22.3.03

Personali sensazioni

QUESTA E' LA prima volta dal 1995 che non sono in redazione durante una guerra o un evento internazionale. Adesso giro il mondo come una trottola ma non mi occupo pi� di politica e cronaca estera. Strana (e non piacevole) sensazione.

Sono rientrato da Parigi ieri sera in tempo per la cena, adesso continuo a correre a destra e a manca per mettere insieme i pezzi: luned� mattina devo andare a Pechino per la fiera della moda. Il mio biglietto aereo mi aspettava in una portineria a Primaticcio (20 euro di taxi, tanto per capirci), il passaporto all'agenzia di Lotto (Un'ora di metro, con un cambio), insomma: giornate di logistica abbastanza faticosa. Tra l'altro, cosa si mette in valigia uno per andare in Cina? L'ombrello pieghevole e l'adattatore per la spina della corrente? Pare che il Gsm funzioni (dopotutto, la Cina � il mercato emergente in questo settore della tecnologia), mentre il senso della distanza � prevalentemente culturale. Infatti, � pi� lontana l'Australia. Ma � anche pi� rassicurante.

L'obiettivo del viaggio �: sopravvivere al "fuoco amico" americano, ai kamikaze di varie etnie e religioni, al morbo influenzale cinese (il cui focolaio, dicono, fosse a Honk Kong e comunque sia stato individuato l'agente pestifero) e ai taxisti cinesi. Nel manualetto del viaggiatore, infatti, un paragrafo speciale � dedicato ai tassisti che bazzicano gli aeroporti e rendono, nell'economia complessiva del viaggio, il trasbordo verso l'albergo l'attimo pi� intensamente pericoloso.

In taxi, stamattina, l'autista - ligure di origine - sentiva la radio con le notizie dal fronte irakeno. Glissando sulle opinioni di quel fiero conservatore che mi ha condotto (lentamente) sino a Primaticcio, mi � venuto un attimo di malinconia sentendo Leonardo in collegamento dal sud dell'Irak. Alcuni anni fa mi sono fermato per una decina di mesi (dovevo finire la mia benedetta tesi di laurea) e, in una sera estiva, sono andato alle Cascine a sentire la chiusura della campagna elettora per le politiche. C'era il palco, la folla seduta sui prati, i politici che parlottavano e il solito gruppo di giornalisti sparpagliati tra le transenne e il palco. Vestiti nei modi pi� disparati, bofonchiando nei telefoni, fumando, scribacchiando in qualche improbabile taccuino. Io ero sull'erba, perso nella mischia, e mi � venuta nostalgia del mio lavoro. Mi mancava il circo di fenomeni che dall'esterno viene identificato come professione giornalistica. Adesso, sto avendo la stessa spiacevole sensazione.

Ecco, ho navigato intorno alla mia circonferenza. Senza aggiungere neanche un link a questo blog. Se siete arrivati a leggere sino a questa riga, � probabile che abbiate sprecato cinque minuti.

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