31.10.04

I miei quanti nuovi nuovi

ALCUNI MESI FA avevo scritto questa cosa. Pubblicata. La ripropongo, per gli appassionati di fisica e di sicurezza...

Se un ladro cerca di scassinare la cassaforte, lascia delle tracce. Se lo spione informatico intercetta i messaggi, invece, non è possibile accorgersene. E magari, con un po' di tempo a disposizione, potrebbe anche riuscire a violare l'integrità anche di quelli crittati.

E' successo così alla Germania durante la Seconda guerra mondiale, quando gli Alleati prima intercettavano e poi decodificavano le trasmissioni cifrate dell'esercito nazista. E, a sessant'anni di distanza, è ancora il cruccio di tutti gli esperti di sicurezza informatica.

Adesso, però, questo bisogno di sicurezza potrebbe trovare una soluzione definitiva, grazie anche al contributo italiano.
Nell'ambito del Sesto programma quadro dell'Unione europea, infatti, è stato avviato lo scorso primo aprile il progetto di ricerca Secoqc per la protezione contro lo spionaggio informatico, con particolare attenzione allo spionaggio economico e industriale (come quello, ad esempio, che il sistema di ascolto Echelon da anni effettua sulle trasmissioni mondiali).
Partecipano più di quaranta soggetti tra centri di ricerca, università e aziende private, con un finanziamento stanziato di 11,4 milioni di euro.

L'obiettivo è quello di utilizzare la crittografia quantistica per rendere le reti di comunicazione non solo a prova di spione, ma anche in grado di mostrare i segni di un eventuale "tentativo di scasso". Com'è possibile? Lo spiega il professor Sergio Cova, a capo dell'equipé del Politecnico di Milano che gestisce lo sviluppo di un anello fondamentale della costituenda catena di sicurezza, il rivelatore finale del messaggio.

"La crittografia quantistica da un punto di vista teorico - spiega Cova - è nata circa vent'anni fa, ma non è stato possibile riuscire ad applicarla concretamente per via dei limiti della tecnologia. In teoria consiste nella creazione di una chiave crittografica unica, lunga quanto il messaggio che - se usata una volta sola - rende praticamente inviolabile il codice. Ma la trasmissione della chiave, che avviene sfruttando principi della fisica quantistica e non della fisica classica, finora è stata realizzata a velocità troppo bassa per essere utile in pratica ".

In sostanza, ciascun bit della sequenza che costituisce la chiave crittografica, cioè il codice necessario per rendere intellegibile il successivo messaggio o la comunicazione cifrata, viene trasmesso utilizzando un singolo fotone polarizzato, sfruttando le sue proprietà quantistiche.

Il problema è nella trasmissione e soprattutto nella ricezione dei fotoni, che deve avvenire a velocità elevata per rendere il sistema efficace e utilizzabile nelle moderne reti di telecomunicazioni. Finora non ci si è riusciti, e l'ambizione del progetto - che sperimenterà per i primi 18 mesi un insieme ampio di tecnologie e poi nella seconda fase di 30 mesi ne approfondirà gli esempi più promettenti - è quello di rendere la trasmissione attraverso fibra ottica o in spazio libero (per esempio con satelliti) veloce oltre che sicura.

"Il nostro ruolo - dice Cova - è quello di sviluppare un apparato molto importante: il rivelatore di singoli fotoni. Sono ottimista sul fatto che il lavoro del Politecnico, che si svolge insieme al CNR-IMM di Bologna e le università di Heriot-Watt a Edimburgo e di Shieffield, possa raggiungere i risultati sperati. Anche se i problemi tecnici da risolvere sono ancora numerosi e il progetto nel suo insieme è una sfida di notevole portata".


A.Di.

Nessun commento: