31.3.05

Un dottore all'anno...

ADESSO GIUNGE NOTIZIA che non solo la Bbc è contenta della neoritornata serie di The Doctor Who al punto da averne già in cantiere una nuova stagione per l'anno nuovo, ma che il nono e nuovo dottore si è già rotto le scatole e se ne vuole andare (o forse vuole più soldi)...



(Lo so che The Doctor Who non è molto popolare dalle nostre parti. E' talmente di nicchia che Wittgenstein non ne scriverà. Ma per me è una signora nicchia, credetemi. Armatevi di BitTorrent e infrangete la legge a vostro rischio e pericolo, se lo volete -- ma poi non date la colpa a me quando vi troverete la Guardia di Finanza sotto casa...)

Lost and Found

LA COSA BELLA del mio lavoro è avere la notizia e non scriverla. Un piacere quasi cinese, una forma di astinenza autoindotta dai risvolti particolari. Prendiamo Lost, per esempio. Il popolare telefilm Usa, quella specie di avventura costruita sull'impianto concettuale di un reality show (perché sono i reality ad essere costruiti sull'impianto concettuale dei racconti di avventura, e il cerchio si chiude) sta diventando popolare anche da noi. Hanno iniziato a trasmetterlo e si è cominciato a scriverne. So what? Lo sto seguendo da un po' (adesso negli Usa navigano verso la ventesima puntata) e quindi avrei potuto, ma non ho scritto. Soddisfazioni personali, ma adesso ne parliamo...



Lost è ben costruito, ben scritto e da un punto di vista visivo ha dei colori stupendi. Ha anche il coraggio di proiettare in una dimensione avventurosa (48 tizi sopravvivono a un disastro aereo di un volo tra Sydney e Los Angeles, finendo su di una misteriosa isola parecchio fuori rotta e quindi persi senza possibilità di scampo) il pubblico televisivo sempre più abituato invece a una televisione poco narrata e molto parlata. Regala bei momenti di tensione, è costruito come un furbo meccanismo per generare interpretazioni (una lunga catena di avvenimenti grandi e piccoli che sono inspiegabili, forse magici) che avvince quasi più della trama e delle caratterizzazioni dei personaggi. Tra questi ultimi stanno, comunque, i principali limiti.

Lost si fa guardare, insomma, anche se - come Desperate Housewives - ha bisogno del clamore e dell'enfasi di tonnellate di articoli di giornale con lo stesso titolo (Ecco il fenomeno Lost, oppure L'America impazza per le casalinge di Wisteria Lane) altrimenti non si crea l'attesa settimanale per il nuovo episodio, il media event rituale. Adesso credo stia passando su Sky, a pagamento e con imprecisioni nella traduzione dei dialoghi. Se non avete Sky, non abbonatevi per questo, ma se l'avete e non vi costa niente, un occhio buttatecelo. Le prime dodici puntate reggono il tiro, direi che si potrebbero quasi vedere tutte d'un fiato in una notte. Sulle altre, ancora non mi pronuncio.



I limiti son presto detti: i personaggi sono costruiti come fantocci dello sceneggiatore. Le psicologie sono gommose, costruite in funzione di quel che deve succedere. E cambiano. Come le storie personali, che peraltro sono fin troppo esposte: dopo un po' non se ne può più di flashback su cosa facevano prima, nel mondo civile, soprattutto perché dovrebbero essere i loro ricordi e pensieri ma vengono proposti in situazioni in cui uno non ricorda e non pensa, come quando si corre a perdifiato per sfuggire un pericolo imminente. E poi, parliamoci chiaro, Kate (Evangeline Lilly, la prigioniera) è molto carina ma antipatica (e non dovrebbe esserlo) mentre Jack (Matthew Fox, il dottore) dà il meglio solo quando deve fare la faccia stupita. Un bel fisico, ma non regge il paragone con Sayid (Naveen Andrews, l'ex ufficiale iracheno), il vero figo della situazione. Gli altri sono minori, le cui storie oscillano tra l'improbabile e l'impossibile. Se una dozzina di passeggeri a caso su di un volo di linea intercontinentale hanno tali background e scheletri nell'armadio, la prossima volta prendo la nave...

Gli altri difetti in ordine sparso: qualcuno mi spieghi il senso di quella poveraccia che annega sullo sfondo, a un certo punto della quarta o quinta puntata, e poi nessuno se ne frega più. E perché c'è così poca "coralità". I personaggi sono oggettivamente parecchi, però i rimanenti 32 o giù di lì proprio non se li fila nessuno. Non ci sono poi possibilità che una quarantina di persone, pur aspettando i soccorsi, siano così totalmente egocentriche e asociali, soprattutto dopo un disastro aereo: la gente si avvicina durante le emergenze e le tragedie, non si isola.

E infine, un'altra cosa: fantastico l'Island Open, la partitella a golf ricreativo-culturale messa in piedi per tirare su il morale del gruppo. Cose da fantascienza per soggettisti e sceneggiatori italiani. Ma questa è un'altra storia...

30.3.05

E' arrivata la primavera

UNO DEGLI EFFETTI imemdiatamente percepibile, è il fiorire di cuffiette bianche alle orecchie di tante, tantissime persone. Cuffiette da iPod...



(Qui si racconta di come facciano aumentare anche la criminalità, ma nella metropolitana di New York, però)

28.3.05

A.A.A. Appartamento cercansi

FAN DEL POSTO di Antonio, il suddetto Posto sta cercando casa: un Posto Fisico di Antonio, visto che l'attuale a settembre dovrà essere smobilitato.

Le richieste: vado cercando un bilocale, mansarda o semi-appartamento (dove il posto in cui si dorme sia distinto da quello in cui si sta svegli, si lavora e si mangia) in zona (semi)centro di Milano per un massimo di 600 e spiccioli euro al mese. Più spese si riescono ad includere e meglio è...

Dal momento che la rete è il futuro, questo Posto vorrebbe passare all'incasso di una fettina del suddetto futuro e capitalizzarla subito: smuoviamo i meccanismi socio-digitali e fatemi capire che il sogno di un mondo migliore (per me) non è morto. Se c'è un momento in cui fare la differenza, ragazze e ragazzi, ebbene è questo!

Sappiate che sono una chiavica a cercare casa, mi siete rimasti solo voi. Insomma, una mano sul cuore e l'altra sull'agendina del telefono: troviamo casa al vecchio Antonio. E' stato un anno duro, il 2004. Il 2005 non promette niente di meglio. Almeno per i beni immobili servono certezze. L'indirizzo di mail a cui scrivermi è in alto a destra, come sempre.

Ah, se il Posto Fisico di Antonio avesse anche un terrazzino con un po' di piantine e vista sull'aviovia di Linate, qui tutti ne saremmo entusiasti... (per tutti intendo ovviamente la moltitudine di voci che abitano nella mia testa)

Quei temerari con le loro macchine volanti

COME ABBIAMO GIA' scritto su Macity, adesso impazza tra gli utenti Mac di tutto il mondo questa cosa del dekstop trasparente. In realtà, una foto del dietro usata come sfondo della scrivania. Qui ne trovate a tonnellate. E anche qui. Alcune sono meravigliose...

24.3.05

Hanno beccato il guerrigliero

SCRIVEVO POCO SOTTO che il primo episodio di The Doctor Who è finito su Internet prima ancora di andare in onda. La vicenda è raccontata anche dalla Bbc. Adesso, sempre dalla Bbc, si apprende che non si sarebbe trattato di un abile escamotage del marketing, bensì dell'opera di una scheggia impazzita di una società terza, che aveva accesso ai master del telefilm. L'hanno beccata questa scheggia, ovviamente a poche ore dalla messa in onda del primo episodio...

23.3.05

Totodef Day 2: Bologna

DOMENICA SCORSA UN gruppo di spiritacci si è ritrovato nella zona nord del centro d'Italia. A Bologna. Motivo dell'incontro, che ha visto convergere gente da Milano (me) da Firenze (quattro) e da Bologna stessa (due)? Ma celebrare il secondo TotoDef Day. Le cui immagini sono qui. (Sorry, io non ci sono...)

La perfezione formale

OGGI CI SONO vari modi per raggiungere la perfezione della forma. Ma a quanto pare, non sono praticati. E per la perfezione della sostanza, neanche lì ci siamo. Insomma, sono tempi grami. Ma prima o poi, vedrete che ci riprenderemo. Spero.

22.3.05

Il ritorno del Dottore

SABATO PROSSIMO LA Bbc inizierà a trasmettere la nuova serie - la ventisettesima - di uno storico sceneggiato: Doctor Who. Iniziato nel 1963, non solo ha rappresentato un passaggio fondamentale per lo sviluppo della televisione pubblica britannica, ma ha anche alimentato un vero e proprio culto che è proseguito attraverso gli otto attori che hanno impersonato durante i lustri la figura dell'alieno dalle fattezze umane il cui nome è sconosciuto. The Doctor? Doctor Who? si chiedono infatti i personaggi i cui destini si incrociano con questo eroe che viaggia nel tempo e nello spazio dentro una cabina telefonica per chiamare la polizia (Tardis) che è in realtà un sofisticato (e più grande dentro che fuori) mezzo di locomozione multidimensionale.



Il dottore si rigenera, lo ha sempre fatto, quando la carne che lo rappresenta cede rispetto allo spirito del Signore del tempo, l'eccentrico alieno divenuto campione del rispetto dei diritti e della tutela delle scimmie (noi) che popolano il pianeta terra. All'antitesi rispetto al modello statunitense di fantascienza "ricca" e tutta effetti speciali, il primo episodio di Doctor Who è ambientato in una Londra marginale, lavorativa, quasi in bassa risoluzione, più simile a una soap come grana dell'immagine. Eppure il nono dottore è uno tra i migliori, eccentrici scienziati della serie. Impersonato da Christopher Ecclestone e accompagnato dalla nuova segretaria Rose Tyler (la ridanciana ma tosta Billie Piper, con un amabile accento della workin class) appare e scompare per impedire che la Terra venga conquistata da un'entità aliena in grado di rianimare la plastica. Manichini omici per le strade di Londra, insomma.

Paradossale, spesso cerebrale e giocato sulla capacità di far immaginare prima che di stupire, la poetica del nuovo Doctor Who è giocata sul talento di Ecclestone (che ne ha tanto, impersonando l'eccentricità britannica con lucida allegria), sul ricordo di tanti episodi passati, su chiaroscuri che celano e lasciano immaginare più che svelare. Qualche effetto speciale e una scrittura tutto sommato onorevole lo rendono più un prodotto della memoria che non un blockbuster per le nuove generazioni.

Per assicurarsi la partenza col botto - sostengono i soliti bene informati - qualcuno da dentro la Bbc ha messo in giro già da qualche giorno la prima puntata (BitTorrent, Internet, etc.). Se così fosse, chapeaux al genio del marketing virale, che ha saputo cogliere lo spirito del nostro tempo. Ha probabilmente vinto cinque punti di ascolto in più, almeno sui primi episodi. Poi si vedrà.

La giornata dell'acqua

GOOGLE CI RICORDA, con li consueto banner "speciale", che oggi è la giornata mondiale dell'acqua. Intesa come risorsa scarsa, soprattutto nella parte più povera del pianeta.

La differenza con Aldo Grasso

HO TROVATO UN altro convertito in rete a BitTorrent, vale a dire Gianluca Neri. Il coraggioso blogger si è guardato le puntate americane di Lost, il telefilm che sta per partire in Italia su Fox e i cui episodi iniziano sempre con un brusco risveglio e una momentanea perdita di senso dell'orientamento, partendo da una carrellata all'indietro che inizia con il particolare di un'occhio sgranato.

Mi è venuto in mente, quindi, che la sua gradevole descrizione del telefilm - di gran successo anche col mio campione Auditel personale, vale a dire una mia amica che non può più vivere se non le vengono scaricate le ultime puntate - si basa su quell'anomalia del mercato che tanto odiano gli utenti di BT. Il fatto che, cioè, Lost e tanta altra roba arrivi in Italia parecchio dopo rispetto alla programmazione negli Usa. Ok, adesso un po' meno parecchio dopo, ma sempre e comunque dopo: negli Usa sono alla puntata numero 18. E noi viviamo nell'era globale, dove si può chattare con un amico di Los Angeles o arrivare a New York in otto ore.

Questo mi fa pensare al mercato giornalistico: BT cambia qualcosa con il mio mestiere? Nei mesi scorsi - lo cita en passant anche Gianluca, tra i blog italiani e i giornali del nostro Paese si era scatenata la lotta per recensire Desperate Housewives, dimostrando così di averlo visto. Quelli "out" dichiarando cose balzane come l'essere pendolari con Atlanta (Georgia), per seguire la normale programmazione del telefilm. Gli altri, più "in", chiarendo subito che avevano accesso ai vicoli oscuri di Internet e ci si muovevano come nella propria camera da letto. Coraggiosi come l'amico che ai tempi del liceo veniva incaricato di procurare sostanze proibite. Brutte notizie, quindi, per chi fa il critico televisivo di professione e in maniera convenzionale? Quello che scrive sui giornali e procede con passo immutato da anni?

Tempo fa il vantaggio competitivo dei critici televisivi rispetto al pubblico stava anche nel fatto che leggevano oscure riviste di cinema e televisione francesi e americane, le società di produzione inviavano loro press release e soprattutto che visionavano le videocassette col prodotto in questione in enorme anticipo sul resto del mondo. In breve: che avevano accesso a più fonti privilegiate rispetto al comune spettatore. Ne sapevano di più e quindi ti stupivano sempre.

Con la rete (piena di notizie su qualunque cosa), BitTorrent, che ha trasformato Internet nel più grande videoregistratore della storia, e il gusto innato della nostra generazione per i telefilm, questo verrebbe da pensare che non sia più vero. Quindi, verrebbe sempre da pensare, un Gianluca o un Antonio qualunque - per quanto giornalisti e quindi un po' addetti ai lavori - dovrebbero poter competere con Aldo Grasso ad armi pari, finalmente.

Però, scorrendo il Corriere della Sera anche solo degli ultimi giorni mi viene un dubbio. E penso: non è questione della proporzione o sproporzione dei mezzi a disposizione. Il fatto è che non c'è niente da fare: Aldo Grasso è proprio bravo. Mannaggia...

21.3.05

Evacuate la California! In venti minuti! Subito! Subito!

RACCONTA IN UN lancio d'agenzia l'Associated Press (via Schneier):

A man who recently had received radiation treatment for a medical condition set off a nuclear alert detector on a fire engine, prompting police to close down a roadway in Escondido while authorities searched for a nuclear weapon.

Puntale come le tasse

IERI SERA, PRATICAMENTE dieci minuti dopo che era stato trasmesso negli Stati Uniti, è uscito sui sordidi canali telematici dediti allo spaccio di materiale coperto da diritto d'autore il file torrent per BitTorrent di Lax (telefilm di cui etc. con Heather Locklear etc. che la Nbc ha tagliato etc.).

Alla faccia della velocità: Internet si sta trasformando nel più grande videoregistratore della storia dell'umanità, sigorne e signori!

Aggiungo: sono a un certo punto della visione del telefilm sulle ragazze la cui identità sessuale comincia con la lettera "l". Poi vi dico, insieme a un po' di altre cose. Per adesso, segnalo che negli Stati Uniti inizia lo iato nella messa in onda delle nuove puntate di telefilm, che verrà ripreso a metà aprile. Adesso girano i re-run. Quindi, poca ciccia per i maniaci del donwload (ma grandi opportunità di mettersi in pari con altre serie che magari all'epoca non si erano notate...).

Per fare un esempio, Joey (lo spin off di Friends) trasmette un episodio a marzo e poi torna ad aprile...

19.3.05

Un traguardo simbolico, ma sempre un traguardo

L'ENCICLOPEDIA ONLINE Wikipedia (edizione in inglese) ha appena superato il mezzo milione di articoli. In pochi anni, gratuitamente per quanto riguarda il contenuto editoriale. Wikipedia, quindi, ha un successo notevole. Questo nonostante le polemiche che erano nate sul livello dei contenuti stessi.

Wikipedia ha anche, per certo, dei costi fissi che vengono pagati in buona parte su base volontaria dagli aderenti: chi gestisce la connessione non ci rimette, in ultima analisi. Ma chi per lavoro ha studiato per produrre contenuti di qualità e valore, come ad esempio quelli che scrivono articoli tecnici o umanistici, deve entrare in competizione con il fantastico popolo della rete. Che si disseta con l'acqua destinata originariamente ad altre bocche...

Il diritto di sapere

NEGLI STATI UNITI c'è un certo dibattito. Causato dal fatto che l'amministrazione Bush ha speso 254 milioni di dollari per produrre finti servizi giornalistici (in realtà, un vero e proprio piano di comunicazione e di pubbliche relazioni approvato a suo tempo dalla Casa Bianca) che sono poi stati trasmessi come spot redazionali da network locali e nazionali. Giudici e organi amministrativi hanno emesso pareri contrastanti, considerandoli leciti oppure propaganda bella e buona.



Quelli di On the Media, programma realizzato dalla New York Public Radio WNYC, hanno centrato sull'argomento il podcasting di questa settimana (file mp3 da 20,6 Mb). Consiglio di ascoltare e riflettere sul diritto dei cittadini di sapere, la metà della circonferenza che chiude il cerchio delle democrazie: l'opinione pubblica si informa (e così si forma), dopodiché il corpo elettorale vota, eleggendo i suoi rappresentanti che governano sulla base del mandato della nazione. Il lavoro dei governanti viene osservato dai giornalisti che lo raccontano ai cittadini, in modo che l'opinione pubblica sia informata e quindi che il corpo elettorale etc.

Adesso, mettetevi in poltrona, aprite il giornale e accendete la televisione. E poi ditemi se vi sembra che qui da noi tutto fili liscio...

Alba nera su Tokyo

OGNI TANTO CI vuole un divertimento, un attimo di relax. Il problema non è tanto il genere con il quale si decide di concedersi questo relax, quanto la sua qualità. Barry Eisler è pericolosamente in bilico. Per quanto lodato da Antonio D'Orrico, la cosa non costituisce necessariamente un onore, anche se i curatori dell'edizione rilegata hanno scelto di inserire la menzione nella narrativa del risvolto di copertina.

Eppure Alba nera su Tokyo (scritto ahimè con la "y") condivide più di qualcosa con il romanzo di Giorgio Faletti lanciato sempre dallo stesso D'Orrico: la trama legata alle vicende di un sociopatico, la narrativa tesa e cinematografica nell'articolazione delle scene, la lingua ricca per accumulo e non per originalità sintattica. Mentre per un testo tradotto dall'inglese questo è un pregio di chi ne ha curato l'edizione italiana (il bravo Gianni Pannofino), per uno scrittore madrelingua è invece un limite consistente. Si rischia "l'effetto Italo Svevo", cioè di leggere un italiano che sembra una traduzione anziché un testo originale.


(L'edizione americana di Alba nera su Tokyo)


Ma c'è probabilmente un altro punto che lega Faletti e il giovane avvocato Eisler che si scopre amante del Giappone contemporaneo, delle nuove tecnologie, delle tecniche di pedinamento e di combattimento: la collegialità dell'opera. Si intravede il lavoro di editing che mette insieme fonti diverse con abilità artigianale. Ma non da artigiano, bensì da bottega artigiana. Come gli affreschi in cui il Maestro dipinge le figure principali e gli allievi si prendono cura degli angioletti e della folla sullo sfondo. L'odore del testo è questo: non è un cattivo odore, solo è un odore diverso da quello dell'Autore solitario.

Il tema tanto caro a Stephen King, insomma, dello scrittore professionista che, isolato in un hotel di montagna (Shining) o prigioniero di una infermiera folle (Mysery), resta comunque un professionista e quindi il romanzo lo riesce a scrivere nonostante gli ostacoli, tramonta. Il lavoro come difficile parto, estrazione complessa del frutto della mente dell'Autore diventa un assemblaggio orchestrato e studiato a tavolino da un gruppo, da una squadra di creativi, montatori e documentaristi. Lavoro di team, insomma.


(L'autore mentre presenta l'edizione Usa del suo libro)


Eisler, nonostante le premesse, è un buon autore, tanto da incuriosirmi e darmi il desiderio di andare a cercare il suo primo romanzo - sempre pubblicato da Garzanti - Pioggia nera su Tokyo. E magari attendere l'immancabile terzo tomo. La storia ruota intorno alla figura del figlio dei due mondi, Stati Uniti e Giappone, John Rain. Un killer, un paranoico, un sociopatico, che vive in fuga e costantemente sul chi vive come un'ombra. A parte gli eccessi - soprattutto la disponibilità economica del soggetto, che ricorda quasi i fasti del Diabolik delle sorelle Giussani - l'ex agente segreto dagli occhi a mandorla è gradevole. La sua voce, l'io narrante del romanzo, non annoia e le figure che lo attorniano, per quanto un po' stereotipate, interessano.


(La copertina del primo romanzo)


Ma se i cattivi e i buoni, gli amori e gli odi sono quasi da fumetto (e anche le passioni-ossessioni come il jazz e i vecchi whiskey single-malt) il romanzo d'azione ha un pregio comune anche questo a Faletti: si fa leggere. In una notte o quasi. Va giù come un bicchiere d'acqua fresca, insomma, e tra le tecnicalità del mondo dell'omicidio o della vita ad Osaka e Tokio, si rischia anche di imparare qualcosa. Magari per il giorno che decideremo di abbandonare l'attuale impiego e gettarci nella clandestinità.

Barry Eisler
Alba nera su Tokyo
Garzanti 2005
pp. 390
16,90 euro

18.3.05

Esempi di Customer Care secondo Tiscali

PARE CHE SIA iniziato tutto da qui: il racconto di un giornalista dell'Unione Sarda che narra (e ripropone l'articolo originale) la vicenda del cantoniere Salvatore Zedda, colpevole di avere un forte accento e poca dimestichezza con l'inglese: al call center di Tiscali lo hanno registrato a sua insaputa e messo le telefonate in circolazione su Internet. La gente le scarica, ride, addirittura hanno fatto un remix per le serate in discoteca... Adesso Zedda non ne può più e vorrebbe che la cosa finisse: lo chiamano notte e giorno, lo prendono in giro. Repubblica.it ha appena pubblicato la storia... ma insomma!

I file Mp3 (o il link a questi) su questo Posto non li troverete, però!

Lax is Back

DALLA RETE GIUNGE la notizia che i due episodi "mancanti" (già girati ma mai trasmessi) di Lax, il telefilm con Heather Locklear tagliato dalla Nbc a causa dei non lusinghieri risultati di ascolto, stanno per essere trasmessi. Uno domenica e l'altro la prossima domenica, che tra le altre cose è anche Pasqua.

Confido che faranno capolino in rete, nei consueti circuiti di BitTorrent e del mondo illegale del download di film e telefim made in Usa. Come di solito accade in questi casi...



(Avanzerebbe un episodio che non si sa se verrà trasmesso. Per adesso, però, accontentiamoci.)

Blog, il reality dell'informazione

NON SO SE ci avete mai pensato. A me la cosa è venuta in mente adesso, e l'idea mi ha colpito. Il concetto: la televisione sta cambiando per via, tra le altre cose, dei reality show. Il cambiamento sta nel fatto che vengono portate le "persone", cioè il pubblico, dentro il piccolo schermo. E la rappresentanzione (la televisione è messa in scena, come il teatro) adesso non ha più dei personaggi, ma degli individui che recitano se stessi. Professionisti o passanti che siano. La performance è dell'audience, insomma.

Ok, penso che fin qui ci siamo. Poi, dal punto di vista di Internet, un altro concetto. I blog stanno cambiando (oltre a tutti i cambiamenti che già la rete ha introdotto e sta introducendo) il meccanismo con il quale il pubblico si informa. Perché disintegrano l'agenda pubblica dei grandi mezzi di comunicazione di massa, sfruttano l'arma della velocità, sono volontaristici (nella maggior parte dei casi), utilizzano un linguaggio informale e discorsivo (senza le rassicuranti e comprensibili clausole del giornalismo convenzionale) e anche se sono fatti da giornalisti, non sono legati a testate o gruppi editoriali. Insomma, l'informazione si frammenta e arriva dal basso.

Ora, a me viene da pensare che se i blog sono fatti mettendo in scena gente qualunque, giornalisti o passanti che siano, per fargli raccontare senza un progetto editoriale e un brand convenzionale quel che succede nel mondo, più che altro somigliano a un reality. Insomma, i blog sono il reality dell'informazione. Anziché in tv, online. Però il concetto è questo: il pubblico di Internet si mette in scena, l'audience della rete diventa performing.

E tutto questo, se consentite, smitizza alquanto i Rehingold e tutti gli altri (Castells e i suoi fratelli) che stanno costruendo montagne sul concetto di democrazia digitale e comunità virtuali, sino all'idea che la rivoluzione che cambierà per sempre il mondo (con relativo, ciclopico dibattito) arriverà dai blogger, l'unica risposta sana alla malattia del giornalismo sempre più commerciale e "posseduto" dal marketing. Insomma, sono (siamo) blogger, ma se ci pensate siamo come quelli del Grande Fratello o della Fattoria. O i protagonisti di un giochino televisivo di Jerry Scotty o di Paolo Bonolis. L'effetto diventa meno figo, vero? Eh beh...

E se poi puzzasse anche un po'?

HANNO REALIZZATO UN prototipo di moto ad idrogeno. La formula dell'ENV (Emission Neutral Vehicle) alimentata a cellule di idrogeno ha un problema, però. Secondo il Guardian, è veloce, sicura, potente e silenziosa. Troppo silenziosa. Perché ai motociclisti piace invece che faccia casino, sennò il divertimento si perde...

17.3.05

Caro lettore,

LA MUSICA CI rivela un passato personale di cui, fino a un momento prima, eravamo ignari e ci spinge a piangere per sventure da noi mai patite, per torti da noi mai inflitti.
Jorge Luis Borges


Caro lettore, questa è la mia risposta al tuo commento su un precedente post.

15.3.05

Prossimamente su questi schermi

ALLORA, C'E' QUESTO telefilm con Jennifer Beals, The L Word, di cui è partita da un mese la seconda stagione. La parola che comincia con la "elle" è lesbian e la serie a suo tempo ha fatto un po' di rumore. Forse continuerà anche quest'anno, dato che il tema del lesbo-chic è sempre più conficcato nei canoni della moda, della cultura, dell'intrattenimento.



Non è un telefilm "solitario": segue la tendenza che ha portato gli sceneggiatori a optare per la svolta omosessuale di Marissa nella seconda stagione di O.C. (allo scopo di ravvivare gli indici d'ascolto, ovviamente) e riecheggia la fase di "sperimentazione" di Samantha in Sex and the City.

Proprio Sex and the City dovrebbe essere, secondo alcuni critici, il presupposto di The L Word, insieme a un fritto-misto di influenze televisive che stanno costruendo la trama fitta del mercato del tv show (come chiamano negli Usa i telefilm - pensate poi a Queer as Folk). La gayezza arriva per strade differenti, legate non solo a fenomeni sociali (la televisione d'intrattenimento statunitense ha sempre una venatura educativa, non a caso il termine edutainment se lo sono inventato loro, e l'omosessualità è una dimensione socialmente rilevante ma discriminata e tabù), ma anche a motivazioni estetiche, pubblicitarie, di ricerca del target.

Per chi si occupa di vendere i telespettatori agli inserzionisti pubblicitari (che poi sarebbe il vero core business della tivù), infatti, al termine "gay" si associano alcuni valori non trascurabili: trendy, pulito, alla moda, capacità di spesa. Una giratina nello zoo omosessuale di San Francisco - il quartiere di Castro - è un'esperienza distante anni luce dai bassi napoletani con la prostituzione di femminielli.



Alto reddito, alto livello di educazione, consumo culturale elevato, ricerca dello stile, ricostruzione di un modello à la disneyword delle comunità borghesi. Oro per i produttori televisivi. Gay è bello, lesbica di più. Perché, come spiegava l'ideatore del mielismo - cioè lo stesso Paolo Mieli all'epoca della sua prima direzione del Corriere della Sera - un uomo nudo in copertina lo guardano in pochi. Una donna, sia gli uomini che le donne. Quindi, argomentavano gli esegeti del furbo Mieli, in ultima analisi si vende di più.

Allora, in conclusione questo telefilm ha premesse interessanti. Non mi risulta dalle nostre parti sia stato trasmesso, come del resto anche altre cose, che di solito rimangono impigliate più che altro nelle maglie di un "fuori bersaglio" rispetto all'idea zuccherina e plastificata che la tivù soprattutto privata negli anni ha costruito degli Stati Uniti nel nostro Paese. Quindi, ci butto un occhio (e un altro su Tilt, promesso!) e poi vi faccio sapere.

14.3.05

News, Not Ever Willing to Spend

IL NEW YORK Times apre il dibattito sulle notizie online (ironia della sorte: è richiesta la registrazione, anche se gratuita).

Le notizie online sono sempre più popolari, ma a pagamento il pubblico non ha interesse. Un modello destinato a cambiare, si chiede il giornale? Il problema è che proprio il NYTimes adesso ha più lettori sul web che non nelle edicole...

12.3.05

La mi porti un bacione a Firenze

NON CI VUOLE molto tempo, girando per le strade di una città, per capire com'è amministrata. Firenze è sporca, soffocata dal traffico, popolata di facce torve, con motorini rumorosi e indisciplinati, sistemi per la gestione del traffico nuovi ma insufficienti e inutili. Non ci vuole molto tempo per capire che la città è amministrata da persone incompetenti o forse corrotte. Che tristezza, trasformarsi nel Cairo del Rinascimento: le vestigia di un grande popolo che ha eretto le piramidi ma oggi scomparso, e al suo posto campeggiano gli sciatti, indolenti e sporchi beduini.

11.3.05

Professioni emergenti

A QUANTO PARE tra le nuove professioni, quelle del futuro nel terziario avanzato, ce n'è qualcuna meno nota. Alla stazione Centrale di Milano, da dove sono partito per Firenze, c'è una piccola folla di nuovi lavoratori, lepersone del customer care di Trenitalia.

Tuta da lavoro con giubbotto catarifrangente arancione, età sotto i trenta, si aggirano tra le macchinette per fare il biglietto (solo bancomat e carte di credito, sorry resto del mondo) e aiutare chi deve recuperare il biglietto online ma si perde nel sistema informatico delle Fs.

Si aggirano anche al piano dei binari, sotto il paletto "Informazioni" messo come una bandierina in mezzo alla tempesta a metà della galleria centrale, al banchetto davanti agli sportelli "veloci" (treni in partenza nei prossimi quindici minuti) per filtrare i passeggeri, in maniera casuale nelle sale di aspetto e tra i binari.

Sono (mi pare di immaginare la riunione interna di presentazione del nuovo profilo, presso la sede centrale di Trenitalia) il "volto umano e utile" rispetto ai ferrovieri in carriera: una vita in biglietteria, i mastini dello sciopero, i masticatori di code e soprattutto i più grossi giocatori professionisti di poker sociale: mai visto gente così abile nel bluffare (il biglietto? non è possibile cambiarlo. Il supplemento? non è previsto. Il bonus? mi dispiace, non li accettiamo nei giorni pari come oggi...). I profeti del customer care per osmosi, invece, hanno trovato la strada perfetta per unire l'utile al dilettevole. Un sacco di gente nuova e giovane, per ridare calore al servizio.

Una curiosità rimane. Queste emozionate e precarie creature del terziario avanzato, con i loro giubbottini catarifrangenti, saranno assunte con un contratto a progetto, come liberi professionisti o addirittura in stage da qualche fantomatico istituto tecnico ferrotranviario? Nel novero delle statistiche nazionali sul livello di occupazione, i loro tre mesi di lavoro li tolgono dal conteggio dei disoccupati? E infine, se mando un curriculum, come verrò considerato?

Non ci posso fare niente, i piccoli dettagli tecnici mi incuriosiscono sempre...

Trovato! #2 -- i commenti

VELOCEMENTE IN RISPOSTA ai commenti di questo post, perché devo prendere il treno...

Comments:
a proposito di Sin City e telefilm: su espn ne stanno trasmettendo uno molto carino ambientato a Las Vegas, protagonisti 3 giocatori di poker. Si chiama Tilt, dagli un´occhiata se non lo hai giá fatto!

# posted by alessandro : 12:34 PM
 
... per forza che anche negli Usa si chiamava "Vega$"! I traduttori italiani non avrebbero mai scovato un gioco di parole (grafico) di quel tipo! Piuttosto LEI, la biondona come si chiama(va)? Pare davvero un bel tipìno dalla foto che hai postato. Ora che hai iniziato questo gioco del "mi ricordo" coi telefilm... ricordi il titolo originale del telefilm "Troppo forte"? In cui LUI, un investigatore tonto e burbero amava la sua Magnum più di quanto amasse le donne? Ti do un indizio: lo trasmettevano su Italia1 in seconda serata verso la fine degli anni'80.

# posted by Smeerch : 4:49 PM
 



Tilt l'avevo intravisto, in effetti, ma approfondirò!

Ulrich, purtroppo, è morto nel 2002 per un tumore, con strascico di cause perché l'avevano licenziato dalla serie di cui era protagonista quando aveva annunciato la cosa. Lui aveva una bella carriera, sponsorizzata da Burt Reynolds, di cui era stato il protegèe, da quando aveva esordito interpretando il ruolo del fratello minore dell'attore.

La tipa si chiama Judy Landers, ha una sorella gemella e una vita iper-salutista. Un personaggio, oltretutto dotato di una intensa e americana bellezza molto anni Settanta. Qui è nel suo splendore. Di "Troppo forte" riparleremo da Firenze...





(tutto perché volevo mettere su un'altra immagine di Judy Landers, ma i commenti di Blogger non accettano i link alle immagini... uffa!

Ragazzi, è identico! Cambia solo metà del nome...

IN QUESTI GIORNI si sta svolgendo in Germania il CeBit, dove si ritrovano tutti i maniaci dell'elettronica di consumo. E' tipo uno Smau al cubo. In queste fiere si trova di tutto: il prodotto di successo e la novità di nicchia, che non arriverà mai sugli scaffali dei negozi. Ma a questo giro, tra le varie cose, ce n'è una pazzesca. Avete presente l'iPod shuffle di Apple (si veda il post di un paio di giorni fa)? Ebbene, dei tizi hanno presentato il "Super Shuffle". Che, se non è una finta o uno scherzo di carnevale in ritardo, pare proprio uguale... anche nella pubblicità. Altre foto qui.




(in realtà, una differenza ci sarebbe: questo qui ha anche la radio. Mah...)

10.3.05

La colomba è più cara del 50%

LA NOTIZIA DEL giorno pare essere questa: il tipico dolce pasquale è aumentato del 50%. Con buona pace di quelli ai quali, come me, non piace la colomba e non la mangiano da vent'anni...

9.3.05

Trovato!!! -- Vega$

ERA QUASI DIVENTATA una ossessione. Prima della partenza, durante la permanenza nella città del peccato e al ritorno qui a Milano. Come diavolo si chiamava quel maledetto telefilm di cui avevo solo pochi, remoti ricordi, ambientato a Las Vegas? Mi sono scervellato, ho chiesto a destre e a manca, ho cercato su Internet. E alla fine ci sono riuscito: l'ho trovato!



Si chiamava Vega$, col simbolo del dollaro al posto della "s" finale. Proprio così. Merito di questo sito, da cui riprendo la spiegazione e "rubo" amichevolmente l'immagine. Tra l'altro, è una piccola cava di altri telefilm degli anni Settanta e primi Ottanta. Ma più famosi...

Tra le luci sfavillanti, i tavoli da gioco, il lusso e l’esagerazione di Las Vegas, capitale del Nevada e del gioco d’azzardo, lavora l’investigatore privato Dan Tanna (Robert Urich).

È proprio la magica atmosfera di Las Vegas che contribuì in larga parte al successo del telefilm, le cui sceneggiature erano per la verità piuttosto banali.

E la cosa funzionò anche al contrario, con il telefilm che faceva da straordinario depliant promozionale di Las Vegas, proiettando il telespettatore nel sogno di questa incredibile città in mezzo al deserto.

Molti interni sono girati all’hotel-casinò Desert Inn, il cui vero presidente - B. M. Cohen - è comparso in vari episodi nei panni di sé stesso.

70 episodi di 'Vegas' passarono sugli schermi dalla Abc tra il 1978 e il 1981. In Italia la serie è stata trasmessa dalle reti private con il titolo di 'Vega$'.


(l'unica imprecisione è che anche negli Usa si chiamava "Vega$")

The Assassination (of Richard Nixon)

UN CONSIGLIO PREVENTIVO: se siete un po' depressi o nei guai sul lavoro o nella vita sentimentale, ecco: questo non è il film giusto da vedere (e neanche il post, se è per questo, a meno che non vogliate anticipazioni sulla trama).

A meno che non crediate nel potere della catarsi del grande schermo, la vicenda triste di un povero venditore fallito della provincia americana è come la classica pietra al collo: vi trascinerà a fondo. Inspirato da una storia vera e con uno Sean Penn in buona forma, il film di Niels Mueller ha un problema. Narra apparentemente la storia di una grande depressione, figlia dell'essere inadatti al mondo, alla vita di relazione e al lavoro, ma termina coprendo queste ansie squisitamente private con una patina pubblica (l'ossessiva presenza di Richard Nixon sul televisore in bianco e nero col filocomando, la patologia che evolve verso il regicidio, la scelta di dirottare e schiantare un aereo contro la Casa Bianca, il finale tutto azione con la consueta sparatoria iper-realistica) tanto da farci pensare che forse il tono giusto è l'accusa politica al sogno americano, già disperso negli anni Sessanta e fratello della stessa relatività di valori del primo decennio di questo nuovo millennio.

Come si sceglie un buon vino da accompagnare a una pietanza gustosa, se desiderate soffrire ulteriormente cosa meglio di un buon, breve, alluncianto e depresso romanzo? Questa volta francese, dato che i cugini d'Oltralpe sono da sempre maestri nell'arte di mostrarci tutti i migliori motivi per farla finita con un colpo alla tempia. Si dice che il suicida abbia intenzioni serie solo se compie il suo gesto estremo in maniera decisa, altrimento voleva farsi salvare. Il protagonista del romanzo di Michel Houllebecq, Estensione del dominio della lotta (Tascabili Bompiani, 2002, 6,50 euro) non dichiara il suo nome ma di lui sappiamo che ha trent'anni, lavora come analista programmatore in una società di servizi informatici e le sue ansie e anoressicità sentimentali sono attuali anche undici anni dopo la scrittura del romanzo. Da un presente disegnato in maniera graffiante a un crescendo di allucinazione depressiva, Houllebecq porta il lettore verso diversi possibili sbocchi (serial killer? maniaco-depressivo? anima dannata?) per abbandonarlo alle due del pomeriggio nei pressi delle sorgenti dell'Ardéche, sul limitare di un bosco, insieme all'ultima pagina del romanzo e all'ultimo pensiero del suo protagonista.

Da non dimenticare, come il bouquet del vino, le pagine sublimi dei romanzi incompiuti del protagonista, che si diletta nel genere della narrativa d'argomento animale, "un genere letterario come un altro, forse persino superiore ad alcuni altri". Già s'intuisce, al comparire del primo brano, che qualcosa nella mente del nostro io narrante non va. Il resto, come si dice, è la geometrica evoluzione di questa sensazione.

Quando ne vedrò uno, lo riconoscerò

IN ITALIA, IL retaggio culturale del Fascismo e della successiva legislazione per l'ordine nazionale dei giornalisti (che secondo quasi tutti gli autori si richiama allo spirito se non alla lettera delle corporazioni) risolve altrimenti la questione. Ma negli Stati Uniti, dove non esiste un Ordine professionale dei giornalisti, si dibatte sei i blogger siano giornalisti oppure no. Attenzione, non se siano meglio i blogger fatti dai non giornalisti di quelli fatti dai giornalisti, facendo così riferimento (com'è stato per buona parte del dibattito italiano) al fatto che molti blog vengano aperti da giornalisti anche famosi.

Dal punto di vista statunitense, mi pare di capire, il problema è alquanto differente. Se fai il giornalista, al massimo sei iscritto ad una associazione di giornalisti (come accade sicuramente in Gran Bretagna), ma vale tanto quanto essere iscritto al club delle Giovani Marmotte. Sei giornalista in quanto fai il giornalista e nel momento in cui fai il giornalista. Se ti fermano mentre stai parcheggiando in doppia fila al supermercato, non c'è "servizio urgente di cronaca" che giustifichi il fatto che, per quanto impiegato a tempo pieno nella famosa testata nazionale, stavi parcheggiando in doppia fila per fare la spesa.

Quindi, come si riconoscono i giornalisti, innanzitutto? E poi, i blogger sono giornalisti? Per il primo punto, racconta Garrett M. Graff, il giovane blogger che è stato accreditato come stampa alla Casa Bianca, il discorso è semplice: ci si basa su regole d'uso, con badge di accredito temporanei (giornalieri) oppure permanenti. In pratica, c'è uno screening: bisogna lavorare per una testata giornalistica che esca regolarmente, non-partisan, indipendente e basata su pubblicità o sottoscrizioni per le modalità di finanziamento. Adempiuti questi requisiti, la "professionalità" del singolo giornalista è un problema della testata stessa: se manda a giro un coglione, che sia timbrato o no da un ipotetico Ordine dei giornalisti sono solo fatti loro. Medaglie? Le notizie portate a casa e non il numero dei bollini sul tesserino dell'Ordine.

E i blogger, loro sono giornalisti? A parte che non esiste una definizione canonica di blog, il diario di rete come quello che state leggendo, il buon Garrett M. Graff ricorda cosa rispose a proposito il giudice Potter Stewart alla domanda se sapeva dire cosa fosse pornografia e cosa no: "Se la vedo, la riconosco". Ecco, dice Graff: se lo vedo, un giornalista io lo riconosco. Non datemi una definzione o una tabella precostituite. La cosa rende alquanto interessante il discorso sui blog perché lo lega direttamente allo stile dell'ordinamento giuridico degli Stati Uniti basato sull'idea dell'interpretazione dei principi fondamentali da parte del giudice (in questo caso dell'ente incaricato di accreditare i giornalisti alla Casa Bianca), vale a dire: accreditiamo i giornalisti che lavorano per i giornali. Poi, se arrivano le televisioni, accreditiamo questa nuova forma di giornalisti che lavorano per le televisioni. E se arrivano i blog? Accreditiamo i giornalisti (cioè le persone che forniscono notizie etc) che lavorano (mica per amore della patria o per scelta ideologica) per i blog. E a questo punto, stare a impazzire per trovare una definizione di blog non è più un esercizio così fondamentale o difficile.

Sono tanti, allora, i giornalisti blogger? Si, parecchi. Ma di certo non tutti: solo qualche migliaio al massimo nel mare magnum di decine e decine di migliaia di blogger. E quel piccolo blog querelato da Apple perché divulgava i "segreti" industriali raccolti attraverso informatori, gestito da un ragazzo appena maggiorenne, ha diritto alla tutela delle sue fonti sulla base della legislazione in vigore negli Usa? Si, dice Graff.

Infine, cito qui, en passant, solo il fatto che la responsabilità penale nel nostro Paese è personale. Il segreto professionale è valido per medici e avvocati ma non per i giornalisti, ovvero solo in parte. Vale per i giornalisti iscritti all'albo dei professionisti e non per i pubblicisti, prima di tutto, e vale solo se il giudice decide che ottenere il nome della fonte non è determinante nella definizione della causa legale. Se invece per il giudice il nome è necessario e non se ne può fare a meno per emettere il giudizio, allora il giornalista lo deve rivelare, a pena delle sanzioni previste dal codice penale.

Se mi avete accompagnato sino qui nella lettura di questo post, spero che alla fine il ragionamento risulti quantomeno interessante. Sarete giunti come me alla conclusione, infatti, che per quanto questo blog sia scritto da un regolare appartenente all'Ordine dei giornalisti albo professionisti, non è in realtà sostenibile per questo motivo - agli occhi del giudice americano - che sia esercitabile una qualche tutela speciale su quel che qui viene scritto. Se, per esempio, vi dico che ho lo scoop e che Tizio ha preso i soldi da Caio, informazione esclusiva grazie alla mia Gola Profonda, non c'è santo che tenga, se il giudice lo vuol sapere io il nome di Sempronio, alias la Gola Profonda, lo devo dire. Se invece lo scrivessi sul New York Times, no. Neanche se il giudice a parte la mia fonte segreta non ha altri elementi per sciogliere il nodo del procedimento. In Italia, non funzionerebbe così. (In Italia mi tirerebbero due querele grosse come un palazzo oppure mi segherebbero la carriera passando dalla stanza dell'amministratore delegato o della concessionaria di pubblicità. Ma questa è un'altra storia, che si applica anche negli Usa, se è per questo).

The perfect ass: Keyra Agustina

IL FENOMENO DI costume delle ultime settimane in rete non è il ciccione che canta davanti al Pc. E' il sito di questo signore, che sostiene di aver trovato il sedere perfetto (anche qui).



E spiega:

Holy Hell, I finally found it! The World's Most Perfect Ass! I would give this girl all of my money, just to hear her fart through a walkie talkie.

After doing a little research, I have found that her name is Keyra, or possibly Agustina, and maybe Cordova is her last name. She may also go by Augustina. But, who really cares, right? What matters is that she puts a temporary end to my quest for the Perfect Ass! Oh, and this guy claims to be her husband. BOOOOO!


Ulteriori "dettagli" (è il caso di dirlo), sono reperibili qui. Sulla calda vicenda della signora Keyra Agustina alias Pan Dulce Agustina (l'Agostina tutta dolce?) torneremo quando il Tg2 Costume e Società avrà dedicato al fenomeno il giusto risalto, come di consueto.

Sconsigliato ai benpensanti e alle persone pure di spirito.

Ps: Ma uno che scrive che gli darebbe tutti i suoi soldi anche solo per sentirne le flautulenze attraverso un walkie-talkie, non meriterebbe un qualche premio letterario? Suvvia, dopotutto siamo il paese di Alberto Moravia e Piero Chiara (oltre che di Lino Banfi e Alvaro Vitali).

7.3.05

Della buona musica e cibo per la mente

RADIO WITTGENSTEIN STA trasmettendo (ancora per poche ore) in libertà sulla rete. Non è né una novità assoluta né relativa, ma lo stile e il gusto di Luca Sofri, che si cela dietro lo pseudonimo del filosofo, lo rendono gradevole sia per la selezione dei brani che per la chiosa che pubblica sul suo blog.

Con una di quelle accelerazioni che lo contraddistinguono, mischiando la leggerezza di cui ha il dono con l'improvvisa e spiazzante riflessione "profonda", dopo aver notato che si diverte a giocare al deejay perché per certi di noi, appassionati e trenta-quarantenni, è quasi meglio far sentire della musica che dire delle cose, scrive:

Qui c’è un discorso a cui penso da molto, sul fatto che sempre di più la mancanza di talento venga rimpiazzata dalla capacità di riconoscere il talento altrui. Fino a inversioni per cui si può preferire la seconda al primo (i critici sono davvero scrittori mancati, o viceversa?): D’Orrico vorrebbe essere un grande romanziere? Non credo. Credo che gli piaccia essere quello che ha “scoperto” il grande romanziere. E cosa fanno continuamente i blog, se non questo? Scoprire cose e rallegrarsene...

In rete c'è buona musica e non solo...

Musica per le vostre orecchie

QUI DI SEGUITO, ci sono alcuni album che mi piacciono. I link puntano direttamente alla pagina commerciale di iTunes Music Store. Il programma che fa da jukebox digitale (ed è fatto parecchio bene), è gratuito sia per Mac che per Pc, e deve essere installato. E' possibile farlo da qui. Se li conoscete, li avete, li volete comprare, i commenti a questo post sono il luogo giusto per esprimervi. I più interessanti verranno presi e messi a mo' di mini-recensione sotto il rispettivo disco.

Fleetwood Mac: Rumors e Tango in the Night

Pink Floyd: Wish You Were Here e The FInal Cut

Supertramp: Paris - Live

Alan Parsons Project: Eye in the Sky e Tales of Mystery and Immagination - Edgar Allan Poe

Yes: 90125, e Fragile

Iron Maiden: Rock in Rio e Seventh Son of a Seventh Son

Henry Mancini: The Ultimate Pink Panther

Frank Sinatra: The Christmas Album

Dean Martin: Italian Love Songs

Robbie Williams: Live At Knebworth

Scoperte notturne

SACRIFICANDO CON GENEROSITA' come mio solito ore di sonno e quindi capacità produttiva del lunedì mattina, scrivo queste righe per mettere quel piccolo spicchio di mondo che mi legge a parte di due scoperte, per molti forse ovvie, ma per me assolutamente nuove e sorprendenti.

La prima viene da un'occhiata al sito di Apple. Avendo appena comprato a Las Vegas un iPod shuffle per me stesso da un giga (dopo averlo a suo tempo recensito e regalato), volevo vedere quali sono i tempi di attesa qui in Italia (da una a due settimane). E ho scoperto che il prezzo italiano comprende oltre all'Iva anche 6,91 euro di "compenso per la copia privata" della musica. Che viene versato ai discografici. Quello da mezzo giga è pari a 3,46 euro. Per l'iPod più grosso, da 60 Giga, si tratta della bellezza di 13,28 euro. Questa cosa, lasciatemelo dire, è allucinante.



L'altra scoperta ha a che fare con i Beatles. Pare io fossi rimasto l'ultimo sul pianeta a non sapere che Lucy in the Sky with Diamonds è un titolo che cela l'acronimo di Lsd... Sapevo che Mr Tambourine man non è solo riferita alla figura romantica della guerra di secessione americana ma anche allo spacciatore (personale di Bob Dylan?) e che Gloria di Umberto Tozzi non è una ragazza ma la coca (credo). Ce ne saranno decine di altre, ma aver toppato quella dei Beatles è un po' grave...

6.3.05

La donna meravigliosa

NEGLI ANNI SETTANTA ed Ottanta questa donna meravigliosa (Wonder Woman) dimostrò al mondo di saper anche cantare, oltre a recitare con inconsueta grazia il ruolo di una eroina dei fumetti della DC.



Ovviamente il terreno dove sperimentò le sue doti canore (fece alcuni dischi e anche una serie di spettacoli televisivi per la Cbs) fu soprattutto Las Vegas, quella sorta di Gardaland al cubo che sta persa nel mezzo del deserto del Mojave...



La storia di Linda Carter è tutta nel suo sito semi-ufficiale. Nel suo genere, uno dei migliori: c'è da leggere per ore e le immagini sono stupende...

5.3.05

Beppe Grillo

IL COMICO GENOVESE (secondo la formula consueta con la quale viene chiamato dai giornali) non è scomparso. Fa i suoi spettacoli, continua a prevedere sciagure che puntualmente si avverano (Parmalat prima, adesso Telecom e il nucleare militare in Italia, grazie agli americani). Insomma, come indica il suo cognome, fa il grillo parlante, cioè scomodo. Ha anche una presenza in rete: un blog. Che vale la pena vedere: non tanto perché faccia ridere, quanto perché un po' fa preoccupare.



Stranamente, Beppe Grillo non compare più in televisione.

Quelle mutande sono le mie o le tue?

ADESSO SI SCOPRE un'altra chicca riguardo la Nasa e le sue missioni spaziali su Marte. Prima perdono una sonda perché mescolano sistemi di calcolo basati su misurazioni in unità metriche e in unità imperiali (pollici e yard, per intenderci). Poi si dimenticano di montare uno strumento per una ricerca su un'altra sonda e se ne accorgono solo quando è praticamente arrivata in fondo al sistema solare. E adesso?

Su Marte viaggiano due rover, Opportunity e Spirit, identiche. Il New Scientist riporta che hanno montato due strumenti di rilevazione uguali invertendo le sonde. Quello di Opportunity su Spirit e viceversa. Il problema è che i dati raccolti dagli strumenti, spettrometri ai raggi X per particelle alfa, sono tarati dal tipo di rilevatore sullo strumento e devono essere corretti una volta a terra. Perché ciascuno strumento è unico nelle sue piccole idiosincrasie, che dipendono dal tipo di materiali usati.

Così, giusto per caso, i geniacci della Nasa si sono accorti che i dati venivano fuori "strani", ci hanno pensato su qualche mese e hanno risolto l'inghippo invertendo anche i sistemi di correzione. Però, che figuraccia...

4.3.05

L'inaffondabile

MI RICORDO CHE quando sono arrivato a Milano, nel 1999, al dipartimento di scienze della comunicazione dell'università si dibatteva circa il successo di Megan Gale come testimonial di Omnitel-Vodafone e della sua prossima, inevitabile dipartita (per non oscurare il brand, come è accaduto varie volte in passato: Kimbo e Pippo Baudo, per dirne una, oppure, sempre nel settore, Manfredi e Lavazza).

Ora, nel 2005, si apprende che tra pochi giorni Vodafone partirà con una nuova campagna di comunicazione sui servizi Umts. Indovinate chi sarà il testimonial?

3.3.05

Neve e brutto tempo

NEVICA UN PO' da tutte le parti: Bergamo, Siena, Milano, la Toscana, la Liguria. Posso testimoniare che nevicava anche a Chicago, dodici ore fa. Ma sono anche convinto non gliene freghi un cavolo a nessuno...

Guerre Stellari e OC... chi l'avrebbe mai detto?

DA DUE ANNI i fan di Guerre Stellari aspettano a gloria di vedere l'ultimo appuntamento della seconda (prima) trilogia: "Star Wars: Episode III -- Revenge of the Sith". Ebbene, quasi ci siamo, sta per arrivare se non altro il trailer cinematografico. In un modo tuttavia incosueto.



Secondo la Cnn, infatti, nell'episodio del prossimo 10 marzo in onda su Fox Tv della popolare serie televisiva OC sarà trasmesso - integrato nella trama - il trailer del film, che poi uscirà nei cinema il successivo 19 marzo.

L'operazione è originale e si basa sul fatto che il personaggio di OC, Seth Cohen (interpretato da Adam Brody) è un appassionato della saga di George Lucas...

Il momento dell'arrivo

PRENDETE DUE VOLI, partendo da Las Vegas, per arrivare sino a Milano. La prima tratta la fate con American Airlines, che conferma la sua fama di infame: Boeing 757, dentro tutti pressati, niente da mangiare e praticamente niente da bere, circondato da giovani e voluminosi americani. Siccome sono voluminoso anche io, è stata dura.

A Chicago, che vista dall'alto è una gran città affacciata sul lago Michigan, rapida corsetta dal terminal di American sino al 5, dedicato ai voli internazionali. Quelli di Alitalia sono appostati in fondo al corridoio, il carico di lavoro è minimo e il volo era semivuoto. Uno scomodo 767, la carretta dei cieli, dove la sorte ha voluto che fossi seduto al finestrino senza nessuno accanto. Un'ottima cosa.

Sonno profondo, arrivo a Malpensa intuendo che potesse far freddo (tutto gelato di qua e di là dalle Alpi), dopo il consueto e schifoso pranzetto (pollo o carne? è la domanda di rito che ti fa lo stewart, e già sai che qualunque risposta è quella sbagliata) e la disgustosa colazione. Scendo e subito hanno cancellato ben tre treni per Cadorna. Guasto sulla linea, dicono. Invece è neve. Neve a profusione, neve a catinelle, neve a pacchi. Insomma, neve. Di quella bagnata, oltretutto. Cosa che per chi è appena tornato da Las Vegas con le scarpe da mezza stagione (perché non ci vai coi doposci nel deserto del Mojave) è proprio una gioia.

Adesso si lavora e si cerca di tirare sera...

2.3.05

Il momento della partenza

TRA POCHE ORE balzo su un aereo e vado a Chicago. Da lì, prua verso Milano e si rientra. L'operazione richiede più di quindici ore (anzi, quasi venti...) anche perché purtroppo non ci sono voli diretti. Peccato che la città ventosa, cioè Chicago, dove non sono mai stato, sia una tappa di meno due ore. Fatto questo che non mi permette certo di girarla...

Il viaggio sarà lungo ma ne è valsa la pena: la città del vizio, come i locali chiamano Las Vegas, è sempre un piacevole diversivo. Sorta di Gardaland al cubo, non finisce mai di stupire. Se poi avesse anche il mare...

Note a pie' di pagina

SICCOME POI QUANDO bisogna lavorare si finisce col navigare su Internet, vi rimando a questo.

I’m sure that everyone has heard the old saying, “Mac for Productivity, Unix for Development, and Windows for Solitaire”. My experience has shown me that at least for my needs, the Mac is not only for productivity, but for development as well. Windows? Well, some things never change.

1.3.05

Cronache marziane

NON E' VERO che le città più o meno sono tutte uguali. Las Vegas è la cosa più vicina a un pianeta alieno sul quale sbarcare per qualche giorno di franchigia che abbia mai visto. Sembrano come noi, parlano come noi, mangiano come noi, ma sono decisamente diversi da noi. Le case, i palazzi, i casinò, quelle sottili e impalpabili cose che rendono i posti simili perché abitati da persone più o meno come noi, qui non tornano. Manca qualcosa, o forse c'è qualcosa di troppo.

Il problema del viaggiatore seriale come me, per quanto abbia rallentato il passo negli ultimi mesi causa forza maggiore, è che quando arrivi già pensi che stai per ripartire. E la cosa non va bene, come dicono anche i buddisti: è più importante il percorso della meta. Adesso che sono nel mezzo del percorso, mi guardo intorno e mi chiedo se l'Enterprise mi teletrasporterà via da qui oppure se sarò lasciato a vivere tra i casinò e gli infiniti corridoi di moquette ignifuga a disegni finto-pakistani.

La sala stampa dove sono asserragliato, circondato da una trentina di laptop di Ibm, è alta come una villetta di tre piani. Fa impressione guardare il cornicione decorativo di legno o balza che hanno appiccicato a nove metri di altezza, ancora distante dal soffitto. Sono i materiali edilizi quelli che ti fan capire che sei su un altro pianeta, circondato da alieni umanoidi. Termoregolati in maniera differente da noi: girano sempre in camicia e tengono l'aria condizionata a manetta (i maledetti). E soprattutto, hai la netta sensazione che qualcosa non funzioni nel modo in cui si relazionano con te.

Cammini per qualche miglio tra tunnel, corridoi, stanze affrescate e pavimenti di falsa pietra serena (o forse è vera pietra serena) chiedendoti in quale film o telefilm sei capitato, quando all'improvviso la incroci. Bionda, alta, meno che trentenne, vestita casual, con il cartone pieno di caffé fumante in mano. La guardi - dopotutto se sei italiano che ci puoi fare? - lei alza lo sguardo ceruleo, ti sorride e incrociandoti sussurra un "hello". Hello? Ma come, non te la tiri? Non ti incazzi? Non ti giri? Ma cosa sei, una marziana? Glielo chiderò stasera, quando andiamo a prenderci una cosa da bere al finto barrettino stile New York tutto parquet e legni caldi. L'Enterprise non ripassa da questo pianeta prima di ventiquattr'ore.

In fondo alla strada

PER QUELLI CURIOSI di sapere con precisione dove mi colloco qui a Las Vegas, sono in quel bel palazzone a due ante dopo la piramide. Sono quello che con la mano fa ciao ciao dal dodicesimo piano, sulla sinistra...