1.6.05

Consolidamento: corporate blog

QUESTO E' UN discorso un po' lungo, che provo ad abbozzare adesso, in prima battuta. Poi magari ci si torna sopra. Il tema sono i blog, cioè i diari online, come quello che state leggendo adesso. Ce ne sono una marea, veramente tanti, e si tende adesso a ricomprendere nel genere anche altre cose che c'eran prima della nascita del termine blog, cioè Web Log, come ad esempio i siti di informazione gestiti da una sola persona (Apple ha fatto causa a due o tre di questi, qualche mese fa, e la stampa li ha definiti "blogger", ponendo subito il problema se siano estendibili i privilegi dei giornalisti - tipicamente il segreto professionale nelle forme consentite dalle diverse legislazioni - anche ai blogger: ma se uno ha un sito di news è necessarimente un blog?) oppure quelli di racconto, cazzeggio, intimità e altri generi.

Io li considero un esempio di open source del pensiero e dell'informazione: sono scritti di solito in maniera informale, discorsiva, e tendono a fornire qualcosa che più che "informazione" è identificabile come "contenuto editoriale": pensieri, link, riflessioni, cose che non avevamo letto, eventi che ci erano sfuggiti o che conosciamo bene, racconti, etc. Non si paga per leggerli, sono fatti in maniera anche molto professionale ma quantunque amatoriale, non sono forum, non sono siti di discussione (anche se tra i commenti si creano alle volte piccole comunità), non sono siti di informazione (non mi venite a dire che Repubblica.it e Corriere.it sono blog, per favore...) ma sono comunque diventati una delle cose che si leggono quotidianamente, una nuova portata della dieta mediale del "pubblico".

Adesso, dopo che molti giornalisti hanno per passione, per ideologia, per relax, per calcolo, per ambizione, per divertimento iniziato a renderli popolari - fornendo contenuti di qualità -, altre categorie "pubbliche" vi si dedicano. Ci provano i politici, ma la caratteristica dello stile blog, cioè discorsività, informalità, aggiornamenti frequenti, ha segato le gambe a tanti. Aprono il blog, mettono un paio di ghost-writer imbarazzati (dal rischio licenziamento) a scrivere qualcosa che non è né carne né pesce, e poi regolarmente lasciano cadere il tutto nel dimenticatoio dopo qualche settimana.

Le aziende, invece, stanno sfruttando un approccio diverso: secondo questo bel pezzo del Wall Street Journal (qui un primo articolo al riguardo), nascono e acquistano peso i corporate blogs, cioè i blog pagati dalle aziende per spargere in maniera spontanea, fresca, informale e buonista la buona novella del prodotto, del brand, dell'immagine di chi paga. E i giovani impiegati del web guadagnano così qualche soldino. Alle volte anche parecchi. (In qualche caso il discorso è interno al mercato dell'informazione).

Magari la cosa succede perché per i web logs coinvolti sono di "firme" digitali, di gente il cui blog ha una reputazione, un seguito, un'anima. L'idea che il blog sia uno strumento di autopromozione è in questo senso stata metabolizzata anche da noi - Wittgenstein ne è uno dei migliori esempi - e che l'effetto dell'autopromozione possa coinvolgere anche l'azienda - sempre nel caso di Wittgenstein, il Foglio, primo giornale italiano ad essere partito col "blog aziendale" - e fornire un discreto ritorno è altrettanto consolidata. Nel caso del giornale di Giuliano Ferrara, si tratta in realtà di comunicazione integrata: televisione, carta stampata, web tradizionale (il sito del Foglio dove si scarica anche il giornale), blog (di Luca Sofri e di Christian Rocca), radio (per Luca Sofri) e via elencando: transmedialità che permette di seguire il pubblico - perché il pubblico consuma più di un mezzo di comunicazione - attraverso il suo banchetto quotidiano di informazione-comunicazione, ricordandogli che il brand c'è e i prodotti seguono.

Poi, con calma, rimetto ordine e proseguiamo nel discorso: c'è chi viene pagato negli Stati Uniti per tenere un blog sullo yogurt. Pagato dalla Danone, s'intende. Per spargere la lieta novella dello yogurt e di quanto sia buono e interessante il mondo dello yogurt. Ci ritorniamo, oK?

Nessun commento: