertà, dall'improvvisato palco del Lincoln Memorial di Washington - pronunciò uno dei più famosi discorsi della storia: I Have a Dream. Talmente famoso che negli Usa i ragazzini lo studiano a scuola.

Il passaggio chiave, quello più citato, è questo:

I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident: that all men are created equal." I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at a table of brotherhood. I have a dream that one day even the state of Mississippi, a desert state, sweltering with the heat of injustice and oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice. I have a dream that my four children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character. I have a dream today.

Una nota di colore: Martin Luther King e poi la fondazione che gestisce la sua eredità, hanno combattuto battaglie legali toste per registrare i diritti di replica del discorso, originariamente ripreso da radio e televisioni, e poter così avere il pagamento di una royalty ogni volta che viene trasmesso...

26.8.05

L'estate amara


LA STORIA D'AMORE dell'estate ha, com'era facilmente prevedibile, un sapore amaro. E' la storia di Cecilia, la piccola bambina di un rifugiato russo, scappato nella capitale francese per fuggire il regime sovietico, e di una giovane dama spagnola, figlia dell'ambasciatore, innamorata di Parigi.

Cecilia cresce nella città dei lumi, studiando diritto, sognando di cantare e cominciando una timida carriera da modella. A un certo punto gira un angolo, seguendo le sue antiche passioni, e s'innamora di Jacques, bravo e affascinante uomo di spettacolo che sposa nel 1984 e al quale dà una figlia pochi mesi dopo. Ma niente è per sempre, scopre un giorno Cecilia. Lo scopre quando incontra il sindaco di Neuilly-sur-Seine, uno dei sobborghi dell'amata Parigi, nel 1989.

Il giovane Nicolas, figlio anche lui di immigrati ma ungheresi, è anche bello, a modo suo, ma soprattutto affascinante e pieno di iniziative. Fa della politica una missione, del carisma un'arma, della leadeship un marchio. E la giovane Cecilia non può resistere: prende la sua mano un giorno e gli sussurra: "Saliremo insieme le scale del parlamento". Jacques, invece, non è più destino che salga alcuna scala con Cecilia.

L'amore sboccia così come pare che debba essere: Cecilia diventa l'inseparabile donna accanto all'uomo brillante, al politico di spicco. La carriera di Nicolas cresce, diventa dominante nel panorama francese al punto che la stessa Parigi va stretta: si parla di governare il Paese. Accanto a Nicolas, Cecilia è la donna che sempre gli uomini sognano. Lo cura, lo rincuora, è capo del suo staff, sceglie persino le sue cravatte e non c'è foto dell'uno che non ritragga anche l'altra. Hanno un figlio insieme, sono vicini per anni.

Nicolas è uomo, ministro e politico di destra. Affronta tutto di petto, anche le voci che il suo matrimonio si vada sfaldando, andando più volte a parlarne in televisione. Dice: "Abbiamo difficoltà coniugali, come purtroppo spesso capita nelle famiglie, ma io amo Cecilia e la saprò riconquistare. Ad agosto saremo lontani, per riflettere e capire". Lei, intanto, si è dimessa da tutte le cariche al ministero e nell'entourage del marito.

Ad agosto Cecilia diventa la più fotografata dai giornali: per la prima volta è sola. Anzi, ha conosciuto Richard, si dice con immagini rubate all'uscita da qualche locale o salendo su anonime macchine. Lui è un uomo d'affari nato in Marocco, dirige un'agenzia di comunicazione internazionale. Affascinante, colto, organizza dal 1996 il World Economic Forum di Davos. Ha organizzato anche il lancio dell'Euro in Francia e, soprattutto, nel novembre del 2004, la serata dell'elezione di Nicolas alla guida del suo partito.

Forse la serata, organizzata insieme a Cecilia, è stata galeotta. Forse no, e l'amore o la passione è sbocciata prima, silenziosa e incontenibile. O forse dopo, ricordando insieme il lavoro fatto. Chi può dirlo?

Quel che conta è che sboccia l'amore, cambia la geografia dei sentimenti, il nord magnetico si sposta d'improvviso e tutti gli aghi puntano verso una diversa direzione. Cecilia forse ha seguito ragioni diverse da quelle consuete e forse queste ragioni sono quelle di Richard (nella foto è sulla sinistra, dopo l'accompagnatore di Bill Clinton). La crisi coniugale, tragedia di Nicolas, è passione e forse gioia di Richard, così come fu probabilmente tragedia per Jacques. Quel che accomuna i tre uomini non è tanto l'aver (in qualche maniera) amato la stessa donna, quanto il non averne mai conosciuto i pensieri più intimi, non aver capito quali suggestioni, sogni e passioni la traversassero. Com'è naturale che sia e per fortuna. Guai a chi amando o perdendo l'amore potesse vedere nella altrui mente: aggiungerebbe dolore al dolore e magari anche alla disillusione. I segreti nascosti dietro il volto sciupato di una bambina innamorata della città dei lumi tali devono restare.

Inoltre, la vita va avanti, si dice in questi casi. Magari accendendo una sigaretta e guardando fuori della finestra alla ricerca di qualcosa che non passerà più.

25.8.05

Pulite gli occhiali, arriva un autunno tutto da leggere...

E' UN AUTUNNO da lettori seriali, quello che ci attende. L'offensiva è cominciata oggi, con l'uscita del nuovo magazine di Repubblica, XL, seguirà una ulteriore espansione del numero domenicale, con La Domenica di Repubblica formato gigante. E gli altri non stanno a guardare, visto che anche il Corriere e il Sole 24 Ore stanno preparando numeri speciali, magazine, dorsi supplementari, riviste a colori.

Quest'alluvione di carta patinata verrà ovviamente - e in modo darwiniano - ridimensionata per Natale, quando chiuderanno tutti gli "special" che non riescono a trovare una loro collocazione ragionevole. I due piatti su cui si gioca sono da una parte l'americanizzazione della domenica (negli Usa e in Gran Bretagna i giornali la domenica presentano una miriade di dorsi e contro-dorsi, perché lì la gente pare legga di più nel fine settimana) oppure la creazione di riviste satellite, come, appunto, XL.

Com'è questo numero uno? Ambizioso, visto che vuole solo articoli in esclusiva (un'idea un po' contraddittoria in un piccolo mondo italiano di copisti dei giornali stranieri). Complicato, perché cerca una serie di pubblici diversi, molto trendy, che leggono i libri "fighi" di Adelphi, Einaudi e anche Mondadori, ma non disdegnano videogiochi e fumetti (messi tuttavia in fondo, tanto per non esagerare nella trasgressione). Buffo, perché nell'ansia di fare il "gggiovane" etichetta i box con la "musica in" - quella à la page - come "download", sottintendendo un rapporto "rapace" e tecnologico con la rete. Maxxxisssimo, perché la grafica così mossa, anche se appesantita da qualche filo di troppo, ricorda più Max prima maniera che non Wired. Alla fine, ripetitivo, con anche qualche bel doppione, perché forse troppo lungo e fatto un po' di corsa. Al terzo numero si potrà esprimere un giudizio completo, per adesso sa di già visto...

24.8.05

Ehi, ma non mi dite niente?

OGGI E' L'ANNIVERSARIO dell'eruzione del Vesuvio che travolse Pompei, Ercolano, Stabia e vari altri centri della Campania. Era il 24 agosto di 1926 anni fa. Era per la precisione il 79 dopo Cristo. Qualche settimana fa mi sono letto Pompei di Robert Harris proposto da Repubblica come libro dell'estate. E' l'unico che ho preso, perché mi interessava già da prima. Letto in due giorni, con un tempo da tregenda, è un romanzo leggero e ben scritto che va giù liscio come l'olio. Bello

Quindi, l'anniverario stavo per saltarlo, mannaggia, anche se ero preparato. E voi, non mi dite niente?

La buona villeggiatura

IL PRIMO E maggior pregio del volumetto di Giorgio Marchetti, in arte l'Esimio Borzacchini Prof. Ettore, Accademico della Farina di Semi di Lino, sta nell'aria. Fresca, ispirata alla memoria con giusta misura, per niente goliardica o troppo sboccata. Il maggior difetto è la centralità delle puppe. Gradevole e funzionale orpello femminile, dal punto di vista dei maschietti, si capisce che sono un po' l'ossessione e il filo rosso nella vita di Marchetti o, perlomeno, del suo alter ego Borzacchini. Uno psicologo avrebbe da dire, sicuramente, qui piace notare che il troppo è sempre troppo.

Del Borzacchini come fenomeno tutto toscano dell'editoria si è parlato in vari siti e convegni. L'illustre ha innalzato una cattedrale all'idioma labronico e alle sue parallele evoluzioni nei differenti vernacoli toscani (in verità, pisano, fiorentino e un pugno di pratese; mancano aretino, pistoiese, grossetano e senese, tra i maggiori) con l'opera di divulgazione sul Vernacoliere prima e per i tipi dell'editore Ponte alle Grazie poi.

Ma la decennale carriera dell'esimio accademico, in cui l'architetto livornese trapiantato a Lucca si rispecchia, è anche più che non la sola e sgarrupata lettura di lemmi e fantasiose etimologie del peggior vernacolo portuale o del contado. Dietro c'è la filosofia di un piccolo mondo antico che con una certa maestria Marchetti è in grado di navigare. Sempre con passo minimalista, con dimensione da glossa, con respiro di breve e pungente staffilata ironica, Marchetti disegna i luoghi comuni e quelli della memoria nella villeggiatura in Versilia ("villeggiatura"! Che bello, altro che l'orrido "vacanza"...), sulle tracce della quale raccoglie articoli e articoletti pubblicati anche dal livornese Il Tirreno e li condisce con un po' di sano mestiere.

Il libro, non per tutti (linguaggio e allusioni non acconce a un pubblico di minori o alle sensibili minoranze intellettuali), ha vari pregi. La Villeggiatura del Borzacchini (sottotitolato: Contro la globalizzazione delle vacanze) innanzitutto costa poco, solo 12 euro per 151 godibilissime paginette ben scritte e ben strutturate. Si cazzeggia tra dilemmi politici, note di costume, sapienti equilibrismi linguistici e rapide scorrerie in dimensioni alternativamente private o pubbliche, luoghi comuni dei pochi o dei più. Si fa della filosofia ma anche della satira di popolo e d'èlite, si disegna un mondo che fu e il mondo che è, tracciando anche quella sottile linea di demarcazione che dovrebbe insegnarci a rispettare il tempo come infinito fluire e non solo come succedersi di discontinuità.

Se le vostre "ferie", le "vacanze", sono finite, sappiate che si può sempre rimanere in città e godersi una "villeggiatura" mentale divertente e divertita. Trattando con serietà le piccole cose della vita e con ironia le grandi. Come si conviene alle varie genìe toscane...

Il senso della misura

OGGI E' CASCATO il quinto aereo in meno di un mese: si tratta di un Boeing 737-200 della compagnia Transportes Aereos Nacionales de la Selva (Tans), di proprietà della Forza Aerea Peruviana (Fap). A causa del maltempo il jet si è spezzato in due mentre tentava un atterraggio di emergenza a Pucallpa, 840 chilometri a nord-est di Lima. Sono morte più di cinquanta persone, tra le quali almeno due italiani.

Secondo una ricerca, che ha analizzato i 2.147 incidenti aerei avvenuti tra il 1950 e il 2004 (esclusi voli militari, privati o charter) le cause degli incidenti sono:

37%: Errore del pilota
33%: Indeterminate, non ci sono dati
13%: Rottura meccanica
7%: Avverse condizioni meteo
5%: Sabotaggio (bombe, dirottamenti, aerei abbattuti)
4%: Altri fattori umani (errori del controllo aereo, errori nel carico dell'aereo, cattiva manutenzione, carburante contaminato [di solito con acqua], errori di comunicazione a causa di un cattivo inglese del pilota o della torre di controllo e altre)
1%: Altre cause

La lista degli incidenti aerei dei voli di linea dal 2000 a oggi:

2000

30 gennaio - Alaska Airlines Flight 261
25 luglio - Air France Flight 4590
31 ottobre - Singapore Airlines Flight 006


2001

3 luglio - Un Tupolev Tu-154 della Vladivostokavia in atterraggio a Irkutsk, Russia, con 145 vittime
24 agosto - Air Transat Flight 236
11 settembre - American Airlines Flight 11 (WTC North Tower)
11 settembre - United Airlines Flight 175 (WTC South Tower)
11 settembre - American Airlines Flight 77 (Pentagono)
11 settembre - United Airlines Flight 93 (Somerset County, Pennsylvania)
4 ottobre - Siberia Airlines Flight 1812 abbattuto sul Mar Nero da un missile terra-aria ucraino
8 ottobre - Aeroporto di Linate, Scandinavian Airlines Flight 686
12 novembre - American Airlines Flight 587
22 dicembre - American Airlines Flight 63

2002

27 febbraio - Ryanair Flight 296
15 aprile - Air China Flight 129
7 maggio - China Northern Flight 6136
25 maggio - China Airlines Flight 611
1 luglio - Bashkirian Airlines Flight 2937
6 novembre - Luxair Flight 9642

2003

8 gennaio - U.S. Airways Flight 5481
6 marzo - Air Algerie Flight 6289
1 aprile - Cubana de Aviación Antonov An-24 (dirottamento)
25 dicembre - UTA Flight 141

2004

3 gennaio - Flash Airlines Flight 604
9 maggio - American Eagle Flight 1450
24 agosto - Siberia Airlines Flight 1047
24 agosto - Volga-AviaExpress Flight 1303
21 novembre - China Eastern Flight 5210
30 novembre - Lion Air JT 538 a Giava, in Indonesia

2005

3 febbraio - Kam Air Flight 904
2 agosto - Air France Flight 358 con un atterraggio "lungo" e successivo incendio a Toronto, senza vittime.
6 agosto - Tuninter cade un ATR-72 in volo dall'Italia alla Tunisia, 26 sopravvissuti, 13 morti, tre dispersi.
14 agosto - Helios Airways Flight 522 a Kalamos, Grecia 121 morti, nessun sopravvissuto.
16 agosto - West Caribbean Airways Flight 708 in Venezuela; 160 morti, nessun sopravvissuto.

22.8.05

L'illusione dei colpi di reni

ORMAI E' DIVENTATA una folle abitudine: non si fa in tempo a finire che bisogna dare i ritocchi e calafatare lo scafo. Non si fa in tempo a chiudere un progetto - e non s'è chiuso, per ora - che già se ne devono gestire altri due o tre. Ma stiamo forse parlando del gioco delle scimmiette ammaestrate, che tengono i piattini in aria?

Per consolarci tutti, propongo un piacevole trucco ottico: la tovaglia che garrisce pigra alla brezza... (Se ci cliccate sopra e l'ingrandite, il trucchetto funziona meglio...)

15.8.05

Ada Lovelace

IL PRIMO INGEGNERE del software è stata una donna. E' infatti Ada Lovelace King la prima programmatrice della storia, anche se il suo lavoro si è concretizzato solo sulla carta, quando ancora non esistevano i computer.

Infatti, la scienza informatica ha poco più di mezzo secolo. I suoi precursori, i cosiddetti "proto-informatici", vanno poco più indietro nel tempo. La "scienza giovane" ha tra i suoi padri nobili anche il matematico inglese Charles Babbage (1791-1871), che per primo pensò a una macchina per fare calcoli che fosse programmabile e progettò, solo teoricamente, il "motore differenziale" (il primo concetto di computer, a cui poi seguì un "motore analitico") che il Museo della scienza di Londra ha provato a costruire partendo dai progetti originali nel 1991 e che, con grande soddisfazione degli storici, è risultato perfettamente operante.

Meno condivisa tra gli storici della scienza è la figura e il ruolo di Augusta Ada King, figlia unica del poeta Lord Byron e della moglie Annabella Milbanke (che si separò dal marito quando Ada aveva un mese), e poi moglie dell'ottavo barone di King, William King successivamente primo conte di Lovelace.

Ada Lovelace conobbe Charles Babbage nel 1833 grazie a Mary Sommerville, una delle prime scrittrici scientifiche del secolo, traduttrice di Laplace e prima donna ad entrare nella Royal Astronomical Society. Su richiesta di Babbage, Ada curò la traduzione in inglese delle note di un matematico e politico italiano, il marchese di Valdora Luigi Manabrea, nato in Savoia e destinato a divenire nel 1867, dopo Urbano Rattazzi, primo ministro del giovane Regno d'Italia.

Proprio nella traduzione, o meglio, nelle note che Ada Lovelace aggiunse, si cela il primo software della storia: un programma per calcolare i numeri di Bernoulli utilizzando il "motore", cioè il computer concettualizzato da Babbage. L'originalità del suo lavoro è stata a lungo contestata, anche se non mancano i partigiani di Ada Lovelace: Microsoft, per esempio, ha scelto proprio la sua effige come soggetto per l'ologramma adesivo che certifica l'autenticità dei suoi prodotti.

Non solo il ruolo di Ada Lovelace è stato a lungo contestato, ma il rapporto tra donne e informatica è stato per lunghissimo tempo più un'eccezione che non la regola. Lo testimonia anche il bel libro scritto nel 2005 da David Alan Grier, When Computers Were Human, edito dall'università di Princeton, e che avrebbe potuto titolarsi anche "Quando i computatori erano donne": per due secoli e mezzo uno dei modi più comuni di risolvere complesse equazioni (utili magari per gestire calcoli statistici per i censimenti) era procedere a mano, con la carta e la penna.

I matematici di professione analizzavano e "segmentavano" i problemi in una serie di ripetitive operazioni aritmetiche, che piccoli eserciti di calcolatori umani eseguivano manualmente. Per la maggior parte si trattava di donne, spiega Grier, perché "erano ritenute più precise e costanti nel lavoro", per quanto ripetitivo e umile fosse.

Nel 1980 il Dipartimento per la difesa degli Stati Uniti ha battezzato con il nome di Ada Lovelace King un linguaggio di programmazione, Ada appunto.

La contessa morì a soli 36 anni, per i postumi di una operazione che cercava di intervenire sulla situazione disperata provocata da un tumore all'utero. Ebbe comunque tre figli e tra questi la mediana, Lady Anne Blunt, fu una delle principali importatrici di cavalli dal Medio Oriente e dall'Arabia. I purosangue Arabi di oggi risalgono tutti al primo allevamento di Lady Anne Blunt, il Crabbet Park Arabian Stud.

14.8.05

Il Toti, Milano e noi

(cliccando sulle immagini è possibile ingrandirle)




DA OGGI IL mondo è diviso in due: quelli che ieri notte erano in strada a veder passare l'Enrico Toti, sottomarino regalato dalla Marina Militare al Museo della Scienza e della Tecnologia, e quelli che invece non c'erano.



Non cambierà niente, ma quando saremo polvere e i turisti in visita al museo si chiederanno (o non si chiederanno affatto) come quel grossi siluro nero di metallo abbia mai potuto raggiungere la sua collocazione nel centro di Milano, noi rideremo e penseremo: avremmo potuto spiegarvelo noi che c'eravamo, o anime belle!



Fummo noi che in quell'antivigilia di Ferragosto del 2005 seguimmo, chi per ore, chi per pochi minuti, chi per tutta la notte, il cammino della bestia attraverso la città. E comprendemmo per un attimo la complessa artificialità dell'ambiente urbano per sottile contrasto con l'assodata artificialità del mezzo meccanico.



Enrico Toti attraverso Milano in una notte d'agosto dell'inizio del XXI secolo. Si tratta di storia minore, quella storia che forse solo gli appassionati saranno in grado di recuperare da qualche filmato, da un po' di foto, in qualche pdf di giornali ormai scomparsi e magari nei testi di studiosi e appassionati locali. Magari nei racconti dei reduci e chissà cosa d'altro.



Noi che fummo lì, noi che camminammo tra i fumi puzzolenti dei motori imballati per lo sforzo di trascinare la bestia, noi che ci stupimmo di quanti milanesi fossero rimasti in città nonostante l'estate al culmine (e nonostante nei telegiornali non passasse giorno senza che la cosa ci venisse ribadita fino allo stremo), noi che ci scostammo urtati dalla folla indisponente che rallentava il lavoro dei traslocatori (il genio, la marina, l'atm, il museo, il comune e chissà cos'altro, tutti allegri e incazzosi), sappiamo bene.



Il paradosso del sottomarino che "naviga" le acque cittadine, svelando l'intrico di ostacoli naturali (come quelle case che una volta che ci sei dentro non riesci a farci entrare il divano nuovo) che ci circonda come una gabbia mentale, è in realtà solo uno dei tanti passaggi per la "micro-storia" sociale. Per esempio, cos'è successo nei quattro anni di stop a Cremona?



E' cambiata la gestione del museo. La prima, quella che aveva il contatto con la Marina ed aveva recuperato il mezzo a costo zero, è stata "silurata" proprio prendendo spunto da questa vicenda: piani velleitari, impossibile il trasporto, anche qualche accusa di incompetenza, e a una fazione se n'è sostituita un'altra... Poi la successiva gestione, quella attuale cioè, ha addirittura rispolverato - dopo un tempo ragionevole - i vecchi progetti e studi di fattibilità per il trasloco e sfruttato appieno la macchina pubblicitaria che si è spontaneamente avviata con l'operazione.



Ma il bestione probabilmente non finirà di stupirci. Tra tanti vincitori e tanti vinti (come sempre capita nella vita) c'è spazio anche per le normali vicende. La benefica ricaduta di veder passare un sottomarino (turbo-diesel, non atomico) per le strade di Milano ha evidentemente salvato anche i capiservizio di tante redazioni di telegiornale: pipponi di venti minuti per tutta Italia (e notizie vendute nel mondo intero) per testimoniare il folklore e la stranezza della cosa. Ma è così rilevante, poi, uscendo dalla cerchia della tangenziale, sapere che è passato un sottomarino per le strade del centro e che in 70mila sono stati lì a fotografarlo coi telefonini e le videocamere digitali?



A dicembre, dicono, si potrà visitarne l'interno. Le prenotazioni sono già esaurite per mesi e mesi. Il tempo è galantuomo e passa sempre, alla sua velocità costante. Non tutti si ricorderanno del bestione e andranno a visitarlo. A molti è bastato far baldoria un sabato sera nel centro di Milano, o anche in periferia (viale Monza, un pezzo di quella più esterna tra le circonvallazioni) per essere soddisfatti. Altri vivranno consumati dall'attesa. Altri chissà. Le promesse di una notte d'agosto non sempre si mantengono: la vita cambia, non si ferma, e ci fa cambiare con lei.



La cosa impressionante, muovendosi nella folla cazzona e cazzeggiante di donne, bambini, vecchi e giovani, è una costatazione. L'Italia, o perlomeno Milano, è abitata da un popolo di ingegneri civili, esperti di logistica, geometri traslocatori. Le spiegazioni della folla per la folla su cosa e come e chi e perché e in che modo signora mia erano esilaranti. Uno spaccato di "sappiamotuttismo" estremo. Stiamo diventando come la folla di comparse che recitano il ruolo degli spettatori newyorkesi partecipanti alla disgrazia di turno (Godzilla, 11 settembre, era glaciale), oramai magmatico mostro dalle mille teste dei film catastrofisti, autentico coro tragicamente saputello degli eventi della vita, produttore di senso a tutti i costi, anche quando non ha soldi? Pare di sì...



La notte bianca (ma non si diceva "in bianco"?) del sindaco uscente Gabriele Albertini, dell'ammiraglio tal dei tali e di un po' di altri papaveri in cerca di popolo e di elettori, piccola fiera delle vanità locali, è passata tra i lavoranti delle televisioni locali e della cronaca milanese. I colleghi sul campo, che si sbattono per raccontare ciascuno le sue ambizioni travestite da servizio della vita, l'articolo perfetto, la cronaca più pura del cristallo. Lode a tutti i teorici dell'informazione popolare che viene dal basso, perché la categoria dei tuttologi dilettanti niente può contro l'ambizione scalpitante di questi botoli ringhianti della notizia, carne da cannone della cronaca, tuttologi professionisti.



Adesso anche il famoso Toti, di cui pochi in realtà sanno o hanno motivo per interessarsi alla storia e al contesto della Guerra fredda in cui "navigava", ha trovato la sua dimora per un bel po' di tempo a venire. Le cose non durano per sempre e rimanervi legati è male: impedisce di elevarci. Ma testimoniare la storia è giusto, perché educa a conoscere. E' quello strato sottile di storia non scritta e non rilevante che imbarazza e forse stupisce: le micro-storie di una folla la notte per le strade di Milano a seguire la bestia, i ricordi che si perdono come lacrime nella pioggia. Quella sera, chi c'era ha vissuto. Chi non c'era, ovviamente, anche...

12.8.05

Tra un colpo di reni e l'altro...

PRENDENDO UN ATTIMO di pausa nel titanico e doloroso sforzo (dio benedica iTunes, ma ogni tanto va spento...), volevo toccare uno di quegli argomenti con i quali il cervelletto gioca in background anche mentre si fa altro.

Ve la ricordate quella cosa fricchettona e un sacco alternativa degli esquimesi (gli Inuit, per la precisione) che hanno mille parole per descrivere la neve? Cioè, noi diciamo neve e basta, loro hanno tutti i vari e fantasiosi modi per chiamare la neve farinosa, quella soda, quella di alta quota, quella fresca e via dicendo. Per mille nevi, mille parole diverse anziché qualche trita perifrasi come facciamo noi. Gente con una sensibilità diversa, che percepisce il mondo in maniera diversa da noi, totalmente incomprensibile alla mente dell'uomo moderno e urbanizzato, si dice di solito per condire la cosa fricchettona e alternativa.

La nozione è da aperitivo al bar. Di solito fa sognare a occhi aperti i commensali e intreccia il mito delle sensibilità superiori del buon selvaggio, con quelle dello stato di natura e di mille e mille considerazioni simili (direttamente proporzionali al potere evocativo di chi ne parla). In realtà, l'idea ha un suo fondamento e parte da uno studio di un teorico del determinismo linguistico, Benjamin Whorf. Il linguista (che insieme a Edward Sapir ha formulato la celeberrima quanto ignorata dai più ipotesi di Sapir-Whorf) in pratica sostiene che il linguaggio dà la forma alla mente delle persone. Gli Inuit vivono una percezione della realtà, e quindi un mondo, differente, perché parlano una lingua con una struttura diversa che diversamente organizza la loro mente.

Geoffrey Pullum, un altro linguista un po' birichino e per niente votato al determinismo, si fece una girata tra gli Inuit e qualche ricerca di complemento, arrivando a scoprire che in realtà buona parte della teoria era frutto della fantasia di Whorf. E, comunque, chiudendo il caso in questo modo: anche gli esperti di vino hanno mille nomi per i sapori del loro amato succo d'uva fermentato, ma non per questo la loro mente è differente da quella del resto di noi (né percepiscono un'altra realtà, almeno sino a che sono sobri).

L'unica differenza è che ne sanno un po' più del vino e dei suoi sapori rispetto alla media degli altri. Idem per gli Inuit, che ne sanno un po' di più di neve rispetto alla media delle altre persone. Per il resto, pare siano proprio uguali a tutto il resto dell'umanità...

11.8.05

Colpi di reni

CARO LETTORE, TI volevo solo segnalare che questa odiosa pioggia che flagella le vacanze di molti di voi ha in realtà dei benefici effetti su chi è rimasto a casa a dare l'ultimo colpo di reni. Fa fresco e si lavora bene. Sempre in argomento colpo di reni, a questo punto della stagione, arrivato al dodicesimo colpo di reni del 2005, sto prendendo in considerazione l'ipotesi di mettermi in lista per un trapianto (sai mai) oppure di mandare un curriculum al circo Barnum. Forse c'è mercato per i contorsionisti degli organi interni.

Tacendo il fatto che finirò il presente colpo di reni quando tutti torneranno dalle ferie e mi chiederanno di dare un altro bel colpo di reni per iniziare con slancio la stagione autunnale, vorrei anche segnalarti, caro lettore, l'immagine di questo post. L'ha fatta una mia amica tutta in computer grafica. Spassosissima...

Ma tu non hai fame?

10.8.05

Informazione di servizio

QUESTO POSTO C'E' e lotta insieme a te. Solo che, invece di essere sulla spiaggia come sei tu, o lettore, in questo momento, collegato col tuo telefonino intelligente mentre all'ombra di un esotico palmizio sorseggi una Batida gelata, qui si lavora. Anzi, si corre per cercare di finire rapidamente un lavoro prima della scadenza oramai incombente. Insomma, il solito "ultimo colpo di reni" per chiudere il progetto etc. etc. Per questo motivo per un po' qui nei prossimi giorni si posterà un po' meno del solito.

Avrai sicuramente comprensione per la mia situazione, o lettore, visto che sei anche tu flessibile e precario e lavori solo a progetto da una vita. Se invece sei nella pubblica amministrazione o in banca, coperto da sette lenzuoli contrattuali e da quattordici mensilità, ti dico che per quanto mi riguarda posso solo sperare in un karma migliore nella mia prossima vita. Io, comunque, ci sto lavorando sopra. A progetto, come al solito...

Ora, scusate, ma torno a scrivere. Bonne nuit

9.8.05

Inquietanti suggestioni

DALLA RETE COMPARE l'eco di una storia canadese alquanto singolare. Matrimonio gay tra due eterosessuali? Perché no...

L'idea alla base è che le unioni gay - come quelle etero - portino con sé degli interessanti risvolti economici. A sposarsi si entra in un regime fiscale privilegiato. E allora perché non tuffarvisi dentro per puro bisogno di business? E' un primo risvolto singolare e non previsto dal legislatore canadese.

I due amici che meditano questo passo impegnativo, si evince poi dall'articolo originale, sono in realtà due pensionati da bar che ragionano ad alta voce davanti a un bicchiere di quello buono. L'articolo è un pezzullo di colore dell'Ottawa Sun (non esattamente un giornale di qualità), che ha avuto solo due meriti: è scritto in inglese ed è finito nel web. A quel punto, qualunque idiozia si trasforma in un meme e vola via rapidissima...

8.8.05

Qual è il prefisso dei pinguini?

LA MARCIA DEI pinguini (March of the Penguins), un documentario attualmente sugli schermi Usa, ha raggiunto la seconda posizione di sempre del suo genere nelle statistiche dei box office americani.

Il documentario ha seguito per 13 mesi, a parecchi gradi sotto zero, l'epopea migratoria dei pinguini imperatore, dai campi estivi sino al quartiere d'inverno.

Ne risulta che i pinguini sono una specie "miracolosa, capace di estremo eroismo, spirito di sacrificio, sensibilità e amore incrollabile".

Vorrei il numero di telefono di una pinguina imperatrice, please. Oppure è meglio se mi trasferisco io? Avranno un giornale per il quale scrivere?

7.8.05

Rosencrantz e Guildenstern nell'Xbox

I SOLDATI DI Halo, la killer application che a suo tempo è stata determinante per il lancio dell'Xbox, hanno un'anima?

Come dei novelli Rosencrantz e Guildenstern di scespiriana memoria, sì. Grazie a un gruppo di ragazzi che realizza telefilm - Red vs. Blue - utilizzando la modalità di gioco in rete di Halo, buone sceneggiature e qualche piccolo trucco tecnico.

Tutto raccontato dal New York Times Magazine. E' come vedere un M*A*S*H postmoderno, che anche Altman avrebbe voluto girare...

La cosa strana? Che i ragazzi non siano ancora finiti in galera per violazione delle leggi sul copyright...

Zonker

CIRCA UN ANNO fa (mancano ancora un paio di settimane, perché era fine agosto) veniva rapito e poi ucciso Enzo Baldoni. Ne hanno parlato per settimane, mesi tutti i giornali. La sua uccisione è stata uno choc, non solo per la morte dell'uomo, ma anche per le polemiche, i commenti, le osservazioni fatte intorno a una persona conosciuta da pochissimi ma con tutte le caratteristiche per trasformarsi in un personaggio. Un discusso personaggio, sul quale è facile per tutti - me compreso - avere un'opinione. Sbagliando, probabilmente. Anzi, di sicuro.

Ma è sempre così: se la persona viene rapita dal demone della cronaca, diventa personaggio. E su di lui montano le opinioni, i commenti, le mitizzazioni e le smitizzazioni. Quel che di più doloroso ci può essere stato è probabilmente che sia stato definito un povero incosciente, un ricco benestante (faceva il pubblicitario con un certo successo) dalle idee romantiche e col sogno di fare il giornalista, l'inviato speciale. Una morte inutile, una vita sprecata, si diceva, anche vana. Oppure superumana, eroica, mitica.

Da un giorno in edicola con Diario c'è un libro intitolato Piombo e tenerezza. Si tratta, in buona sostanza, della raccolta di pensieri, appunti, post sul blog, e altri scritti di Zonker. Zonker era uno dei nick di Baldoni, oltre che il nome di uno dei personaggi di Doonesbury, il fumetto dell'americano Gary B. Trudeau che Baldoni traduceva per Linus.

Baldoni nel 2001 era stato in Colombia, e questo libro è la cronaca della sua estate passata, anziché sulla terrazza a guardando i bei tetti italiani, cercando di trovare i capi della guerriglia. Soprattutto il capo dei capi, il leggendario Tirofijo: Manuel Marulanda, il guerrigliero pià vecchio del mondo.

Per chiedergli, davanti a un fuoco, con tranquillità, come un uomo o una donna possano consacrare tutta la loro vita alla guerra.

L'ultimo venerdì del mese di maggio o giugno di quell'anno, se non ricordo male, sono andato da Mac@Work, il negozio di roba Apple a Milano che ospita anche il Poc, il club dei possessori di portatili Apple (PowerBook Owner Club). C'era la consueta cena degli aficionados, come ogni ultimo venerdì del mese. Era pomeriggio tardi e sul ballatoio del negozio, a chiacchierare con Fab, il titolare, c'era anche questo tizio, il Baldoni. Appassionato di Apple, possessore dall'aria snob di un PowerBook 12 pollici, ansioso (ma in realtà tranquillissimo e flemmatico al limite della presunzione) di riavere il suo piccolo portatile pronto per il prossimo viaggio, con gli infradito ai piedi e un'aria che ricordo essermi sembrata francamente antipatica.

Ho ricordi molto vaghi, tuttavia, perché il demone della cronaca (e tutto quel che l'ha preceduto) non si era ancora preso la sua vita e quindi i miei demoni personali erano distratti: registravano in automatico, a bassa risoluzione. Ho ricordi vaghi del racconto di Fab, quando Baldoni se n'era andato, circa quest'uomo "spettacolare", che forse sparava balle o forse veramente viaggiava come un matto in posti pazzeschi. Che aveva fatto gratuitamente la campagna pubblicitaria di Mac@Work da mettere sul Corriere perché "finalmente si poteva", uno sfizio che "aspettava da una vita". Ho il ricordo di un'antipatia pregiudiziale che si è impadronita di me senza alcun motivo esterno, frutto - mi rendo conto adesso - solo dei miei fantasmi e delle mie frustrazioni.

Ho molto più chiaro il ricordo delle settimane dopo il suo rapimento, di quel che si è visto e letto un po' da tutte le parti. E della mia opinione, cioè che l'uomo non fosse un giornalista ma qualcosa d'altro. Un romantico, un avventuriero, un radicale snob di sinistra. E che tutto quel cicaleggiare dei giornali e delle televisioni fosse squallido. Ma ancor più incredibile la vicenda che aveva messo in moto. Mi frenava forse solo la fratellanza del Mac, per il resto l'idea era di fastidio. Di invidia. Di insofferenza. Di odio per quella redazione snob qui di Milano, Diario, così irraggiungibile e strafottente, come un magazzino di libri ammonticchiati ovunque, di intellettuali da vino, osteria, pane e salame. Tanto radical-chic, insomma, da essere un po' il prototipo della mia esclusione e frustrazione professionale.

Il libro però l'ho quando l'ho visto, l'ho preso. Ero alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires, ieri, alla cassa, mentre stavo per pagare e pensavo che forse avrei dovuto cercare di andare oltre le piccinerie che ancora avvertivo. L'ho preso senza Diario, come segno di estrema antipatia e insofferenza, ma l'ho preso. Ho iniziato a leggerlo a casa, poco dopo, aprendo quelle porte di cui scrivevo proprio ieri, poco prima.

Non so quanto e come sia stato organizzato da lui. Come sia stato "estratto" da articoli, post sul blog, rieditato dal suo curatore. Non lo so. Mi ha colpito un passaggio a pagina 34, proprio in fondo. Baldoni incontra al Teatro La Candelaria di Bogotà tal Santiago Garcìa. E' un intellettuale comunista molto noto e molto amato in Colombia, scrive Baldoni, e gli parla del "Partido" che non ha più alcuna possibilità di incidere sulla realtà del paese.

"Ah sì? E come mai?" gli chiedo goffamente.
Mi guarda dritto negli occhi: "Come vuoi che possa incidere sulla realtà un partito, dopo che hanno sterminato tutti i dirigenti e i quadri. Quasi quattromila, ne hanno ammazzati. Capisci, hanno distrutto la mia generazione".
Lo dice tranquillo e piano, senza enfasi, un dato di fatto ormai assimilato e digerito.
E' un sopravvissuto.
E io sono una testa di cazzo.


Avete capito come mi sento, vero?

6.8.05

Ci siamo



SIGNORE E SIGNORI, è ufficiale. Milano si è svuotata. Siamo in estate.

Tra quindici giorni sarà di nuovo il caos.

Doors of Perception

WILLIAM BLAKE E' stato una sorta di genio dell'arte visionaria, della capacità multimediale dell'artista, della ricerca dell'estasi mistica e sensuale. La sua poesia, The Marriage of Heaven and Hell, contiene un verso che alcuni decenni dopo Aldous Huxley fece suo per titolare un libro.

Huxley è stato un personaggio complesso, altro mistico ed esoterico, alla ricerca dell'illuminazione - la sua opera si è articolata attraverso saggi, romanzi, poesie, opere morali, trattati di filosofia, sceneggiature (sua Alice nel Paese delle Meraviglie di Walt Disney) - e soprattutto in grado di influenzare anche i molto che lo ignorano con una distinzione capitale: la divisione del circolo degli scienziati da quello degli umanisti.

In pratica, molto di quello che è struttura nelle nostre menti, cioè l'assunto sociale che vi siano delle differenze sostanziali tra gli scienziati e gli umanisti (una delle fondamentali dicotomie della società contemporanea, fotografata nel suo libro The Two Cultures) si deve al ragionare suo e di pochi altri: Lewis Mumford, Gerald Heard e forse dell'epigono Stewart Brand, quello che fondò in California The Whole Earth Catalog e poi la prima (o la più studiata, grazie a Howard Rheingold) comunità virtuale, cioè The Well. Loro dicono cos'è oggi scienza e cultura, quali sono i loro rispettivi ruoli e soprattutto quali sono le loro posizioni nella società.

Huxley, che sul letto di morte nel 1963 chiese alla moglie una dose di Lsd per andarsene sereno - morì lo stesso giorno di J.F.Kennedy - è una mente complessa. Prese il verso di Blake, dicevo, e ne fece il titolo di un libro del 1954 (la prima parola divenne poi la fonte d'ispirazione per il gruppo di Jim Morrison, The Doors) il cui assunto è che la nostra mente rimane chiusa agli stimoli esterni e che solo con le droghe si possono aprire "le porte della percezione" e togliere i limiti imposti dalla natura, arrivando sino all'infinito.

Aprire le porte della percezione, talvolta tradotto da noi anche come "aprire i cancelli della percezione", è diventato un modo di dire che indica l'opportunità di aprire la mente (senza dover necessariamente usare delle droghe) e comprendere meglio quel che ci sta di fronte.

Ma quel che mi ha colpito di Huxley, e che mi ha portato a scrivere qui questo breve traccia, è un'altra cosa. La sua idea, da fiero e sarcastico castigatore della società contemporanea (lui, pacifista radicale e inglese, che non ottenne mai la cittadinanza statunitense), riassunta in una frase:

That is the secret of happiness and virtue--liking what you've got to do. All conditioning aims at that: making people like their unescapable social destiny

La peggior condanna del tempo moderno, per noi uomini ciechi.

5.8.05

London: Mind the Bombs in the Tube

NON CI SIAMO solo noi tra le ultime posizioni della razza umana. A quanto pare, se a Napoli producono Magnaccio Manager - il peraltro divertente e ben fatto gioco di simulazione di una allegra comunità mafiosa del Sud, con dovizia di grafica e ben congegnati meccanismi di gioco - in Gran Bretagna adesso speculano sulle bombe nella metropolitana del mese scorso.

E' infatti uscito fuori - domani lo leggerete con comodo anche sui giornali italiani, ma ne aveva parlato il Sun e altri qualche ora fa - Mind The Bombs Game, gioco a dir la verità fatto molto male in Flash per imparare a sopravvivere agli attentati terroristici dentro il Tube londinese. In pratica, si muove il cursore e si distruggono le bombe che vagano attraverso la rete metropolitana... Mah!

Cattivo gusto? Voglia di speculare su una tragedi ancora aperta, una ferita simbolica sanguinante? Possiamo scommettere fin da ora su quale tipo di accoglienza avrà nei nostri giornali: pelosa e acritica solidarietà con le vittime, caccia al mostro e abbasso gli speculatori di Internet. L'unica vera curiosità che è lecito avere è un'altra: copierà dalla rete prima il Corriere o La Repubblica? Le scommesse sono aperte, fa fede l'orario di pubblicazione in fondo alle rispettive pagine...

Una modesta proposta. Siccome qui ci leggono anche alcuni giornalisti che scrivono sui suddetti giornali, vi suggerisco di trovare un altro taglio, che sia originale. Oltre a Magnaccio, citate anche, chessò, qualcosa di divertente come AllYourBase (che ha anche una bella storia dietro), buttatela sul sociologico, sul taglio analitico, sulla Flash generation magari. Un po' di fantasia, insomma, saltate oltre l'ostacolo, fate il salto di qualità. Provateci, non costa niente.

Non fate invece (come purtroppo temo) la solita becera sparata moralista sulla solidarietà con le vittime delle bombe di Londra. E' la voglia del pubblico di trasformarsi in protagonista quella che ci frega, l'avidità dei poveretti di fare sempre qualche soldarello: loro che fanno il giochino, voi che lo scrivete sul giornale. Siate consci di quel che parlate, non vendete fuffa al pubblico. Mandate un'email, almeno, provate a intervistarli questi tizi, a capire chi sono, ad avere due dichiarazioni, una mezza spiegazione. Lavorate, non traducete.

Insomma... un po' di coraggio! Altrimenti si finisce a firmare in prima pagina storie "esclusive", inchieste "cazzute" da venti giorni di faticoso lavoro sulle quali mezza Italia ride mentre l'altra mezza se le beve col solito sguardo beota e spento... Come si nota peraltro da questa traduzione che Repubblica fa di un pezzo del New York Times

(Ps: si accettano scommesse virtuali - niente soldi, solo la soddisfazione di azzeccare l'orario e la testata - nei commenti qui sotto. In palio una mail con la mia firma digitale crittata)

Podcast del mondo, unitevi

METTIAMO CHE ABBIATE scoperto questa cosa del Podcast, della radio fatta in casa, delle pillole audio da condividere in rete. Ecco, avete un computer, un microfono, tanta fantasia. Come fare? Apple spiega come utilizzare il suo software GarageBand (una delle iApp fornite gratuitamente con tutti i Mac, però c'è anche altro di utile con il Mac), ma si può fare anche diversamente. Il tutorial di Cupertino vale anche solo per capire la logica e ragionare sull'organizzazione dei contenuti.



Ma il più grande dei problemi rimane: dove lo parcheggio il mio Podcast? Finora Google-Blogger, nonostante l'abbondanza di spazio sui server, offre rifiugio illimitato alle immagini ma non all'audio. Però c'è chi lo fa, pare bene, per modica cifra. Libsyn offre spazio a 5 dollari il mese per 100 MB, dieci dollari per 250 MB...

Allora, vi lanciate?

Le notizie migliori le trovi per caso

STO CERCANDO DI finire di scrivere un libro. Per dare il canonico "colpo di reni", mi sono rintanato in casa di un'amica, che non c'è e gentilmente me l'ha prestata. Squilla il telefono, al quale rispondo per dovere di servizio. E' il marketing "proattivo" di Telecom: una gentile signorina che vuole piazzarmi l'Adsl a consumo. Faccio per interromperla col classico "non mi interessa..." ma lei risponde come se ci fosse rimasta personalmente male (una nota di umanità? una lavoratrice part-time che cerca di fare bene il suo lavoro? sono tutto un tremito di solidarietà) e insieme al sentimento di compassione che cerca di ispirare all'improvviso mi infila nel discorso anche una subdola minaccia: "Ma guardi che le conviene: più avanti la linea digitale diventerà obbligatoria".

Stop, mi hai incuriosito. In che senso diventerà obbligatoria? "Adesso la fornisce gratis, Telecom, fino a settembre, con tutti i vantaggi per chi la prende. Ma poi, sa, satureranno le centrali, il carico di lavoro, le utenze dovranno essere tutte uniformate: la prenda adesso, sennò in autunno sarà obbligatorio e le toccherà pagare".

Sono schiacciato dal messaggio. Ringrazio, non prendo (non è neanche casa mia) e chiudo. Ma una foresta di dubbi mi scuote. L'Adsl obbligatoria? Dall'autunno? Ma stiamo scherzando?

Troppi cuochi non rovinano la pietanza

A FRANCOFORTE E' in corso la prima conferenza internazionale di Wikipedia. Evento epocale sul quale non mi dilungo (sta tutto qua nei presupposti che oltrettutto sono, secondo me, pure negativi per il nostro Paese. Comunque, anche altri ne trattano qui e qui), piuttosto vorrei puntare a una cosa collaterale rispetto alla cronaca ma di importanza centrale per capire cos'è e se funziona Wikipedia.

Il punto è la qualità dei contenuti. Relativismo, anarchia e mediocrità? Futuro dell'umanità, magnifiche e progressive sorti della conoscenza aperta? Qual è la verità? Le critiche del direttore della Enciclopedia britannica e della rivista dei Gesuiti? I fan del mondo aperto a tutti i costi, da Beppe Grillo a Fiorello Cortiana (senatore dei Verdi)?

Un buon test - secondo me - per verificare l'obiettività di un progetto con obiettivo di comunicazione universale, è andare a vedere come viene affrontato il problema internamente. Quale visibilità ne viene data e in quale modo. Dopotutto, se la missione è il profitto e l'immagine, l'ente non mostra le sue debolezze. Ma se la missione è l'informazione, l'ente si dovrebbe sforzare di rendersi trasparente al massimo. Avete presente quelle per noi singolari dichiarazioni dei giornali di qualità anglo-americani quando trattano soggetti nella cronaca che sono collegati all'editore? Cose tipo: Robert Murdoch, che è azionista di maggioranza della casa editrice che pubblica questo giornale, per esempio. Sul Corriere o su Repubblica non si vedono molto di frequente, per intenderci. E su Wikipedia?

Ecco, su Wikipedia c'è un angolo nel quale il problema critico della qualità dei contenuti viene affrontato. In questa pagina ad esempio viene pubblicato uno dei paper sottoposti alla conferenza, realizzato dal dottorando svizzero Andreas Brändle. Il tema è il seguente:

Does collaboration in wiki systems cause good quality? Supporters of wiki systems assume that the number of authors and their collaborative work lead to good Wikipedia articles. This study tests this hypothesis using methods of empirical research and media studies. It researches the conditions under which a wiki system produces good quality. Therefore a sample of 450 articles from the German Wikipedia has been researched with a content analysis. The study gives answers to the following questions:

What is the critical mass of users and authors in a wiki system?

What effect have number of edits, authors and discussion edits, traffic, age of the article and backlinks on quality?

What influence does vandalism have on quality?

Do anonymous authors contribute in a positive or negative way?

What is the connection between the relevance of a topic and the quality of the article?

Are there quality differences between topic categories?

Furthermore the study proposes a way of measuring quality based on the theories of media and communication science.


Wikipedia passa il test delle buone intenzioni: apre la porta al dibattito su se stessa e sui suoi difetti. Adesso bisogna capire di che qualità siano i contenuti...

Il regno delle antinomie

SU SLASHDOT OGNI tanto salta fuori una discussione interessante. In particolare, quando anziché una notizia o un fatto viene proposta una domanda.

A questo giro, prendendo le mosse da una citazione di Francis Scott Fitzgerald (The test of a first-rate intelligence is the ability to hold two opposing ideas in mind at the same time and still retain the ability to function), thetan si chiede come sia possibile conciliare nella stessa zucca idee opposte.

Per esempio? Negli Usa i Repubblicani sono contrari all'aborto ma favorevoli alla pena di morte. Tra gli hacker (e i lettori di slashdot) vi è il forte desiderio che le informazioni (il codice, la conoscenza, i testi) siano libere mentre i propri dati privati siano segreti.

Proprio questa è la domanda alla comunità: come è possibile conciliare il desiderio che le informazioni sugli altri siano libere con la riservatezza e privacy delle proprie?

Come mai dalle nostre parti queste discussioni non partono mai?

4.8.05

Quella gran figata del digitale terrestre

SE PENSATE CHE l'Umts non sia una cosa seria, dovreste vedere l'italico digitale terrestre. L'anomalia tecnologica del nostro Paese è paragonabile solo a quella che ci vide, per scelta di Fanfani e di una parte della classe dirigente di allora, vincolati al bianco e nero quando il resto del mondo viaggiava a colori.

Perché? Perché faceva "bene alla morale". Adesso la spinta non è più etica ma economica. Il digitale terrestre, quella strana tecnologia che solo noi abbiamo e che non comporta nessun miglioramento del prodotto televisivo - solo un suo arricchimento quantitativo e la possibilità di "pagare on demand" - sta infatti segnando un solco.

Chi scarica telefilm dagli Usa o chi ha viaggiato in quello e in altri paesi e ha potuto vedere un po' di tivù se non altro dall'albergo, avrà notato che utilizzano un sistema digitale di trasmissione. Ma è un altro sistema, incompatibile con digitale terrestre, che si chiama alta definizione.

L'alta definizione si basa sull'utilizzo di differenti tecniche di ripresa e su superiori capacità di riproduzione dei televisori. Gli apparecchi compatibili hanno un decoder inserito al loro interno e il segnale non può essere "abbassato" di qualità per essere visto sui televisori analogici. All'opposto del digitale terrestre.

Allora è meglio il nostro sistema, che rende compatibile con un semplice decoder l'uso dei vecchi televisori? Certamente, se ce ne sbattiamo del fatto che lo standard mondiale è quello dell'alta definizione, che sta diventando sempre più pervasivo - pur tra mille rallentamenti - e che sostanzialmente avere e produrre televisione con tecnologia praticamente analogica vuol dire limitare fortemente la capacità di esportare il nostro prodotto (telefilm, soap eccetera) e castrare le aspettative degli spettatori in fatto di qualità. Come la televisione in bianco e nero, che almeno era compatibile con quella a colori.

La qualità dell'alta definzione è superiore a quella degli attuali Dvd. Presto inizieranno a circolare prodotti in Dvd (film e telefilm) con quello standard e saranno i Dvd Blu-Ray oppure HD, a seconda di chi vincerà la corsa per lo standard. Tra l'altro, nei due consorzi non c'è neanche una azienda italiana, visto che non abbiamo una briciola di tecnologia in quel settore.

Tornando all'alta definzione: perché noi ci facciamo ancora le pippe coi televisori analogici o con quelli "downgradati" apposta per fruire di quello spettacolo con qualità analoga a quella del 1958? Sottolineo della stessa qualità, perché se c'è un "decoder" digitale e il televisore è analogico, i presunti vantaggi di qualità audio e video del segnale del digitale terrestre vengono eliminati nella traduzione in analogico. Punto. Non puoi vedere un film a colori con la tivù in bianco e nero. Non puoi vedere un film in digitale con la tivù analogica. Entrambi li devi convertire dal formato originario a quello che l'apparecchio è in grado di visualizzare. Non si scappa.

Perché questa fregatura, allora? Per vendere forse le partite di calcio pagando cinque euro a cranio? A proposito, visto che questo è l'interesse economico (e non etico) di fondo, avete notato quale televisione ha vinto i diritti per trasmettere il calcio l'anno prossimo? La Rai? La7? No-no...

2.8.05

Paperissima - La spazzatura mediale

MA ORA, SERIAMENTE, senza voler fare i moralisti (che qui non mi sembra proprio il caso) o quelli che criticano chi cerca di far progredire la propria carriera. Ma a voi, il fatto che ci sia Eva Henger a condurre Paperissima vi sembra una cosa normale? Avete presente chi sia Eva Henger? E soprattutto, quanti suoi film si trovino in rete senza fatica? O in selezionate edicole? Non foto, no. Film invece, quelli dove le persone si muovono e si sentono anche le voci e i rumori... L'effetto di realtà... Avete presente?

Per carità, la Henger come persona dev'essere non solo rispettata ma probabilmente è anche simpatica e umanamente valida, oltre che molto bella e per niente ipocrita (sulla fiducia: cosa potrà mai fare nel privato che non si sia già visto in video? Alla faccia delle veline in carriera). Però, insomma, Paperissima, Eva Henger... Ma l'avete mai visto due ore di porno bello pesante con lei? Porno che sembra una macelleria, con i manzi sul bancone e tutte le combianzioni possibili dato un certo numero di protuberanze e orefizi? E la mettete a condurre Paperissima, un programma con un posizionamento e target mirato a nonne e nipotini?

Una situazione del genere, di sottovalutazione del reale, mi è già capitata. Alcuni anni fa a Firenze, dove scrivevo per l'edizione toscana del Giornale (dirigeva Riccardo Berti, poi portavoce di Silvio Berlusconi, per intendesi), l'amministrazione comunale (diesse) aveva sovvenzionato una mostra di disegnatori e illustratori contemporanei, tra i quali Tanino Liberatore. Vorrei aggiungere che il genio visivo del padre di Rank Xerox, un talento avvelenato pari a quello di Andrea Pazienza e tecnicamente notevolissimo, è tra i miei preferiti. Ma non è questo il punto.

Nella mostra in questione Liberatore aveva esposto tra le altre cose un blow job al Cristo in croce, portato avanti da una dedita Maddalena. Era scandalosa la crudezza del disegno e l'idea del soggetto, per quanto tutto sommato nell'immagine non si vedesse niente di sconvolgente. La curia fiorentina, era luglio inoltrato e il cardinale Piovanelli (considerato un cardinale "rosso") era in vacanza, non si smuoveva di un centimetro. Diceva che andava tutto bene, che il Medio Evo era finito da un po', che l'arte è arte, gli artisti artisti e via dicendo.

Mi sembrava una situazione più paradossale che ipocrita, un gioco delle parti in cui la politica aveva fatto saltare un po' troppe cose. Non era naturale. Valeva la pena cercare la sottostante notizia. Pescai sull'elenco del telefono il numero del monsignore che si occupava all'epoca della Pastorale per l'arte, insomma l'esperto del settore, un sacerdote americano molto simpatico. E lo invitai a dare un'occhiata a questa "mostra dello scandalo", anche se lo scandalo era praticamente rientrato e lui stesso - come i suoi confratelli - era pieno di concilianti buone intenzioni.

Alla fine del giro, straordinariamente veloce, partì una rampogna durata una settimana, senza se e senza ma, tutta contro "l'obbrobrio blasfemo" di quella mostra e di quel disegno. Mica lo voleva bruciare o far chiudere la mostra. No-no, non siamo più nel Medio Evo. Solo, aveva visto la cosa e si era ricordato che lui era un sacerdote. Prego, tutto lo spazio che volessero i laici per sublimare il gusto provocatorio e irriverente del disegno. Ma, almeno, l'ipocrisia politica di un bel mazzo di sacerdoti che fa finta che "tutto va benissimo" era saltata. Il reale era emerso e non si poteva più dire che il re fosse vestito a festa.

Ecco, quel che dico è questo: non sottovalutiamo il reale. La Henger è una splendida signora (oltretutto, ma è una aggravante da un punto di vista comunicativo, con un viso amabile e simpatico, non da puttanone di periferia) meritevole di tutto il rispetto e l'apprezzamento che una signora deve avere. Non sto facendo un discorso di moralità o di etica astratta: solo una piccola considerazione circa l'opportunità di far condurre programmi generalisti per un pubblico generalista a professionisti alquanto "di nicchia".

Non vedete lo scandalo? Bando alle ipocrisie, viva l'artista emancipata che ha diritto ad emergere dalle bassezze di una onesta carriera in cui non ha dovuto chiedere niente a nessuno? A parte che i film di Eva Henger sono commercializzati con rinnovato vigore da quando ha fatto la sua "svolta televisiva commerciale", fatevi comunque un giro in rete, cercate qualche clip, qualche film. Gurdatevi due o tre orette di pornazzo bello tosto, di quelli che non devono chiedere niente a nessuno, magari insieme ai vostri figli e alla nonna. Chiedetevi che differenza ci sia tra il mestiere della pornostar e quello di farsi pagare per fare sesso con gli uomini. Poi, dopo averlo visto ed esservi fatta la summenzionata domanda, lasciate i ragazzini davanti alla tivù a guardare Paperissima con la nonna. Provate. Vi darà delle gran soddisfazioni.

Aggiungo un'altra cosa, per parare eventuali critiche di ipocrisia argomentate con motivazioni evangeliche (circa storie di piedi asciugati con i capelli eccetera). Ecco, un discorso è che un'altra persona sia un essere umano migliore di me e che possa andare dritta sparata nel regno dei cieli quando sarà il momento o in qualunque dimensione etica del ricordo prevedano altre forme di credo. Un'altra è metterla a condurre Paperissima intanto che la società di suo marito commercializza felice e contenta i film e che gli autori del programma televisivo godano felici delle loro capacità di apprendisti stregoni nel cortocircuitare gli immaginari del pubblico per "tirare su" l'audience. Perché è per quello, non per l'emancipazione professionale o perché le doti artistiche e recitative siano tali da nobilitare una gavetta alquanto radicale, che hanno scelto la Henger. Perché porta con sé un immaginario simbolico come la pizza mari e monti, come il gelato fritto del ristorante cinese: è tutta un contrasto. E al pubblico i contrasti, le storie semplici da capire ma belle succose quando te le godi piacciono parecchio. Allora, diamogliele, no?

Ps. Un'altra cosa, sempre sul popolare programma di Antonio Ricci, qui ritratto con Jerry Scotti e Michelle Hunziker: perché ci dobbiamo sorbettare le comiche del pubblico registrate negli Usa almeno quindici-venti anni fa? Dà un senso come di riciclaggio, di scarti, di spazzatura mediale...

Pps: grazie a una segnalazione preziosa nei sottostanti commenti, aggiorno aggiorno la grafia del cognome dell'attrice. Scelgo adesso la lectio facilior "Henger" e non più la difficilior "Enger", scusandomi per lo sbaglio. Avevo usato Google per verificare, ma a quanto pare molti piccoli fan della signora hanno idee altrettanto confuse sull'ortografia del suo nome.

Oh, mio Dio.... L'hanno fatto davvero!

VENTUNO ANNI E mezzo fa è arrivato il Macintosh. E con lui, l'interfaccia a finestre, le icone e il mouse per tutti. Il mouse con un bottone solo. Ventuno anni e mezzo fa.

Da allora, si sono spaccati le corna a milioni su quel benedetto mouse zen, quello "less is better", quello con un tasto solo. Oggi, il due di agosto del 2005, ventuno anni e mezzo dopo, il mouse di Apple cresce. Adesso si chiama Mighty Mouse. E di pulsanti ne arrivano cinque: quattro da pigiare e uno per spostare...



Lo voglio!

Mediate, gente, mediate...

PARTO DA UN presupposto: che la maggior parte di noi (praticamente tutti) non passi la vita a viaggiare, conoscere gente nuova tutti i giorni, leggere libri, fare indagini. Abbiamo tutti un lavoro, precario o meno (in qualche caso molto precario), oppure una occupazione di qualche genere. Abbiamo esperienze, idee, opinioni e anche sentimenti profondi. Ma viviamo in un'epoca in cui il mondo - inteso come quello che va più in là del nostro quartiere, della nostra città, del nostro Paese, dell'Europa e via dicendo - è una presenza tangibile nelle nostre vite.

Sappiamo cose che mille anni fa pochissimi sapevano, viaggiamo più delle generazioni che ci hanno preceduto, siamo abituati a pensare a posti che non abbiamo mai visitato come a luoghi familiari. Perché? Non solo perché ci sono state la radio, il cinema, la televisione e adesso Internet. No, prima ci sono stati i giornali e prima ancora i libri, i codici, i manoscritti. L'evoluzione (sociale) dell'homo sapiens è stata tale da far sì che il reale sia per noi ben più di quello che empiricamente (santommasamente?) abbiamo potuto toccare con mano. Ci crediamo, con assoluta dedizione, siamo in grado non solo di astrarre ma anche di raccontare e ricordare con tecnologie una volta cartacee, poi elettriche (magnetiche) e infine digitali.

Ci crediamo. Non solo per quanto riguarda i luoghi, le città e i monumenti. No, ci crediamo anche per quanto riguarda le persone, i discorsi, le idee, i simboli. Crediamo in una realtà complessa. Che conosciamo, che è la nostra vita e che riempie il nostro essere, tutte le nostre memorie ed idee.

Come la conosciamo? Attraverso una serie di mediazioni, di strumenti e tecnologie sociali che ci informano, fin da quando siamo bambini (ma anche prima, perché i nostri genitori sono fatti della stessa pasta di cui siamo fatti noi), che c'è New York, che Einstein era uno scienziato importante, che Hitler era brutto e cattivo, che la Cina è una terra remota ed esotica, che in Australia ci sono i canguri.

Ciascuno di noi ha la sua storia, le sue esperienze, i suoi orizzonti intimi, le sue sofferenze, dolori, gioie ed emozioni. Anche competenze. Ma è tutto impastato con degli orizzonti pubblici, con una conoscenza comune, ricca e frastagliata come i fiordi del Mare del Nord (mai stato, ma è come se ci fossi andato milioni di volte). Generazione dopo generazione passiamo i nostri testimoni a chi ci segue e nel farlo li arricchiamo con una serie di complesse stratificazioni. Com'è successo a chi ci ha preceduto e come sta succedendo a chi ci seguirà. Quest'opera sociale - non individuale - segue ritmi differenti e adesso rapidissimi a causa del famoso "digitale", della società della conoscenza, dell'impatto di tecnologie sociali sempre più veloci e pervasivi.

Insomma, viviamo al centro di una nube di mediazioni. Una nube che ha ridotto la realtà e le sue informazioni a uno spray, come la furia del mare contro gli scogli trasforma l'acqua salata in una nebulosa di microscopiche gocce d'aqua che si respira dalla costa, metà aria per i polmoni metà acqua sui vestiti e negli occhi.

Allora, mi chiedo, perché continuiamo a dire che la rete, Internet, apre prospettive nuove? Come se fosse "nata" nel vuoto pneumatico. La rete ci fa inalare più spray salato di prima, ci propone sapori nuovi, ma sono sempre mediazioni. Interattive, costruite su schemi diversi, con geografie di soggetti organizzate lungo assi differenti, ma sempre mediazioni. E, com'è stato per il mediatore professionista - il giornalista, lo scrittore, il regista, ma prima di loro anche altri, come il prete, il padre, il nobile, il mentore -, anche in questo caso si media. I nuovi soggetti che mediano, la "gggente" come noi, fanno la differenza? E' più importante il messaggio del mezzo? Oppure è sempre il mezzo ad essere il messaggio? Oppure la mediazione?

Perché la fanno tutti così semplice? Solo le rivoluzioni sono semplici. La vita, mai.

(Agli affezionati e innocenti lettori: scusate in anticipo il turpiloquio che segue. Questo post è come al solito garbato ma parte da uno sfogo - all'inizio solo interiore - contro i coglioni che parlano, parlano, parlano e si riempiono la bocca di rivoluzioni. Sociali o aziendali che siano, dal basso o dall'alto, di sinistra o di destra. Tutti "testimoni privilegiati dei tempi", tutti "oracoli", "visionari", "attivi", "nomadi digitali", con la testa piena di "progetti europei" e "brillanti concept". Tutti coglioni. Tutti pronti ad andare a insegnare a Scienze della Comunicazione, come dei McLuhan formato mezza sega ripiegabile. Tutti molto coglioni. Appassionati di messaggistica-digitale, video-arte-alternativa, musei-web-online-di-tendenza, rappresentazioni-multimediali-e-ipertestuali, ambienti-trend-e-cool-con-vernissage-aperitivo-e-cannino-annesso, collettivi-mediattivisti-rivoluzionari-sociali-comunisti, fighettame-intellettuale-razza-eletta-senza-sentimenti, relativismo-ideologico-basta-che-sia-gay-e-femminista-che-fa-già-figo-abbastanza-ma-poi-ti-tocco-il-culo-lo-stesso, cool-hunter-trend-setter-opinion-maker-cultural-seeder, community-evolutive-dal-basso-che-fanno-tanto-bene-alla-democrazia-digitale, immersi-nella-società-della-conoscenza-fino-all'anima(marcia) che rendono gli onesti manovali del marketing e gli austeri docenti di semiotica belli come le divinità pagane, al confronto. Idioti al cubo. Coglioni. Spero che l'aldilà preveda un esame d'entrata nozionistico, vecchio stile, arbitrario e pure un po' bastardo. E che vi condanni a usare Excel per l'eternità. Augh!)