20.9.14

Noah (2014)

NEL CASO NON si fosse capito, Noah è il nome inglese di Noé. L’adattamento del pezzo dell'Antico Testamento (Genesi 7 1-24) fatto da Darren Aronofsky, che è un regista con numerose turbe psichiche testimoniate da vari altri film tra cui Pi, Requiem for a Dream e Black Swan, senza contare la baracconata di The Fountain, anche questa volta ha fatto centro. Il suo analista sarà contento. Un po’ meno le comunità ebraiche e quelle cristiane fondamentaliste, più l’Islam intero, che trovano il film orrendo.

Raccontare la storia del diluvio universale in un’ottica del disegno intelligente (quando la creazione incontra l’evoluzione) senza scivolare in un pantano è difficile. E infatti Aronofsky non ci riesce. Scivola e annega. Aiutato dai pesi morti di Russell Crowe (Noé), Jennifer Connelly (improbabile nobildonna californiana piena di palestra e diete vegane proiettata in Medio Oriente come la moglie di Noé Naameh), ed Emma Watson (Ila). Gli altri sono solo comparse, inclusi e soprattutto Ray Winstone (Tubal-cain) e Anthony Hopkins (Matusalemme). Da scappare a gambe levate, anche perché il film ha ambizioni e soluzioni di regia cercate, con giochi visivi gradevoli, scene potenti, immaginari deliziosi. Peccato raccontino la storia del diluviuo universale. Bah.

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